Pena di morte e condizioni di detenzione, il tema della Giornata mondiale

5 Ottobre 2018

Tempo di lettura stimato: 3'

Approfondimento a cura del Coordinamento tematico sulla pena di morte. Per restare aggiornato iscriviti alla newsletter.

Come ogni anno, attivisti e organizzazioni contro la pena di morte con Amnesty International in testa si mobilitano in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte.

Il tema della 16° Giornata mondiale riguarda le condizioni di detenzione delle persone nel braccio della morte.

Alla fine dello scorso anno, almeno 21.919 persone erano state condannate a morte in tutto il mondo. Ma nonostante i detenuti nel braccio della morte debbano avere gli stessi diritti e condizioni di trattamento delle altre categorie di detenuti, in molti Paesi la situazione è ben diversa.

Negli Usa, in Giappone, Pakistan e Vietnam i prigionieri sono detenuti in isolamento e possono passare anche tutta la giornata nelle proprie celle senza il permesso di uscire. Per il sovraffollamento, in Malawi i prigionieri dormono a turno sul fianco, uno accanto all’altro, con la testa dell’uno dal lato dei piedi dell’altro, per mancanza di spazio.

La carenza di cibo è tale in Indonesia che le guardie spesso chiedono tangenti per consentire ai familiari di integrare le diete dei loro parenti.

La mancanza di assistenza medica è particolarmente grave in Bielorussia e qui, come anche in Giappone, Nigeria e Zimbabwe, i detenuti sono spesso tenuti in gabbia, confinati in stanze buie e tenuti vicino alla forca dove possono sentire quando i loro compagni di cella sono messi a morte.

Un caso esemplare è quello di Mohammad Reza Haddadi, condannato a morte in seguito a un processo gravemente iniquo per un reato che avrebbe compiuto quando aveva appena 15 anni. Da allora, dal 2004, Mohammad ha trascorso 14 anni nel braccio della morte, tutta la sua vita da giovane adulto, e la sua esecuzione è stata programmata almeno sei volte e posticipata, ogni volta, all’ultimo minuto, dopo una protesta pubblica: l’ultima volta, il 31 maggio 2016.

Il dover sopportare questo processo più e più volte è inumano e aggrava la crudeltà di una punizione già crudele, inumana e degradante per eccellenza, qual è la pena di morte. Non solo. La storia di Mohammad Reza Haddadi è l’esempio dell’uso abominevole della pena di morte da parte dell’Iran nei confronti di individui al di sotto dei 18 anni di età, in violazione alle norme internazionali sui diritti umani.

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cifre

I dati sulla pena di morte nel 2018

In totale 142 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica. 56 paesi mantengono in vigore la pena capitale, ma quelli che eseguono condanne a morte sono assai di meno.

Le esecuzioni al 2 ottobre 2018*

*questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato.

Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. Ogni anno, viene rinnovata la sfida alle autorità cinesi di rendere disponibili queste informazioni che si ritiene essere nell’ordine di migliaia, sia di esecuzioni che di condanne a morte.

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Approfondimento a cura del Coordinamento tematico sulla pena di morte.

Altre notizie

Egitto – La Corte di Cassazione egiziana ha confermato la pena di morte per 20 imputati accusati di aver ucciso alcuni poliziotti nelle violenze seguite alle rivolte del 2013. Era il 14 agosto di cinque anni fa, nelle piazze di Rabaa al-Adawiya e al-Nahda del Cairo si stava consumando un drammatico massacro con le forze di sicurezza che sparavano sulla folla che in quei giorni manifestava contro la deposizione del presidente islamico Mohamed Morsi. Le notizie degli scontri arrivarono a Kerdasa, dove alcuni manifestanti si riunirono di fronte la stazione di polizia di Giza, a 15 chilometri a ovest del Cairo. Quanto poi accadde viene oggi ricordato come il “Massacro di Kerdasa“: l’irruzione nella stazione di polizia, gli scontri con le forze di sicurezza, l’uccisione di oltre 25 persone tra cui 13 agenti. Oltre alle condanne a morte, i fatti di Kerdasa hanno portato all’ergastolo di 80 imputati, tra cui una donna, e alla pena di 15 anni di reclusione per altri 34. Il tribunale è ora in attesa del parere della massima autorità religiosa, il Gran Muftì, per una posizione non vincolante ma legalmente richiesta sulla condanna a morte. (fonte: Middle East Eye)

