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Il 19 aprile 40 imputati – tra i quali noti oppositori politici, avvocati e difensori dei diritti umani – sono stati condannati a pene da 13 a 66 anni per “cospirazione” al termine di un processo, celebrato dal tribunale di primo grado di Tunisi, che Amnesty International ha definito vergognoso e una parodia della giustizia.
Gli imputati sono stati condannati solo per l’esercizio pacifico dei loro diritti umani, a seguito di procedure che hanno negato il diritto alla difesa e che si sono basate su accuse non provate o prive di qualsiasi rilevanza penale come scambi di messaggi con rappresentanti diplomatici stranieri per fissare incontri o altre comunicazioni interne circa la necessità di opporsi pacificamente a ciò che veniva definito il “colpo di stato” del presidente tunisino Saied.
Sei dei condannati, tutti oppositori politici – Jaouhar Ben Mbarek, Khayyam Turki, Issam Chebbi, Ghazi Chaouachi, Ridha Belhaj e Abdelhamid Jelassi – erano stati posti arbitrariamente in carcere sin dal febbraio 2023, quando iniziò l’indagine.
Tra gli altri condannati figurano i noti difensori dei diritti umani Kamel Jendoubi, Ayachi Hammami e Bochra Bel Haj Hmida, così come uomini d’affari e proprietari di mezzi d’informazione privati.
Alla prima udienza del processo, il 4 marzo, agli imputati è stato vietato di essere presenti in aula e consentito solo di partecipare online, cosa che hanno rifiutato.
Alla successiva udienza del 11 aprile è stato vietato l’ingresso in aula anche ad alcuni giornalisti tunisini e di testate internazionali e ad osservatori della società civile, compresi quelli di Amnesty International.