Asia Centrale: ritorna la tortura

2 Luglio 2013

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In un nuovo rapporto diffuso il 3 luglio, Amnesty International  ha accusato i servizi segreti di Russia, Ucraina e le repubbliche dell’Asia Centrale di collusione nel rapimento, nella sparizione, nel trasferimento illegale e nella tortura di persone ricercate. La regolarità di queste operazioni ha portato l’organizzazione per i diritti umani a parlare di un vero e proprio programma regionale di rendition.

Il rapporto di Amnesty International descrive quando sia facile assicurarsi il rientro nei paesi dell’Asia Centrale di persone ricercate nello spazio della Comunità degli stati indipendenti. Le richieste di estradizione vengono raramente rifiutate, in nome delle buone relazioni e del dichiarato interesse comune  a combattere il terrorismo, a scapito del rispetto dei diritti umani delle persone ricercate.

Quando l’estradizione di un ricercato viene ostacolata, per esempio attraverso l’intervento della Corte europea dei diritti umani, il trasferimento viene comunque portato a termine attraverso un cinico sovvertimento del diritto internazionale.

‘Vent’anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i legami comuni, la vicinanza tra sistemi culturali e la percezione condivisa a livello regionale della minaccia costituita dai gruppi estremisti islamisti creano continuità tra le nuove istituzioni e i servizi segreti sovietici del Kgb’ – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.

‘Le vecchie abitudini sono dure a morire. Queste rendition non sarebbero possibili senza la complicità di pubblici ufficiali delle strutture giudiziarie e di polizia e senza il vergognoso ripudio del divieto assoluto di tortura e dell’obbligo giuridico di non rinviare persone verso paesi dove potranno essere a rischio di tortura’ – ha proseguito Dalhuisen.
Negli ultimi anni, parecchi cittadini dei paesi della Comunità degli stati indipendenti sono stati rapiti da agenti di servizi stranieri in Russia e sottoporsi a trasferimento forzato verso i paesi dell’Asia Centrale, in spregio delle sentenze della Corte europea dei diritti umani che avevano bloccato l’estradizione fino a quando non avesse esaminato nel merito i loro casi.

‘Le autorità dei paesi coinvolti si dichiarano innocenti e dicono di non essere a conoscenza di questi rapimenti, ma mancano completamente di credibilità. È praticamente impossibile che un ricercato sparisca dopo essere stato rilasciato da una prigione in un paese e riappaia poco dopo nella prigione di un altro paese senza che siano coinvolti e che cooperino strettamente i servizi segreti di entrambi i paesi’ – ha spiegato Dalhuisen.

Esistono numerosi resoconti riguardanti interrogatori e torture compiuti dai servizi segreti di un paese della Comunità degli stati indipendenti nelle prigioni di un altro paese, evidentemente col consenso e la collaborazione dei servizi segreti di quest’ultimo.

Amnesty International riferisce di prove schiaccianti relative alla tortura e ai maltrattamenti ad opera delle forze di polizia e dei servizi di sicurezza nelle cinque repubbliche dell’Asia Centrale. Negli ultimi due decenni, migliaia di persone in tutta la regione hanno denunciato di essere state arrestate arbitrariamente e torturare fino a quando non rilasciassero confessioni forzate o versassero danaro ai carcerieri. Particolarmente a rischio di tortura sono le persone arrestate per accuse relative alla sicurezza nazionale o al cosiddetto ‘estremismo religioso’.

Attivisti della società civile, membri di partiti e di gruppi islamisti e persone benestanti cadute in disgrazia agli occhi del loro regime rischiano di essere rinviati in paesi dove andranno incontro alla tortura, a prescindere dal loro status di richiedente asilo o di rifugiato e delle sentenze di sospensione dell’estradizione da parte della Corte europea dei diritti umani.

‘Ciò che colpisce a proposito dei rapimenti, delle rendition e del ritorno della tortura nell’ex Unione sovietica è che non c’è nulla di segreto. Queste pratiche sono state oggetto di innumerevoli sentenze della Corte europea dei diritti umani e denunciate dagli organismi sui diritti umani delle Nazioni Unite. Eppure, il silenzio della comunità internazionale è assordante’ – ha commentato Dalhuisen.

‘Questo silenzio appare dovuto in larga parte al fatto che i governi occidentali portano avanti simili forme di cooperazione coi servizi di sicurezza e coi servizi segreti di tutto il mondo, compresi i paesi della Comunità degli stati indipendenti, nell’ambito delle loro politiche antiterrorismo. Il risultato, alla fine, è una sfida pericolosa all’integrità del sistema internazionale di tutela dei diritti umani e alla proibizione globale della tortura’ – ha concluso Dalhuisen.