Malaysia – Jose Regino, Simon e Luis Alfonso Villarreal Gonzalez, originari dello stato di Sinaloa, in Messico, erano stati arrestati nel 2008 in una fabbrica di sostanze illegali. Al momento dell’arresto hanno dichiarato che stavano facendo pulizie. Nella fabbrica dove sono stati arrestati la polizia ha trovato più di 29 chilogrammi di metanfetamina. Nel maggio del 2012, l’Alta Corte della Malaysia aveva condannato i tre fratelli per traffico di droga, reato che prevede la condanna a morte per impiccagione. Nel 2015 la Corte federale dello stato ha confermato le condanne. Hisyam Teh Poh Teik, uno dei due avvocati dei tre uomini, ha dichiarato che le condanne sono state commutate lo scorso 26 marzo dal sultano dello Stato. Lo stato di Sinaloa è la culla del traffico di droga in Messico, ma i fratelli non avevano precedenti penali in patria. Prima di partire per la Malaysia fabbricavano e vendevano mattoni. (fonte: AP)

Botswana – Economia forte, democrazia stabile, impegno per lo stato di diritto. Qualità non scontate in una regione come l’Africa sub-sahariana. Questo è il Botswana. Eppure, uno degli stati più liberali dell’Africa deve scontare una pericolosa affinità con la pena di morte. Quest’anno, vi sono state due esecuzioni e, complessivamente, dall’indipendenza del 1966 sono state messe a morte circa 50 persone. Un dato che stona con i significativi passi avanti di un continente che anno dopo anno registra una tendenza abolizionista sempre più importante: l’anno scorso, il Kenya ha compiuto un passo positivo ponendo fine all’obbligo di imposizione della pena di morte per omicidio, mentre la Guinea è diventata il 20° paese della regione sub-sahariana ad abolire la pena capitale per tutti i reati. Quando il Botswana seguirà l’esempio? Antico retaggio pre-coloniale, opinione pubblica favorevole al mantenimento dello status quo, una leaderhip non troppo visionaria. Le diverse ragioni spiegate da Mary-Jean Nleya, associate fellow della Royal Commonwealth Society e fondatrice di The Global Communiqué. (fonte: Jordan Times)

Pakistan – In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte del 10 ottobre, Justice Project Pakistan, in collaborazione con Olomopolo Media e Highlight Arts, presenta una performance della durata di 24 ore che sarà trasmessa in streaming, live, in tutto il mondo, il 10 ottobre a partire dalle 12:00 am (Pakistan Standard Time – le nostre 21:00 del 9 ottobre). “No Time to Sleep” mostrerà gli ultimi giorni del prigioniero Z, interpretato dall’attore pakistano Sarmad Khoosat, rinchiuso in isolamento nel braccio della morte. Un prologo racconterà come viene messa in moto la macchina della morte a partire dal mandato di esecuzione alle petizioni depositate in tribunale, alla notizia passata ai media, alla comunicazione alla famiglia che si prepara a compiere l’ultimo viaggio per visitarlo l’ultima volta. Il prigioniero Z è Zulfiqar Ali Khan, il primo prigioniero di cui si è occupato il Justice Project Pakistan. Ha trascorso 17 anni nel braccio della morte e la sua esecuzione è stata fissata e sospesa più di 20 volte. Durante la prigionia Zulfiqar ha istruito oltre 400 compagni molti dei quali si sono diplomati e laureati. Lui stesso ha conseguito da autodidatta 48 tra diplomi e certificati. Accusato di omicidio, ha sempre sostenuto di aver ucciso per legittima difesa. È stato impiccato il 6 maggio 2015. Anche Amnesty International si è occupata del suo caso a causa di irregolarità processuali. Obiettivo dell’operazione è descrivere accuratamente ciò che accade ai prigionieri prima dell’esecuzione, attraverso informazioni raccolte grazie alle guardie, agli ex prigionieri e alle famiglie. (fonte: Justice Project Pakistan)

