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Le torture subite in custodia di polizia da Alaa Abdel Fattah, il blogger e attivista protagonista della rivolta del 2011, e i maltrattamenti subiti dal suo avvocato Mohamed el-Baqer sono un drammatico esempio dei metodi brutali cui le autorità egiziane sono disposte a ricorrere per stroncare il dissenso.
Dopo il suo arresto, avvenuto il 29 settembre durante l’ultimo giro di vite delle autorità contro le proteste, Alaa Abdel Fattah è stato trasferito nella famigerata prigione di massima sicurezza Tora 2 (nota come “Lo scorpione 2”), dove le condizioni detentive sono aberranti e decine di prigionieri hanno intrapreso scioperi della fame.
Gli agenti di polizia lo hanno bendato, denudato, preso ripetutamente a calci e pugni e sottoposto a insulti e minacce.
Un agente ha detto ad Alaa Abdel Fattah che “la prigione [è] il posto per persone come te”, un altro ha minacciato ulteriori torture se avesse denunciato quelle cui era stato sottoposto.
Arrestato con Alaa Abdel Fattah e trasferito con lui nella stessa prigione, l’avvocato Mohammed el-Baqer è stato a sua volta bendato, denudato e insultato. Da nove giorni gli è impedito di fare la doccia e di comprare acqua potabile e cibo allo spaccio della prigione.
Nel frattempo, il numero delle persone arrestate dal 20 settembre è salito a oltre 2800.
Alaa Abdel Fattah aveva già scontato un’ingiusta condanna a cinque anni per aver preso parte, nel 2013, a una protesta pacifica. Al momento dell’arresto era sottoposto alla misura cautelare della permanenza notturna di 12 ore per cinque anni nella stazione di polizia di Dokki, al Cairo. Ciò nonostante è accusato di “appartenenza a un gruppo illegale” e “diffusione di notizie false”.