Magai, condannato a morte nel Sudan del Sud quando aveva 15 anni

18 Novembre 2019

Tempo di lettura stimato: 2'

Approfondimento a cura del Coordinamento tematico sulla pena di morte. Per restare aggiornato iscriviti alla newsletter. Per consultare i numeri precedenti clicca qui.

Era ancora un bambino quando è stato condannato a morte. Appena 15 anni. Il suo paese, il Sudan del Sud, è tra quegli Stati dove neppure l’età dell’imputato costituisce un freno dall’applicare la pena capitale.

Lo scorso anno, sono state registrate sette esecuzioni, una ha riguardato un minorenne.

Magai Matiop Ngong andava a scuola come tutti i suoi coetanei, amava la corsa e il canto gospel. Poi, un giorno, la sua vita è cambiata irrimediabilmente. Un colpo, un maledetto colpo, è partito dalla pistola del padre, Magai la impugnava per spaventare il cugino che voleva fermarlo dal combattere con un altro ragazzo del quartiere. Quel colpo, come ha testimoniato al processo, sparato a terra, è rimbalzato e ha colpito il cugino, morto successivamente in ospedale.

Magai è stato processato e condannato a morte per omicidio senza che un avvocato potesse difenderlo. L’anno scorso a Magai è stato finalmente concesso l’accesso a un legale che lo ha aiutato a presentare un ricorso e a riaccendere una speranza: “La mia speranza – ha detto Magai – è di uscire da qui e di continuare la scuola“.

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I dati sulla pena di morte nel 2019

In totale 142 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica. 56 paesi mantengono in vigore la pena capitale, ma quelli che eseguono condanne a morte sono assai di meno.

Condanne a morte eseguite al 18 novembre 2019*

*questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato.

Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. Ogni anno, viene rinnovata la sfida alle autorità cinesi di rendere disponibili queste informazioni che si ritiene essere nell’ordine di migliaia, sia di esecuzioni che di condanne a morte.

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Altre notizie

BielorussiaViktar Syarhel, 47 anni, è stato condannato a morte il 25 ottobre 2019 in Bielorussia per aver ucciso una bambina. La sentenza è stata emessa da un tribunale della città di Brest che ha stabilito la pena capitale per l’uomo e 25 anni di prigione per la co-imputata 26enne Natallya Kolb. I due sono stati ritenuti colpevoli di aver ucciso la figlia di otto mesi della Kolb, nell’ottobre dello scorso anno. Syarhel è il terzo bielorusso condannato a morte quest’anno. Stessa sorte era toccata, nel mese di luglio, a Viktar Paulau per l’omicidio di due anziane donne, e, nello scorso gennaio, ad Alyaksandr Asipovich per aver ucciso due ragazze nel 2018. (fonte: Viasna)

Cina – La Corte Suprema del Popolo cinese ha sollecitato i tribunali di vari livelli ad attenersi alla politica cinese di controllo rigoroso e applicazione prudente della pena di morte. Lo riferisce l’agenzia ufficiale di stampa cinese “Xinhua“. I tribunali dovrebbero garantire che la pena di morte sia amministrata solo per un numero estremamente limitato di condannati per reati di straordinaria gravità, ha spiegato la Corte in una conferenza di lavoro sulla giustizia penale. La Corte ha l’obbligo di rivedere tutte le decisioni sulla pena di morte emesse dai tribunali inferiori. Nella gestione dei casi legati alla droga, ha istruito la Corte, dovrebbero essere comminate sia pene severe che misure repressive mirate. I processi penali non dovrebbero né essere indifferenti né condizionati dall’opinione pubblica, ha ammonito la Corte. (fonte: Xinhua)

Iran – Sarebbero almeno 90 i detenuti nei bracci della morte condannati per un reato commesso quando avevano meno di 18 anni. Lo rivela un rapporto presentato recentemente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nei primi sette mesi di quest’anno ci sarebbero anche due diciassettenni tra le 173 persone messe a morte, mentre nel 2018 sono state sette le esecuzioni di minorenni. Javaid Rehman, esperto dei diritti umani presso le Nazioni Unite, si è detto profondamente preoccupato per l’applicazione della pena di morte in Iran, affermando che il suo tasso di esecuzione “rimane uno dei più alti al mondo“, anche se si è registrato un calo dalle 507 esecuzioni del 2017 alle 253 nel 2018. L’esperto denuncia inoltre che un numero sproporzionato di detenuti politici nelle carceri iraniane ha meno di 18 anni. Intanto, secondo Iran Human Rights Monitor, un nuovo minorenne sarebbe stato impiccato nella prigione di Karaj lo scorso 25 ottobre. Si tratterebbe di Saeed Mohammadi, oggi 21enne, ma condannato per un omicidio che avrebbe commesso a 16 anni. (fonte: Time)

Dal mondo

1 ottobre – In Iran, un tribunale ha condannato a morte un uomo riconosciuto colpevole di spionaggio a favore degli Stati Uniti. Lo ha annunciato il portavoce della Magistratura iraniana Gholamhossein Esmaili citato dal sito Mizan, spiegando che si tratta di un ex funzionario del ministero della Difesa di Teheran. Altre due persone sono state condannate a dieci anni di carcere perché riconosciute colpevoli dello stesso reato. Inoltre un quarto uomo, ovvero Mohammad Aminnassab, è stato condannato sempre a dieci anni di detenzione per spionaggio a favore della Gran Bretagna.

13 ottobre – Ali Abdullahi Hassan, 82 anni, è stato messo a morte in Somalia, a Jowhar, la capitale dello stato di Hirshabelle, dal gruppo degli Al-Shabaab. L’uomo era stato condannato a morte in un tribunale distrettuale dopo essere andato lì per testimoniare contro un clan su una questione legata alla terra. La famiglia contro cui ha testimoniato nel caso ha detto al giudice che Ali era un funzionario governativo del distretto di Jowhar e che non poteva quindi essere un testimone nel caso. Al-Shabaab ha successivamente arrestato Ali per ulteriori indagini e condannato a morte. L’uomo era un capo del distretto di Bula Sheikh nella città di Jowhar.

24 ottobre – Un tribunale del Bangladesh ha condannato alla pena capitale 16 persone responsabili di aver bruciato viva una studentessa che aveva accusato il preside della sua scuola di abusi. Nusrat Jahan Rafi, 19 anni, è stata uccisa a Feni, piccola città a 160 chilometri dalla capitale Dacca dopo essere stata trascinata sul tetto della scuola ed essersi rifiutata di ritirare le denunce contro il preside. Tra i condannati l’uomo e due compagni di scuola della ragazza. L’omicidio aveva sconvolto il Paese e il processo è stato uno dei più rapidi della storia della giustizia locale.

31 ottobre – La Corte d’Appello di Sale, vicino a Rabat, ha confermato la condanna a morte per i tre jihadisti dello Stato Islamico colpevoli dell’uccisione di due turiste scandinave, la danese Louisa Vesterager Jespersen e la norvegese Maren Uelan, decapitate lo scorso dicembre in Marocco, a 80 chilometri da Marrakech. Tra i condannati a morte anche un imam radicale, Abdessamad Ejjoud, che ha confessato la pianificazione dell’omicidio. Prevista dal codice penale marocchino, la pena di morte non viene di fatto applicata nel paese da 25 anni per una moratoria in atto.