Dal mondo

14 agosto – Il Nebraska ha eseguito la condanna di Carey Dean Moore, 60 anni, usando nel cocktail di quattro farmaci il fentanil, un oppiaceo sintetico. È la prima volta che il fentanyl viene usato per una iniezione letale negli Stati Uniti. A dare il via libera al suo utilizzo, una corte d’appello federale che ha respinto il ricorso dell’azienda farmaceutica tedesca che produce il farmaco. È la prima esecuzione nel Nebraska dal 1997. Lo Stato appena tre anni fa aveva votato una legge per vietare la pena capitale. Moore era stato condannato a morte nel 1980 per aver sparato a due tassisti ad Omaha nel 1979.

22 agostoCinquantaquattro persone accusate di aver preso parte alla uccisione di manifestanti oppositori del colonnello Muammar Gheddafi durante la rivoluzione del 2011, sono stati condannati a morte da una Corte d’appello di Tripoli. Lo rende noto Human Rights Watch (HRW). Il fatto, noto come il ‘massacro dell’autostrada di Abu Salim‘, avvenne a Tripoli dove sostenitori di Gheddafi e membri delle forze di sicurezza si resero protagonisti della morte di 146 oppositori del regime. HRW ha sollevato dubbi sulla regolarità del procedimento e sull’uso di confessioni estorte con la tortura.

8 settembre – La Corte d’assise del Cairo ha confermato la condanna a morte per 75 persone appartenenti all’organizzazione Fratelli Musulmani, tra i quali alcuni esponenti di spicco del movimento, sotto processo da circa due anni per violenze risalenti ad agosto 2013. Il processo, il più grande della storia d’Egitto per il numero di imputati, 739, ha visto anche le condanne di oltre 600 egiziani a pene comprese tra l’ergastolo e dieci o cinque anni di reclusione. Le 75 condanne a morte erano già state emesse il 28 luglio ma erano subordinate al parere del muftì, l’autorità religiosa egiziana, che le ha dichiarate opportune qualche giorno fa. Tra i condannati a morte figurano nomi rilevanti della Fratellanza, come quelli del portavoce e mente politica del movimento Essam El Erian, del predicatore Safwat Hegazi e del segretario generale Mohamed Beltagui.

19 settembreIsmail al Ithawi, considerato uno dei presunti numeri 2 dello ‘Stato islamico‘, è stato condannato a morte da un tribunale militare di Karkh, a Baghdad, secondo quanto riferiscono media di Baghdad. L’uomo, 55 anni, è da più parti indicato come “uno dei più alti
dirigenti dell’Isis” e ha ricoperto la carica di “ministro degli affari religiosi” nello ‘Stato islamico’ guidato dal ‘califfo’ Abu Badr al Baghdadi.

Buone notizie

Città del Vaticano – Il 2 agosto 2018 Papa Francesco ha disposto la modifica del paragrafo 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica per stabilire che la pena di morte, in precedenza non esclusa in termini assoluti, “è inammissibile” in quanto contraria all’inviolabilità e dignità della persona.

Stati Uniti d’America – Il 21 settembre 2018 la Corte d’Appello del VI Circuito ha annullato la condanna a morte inflitta in Ohio ad Ahmad Fawzi Issa, giudicato colpevole di omicidio aggravato per l’uccisione di un negoziante nel 1997. La Corte d’Appello ha giudicato non credibili le dichiarazioni “per sentito dire” che avevano collegato Issa all’omicidio.