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Regno dell’Arabia Saudita

Difensori dei diritti umani e altre persone che esercitavano i loro diritti alla libertà d’espressione e associazione sono stati sottoposti ad arresti e detenzioni arbitrari, oltre che a processi iniqui che hanno portato a lunghe pene detentive e divieti di viaggio. Nonostante alcune limitate riforme sul lavoro, i lavoratori migranti, in particolare i lavoratori domestici, hanno continuato a essere sottoposti a lavoro forzato e ad altre forme di abuso sul lavoro e sfruttamento, e non hanno avuto accesso ad adeguati meccanismi di protezione e risarcimento. Migliaia di persone sono state arrestate e rimandate nei loro paesi d’origine, spesso al di fuori delle procedure dovute, nel contesto della campagna di repressione messa in atto dal governo nei confronti di persone accusate di violare la normativa vigente sul lavoro, sulle frontiere e sulla residenza. L’Arabia Saudita ha effettuato esecuzioni per una vasta gamma di reati, compresi reati in materia di droga. I tribunali hanno condannato a morte persone al termine di processi gravemente iniqui. Le donne hanno continuato a subire discriminazioni nella legge e nella prassi. L’Arabia Saudita ha fallito nell’emanazione di misure in grado di contrastare il cambiamento climatico e ha annunciato piani per incrementare la produzione petrolifera.

 

CONTESTO

L’Arabia Saudita e l’Ue hanno tenuto il loro quarto dialogo sui diritti umani nella capitale, Riyadh, il 17 dicembre. L’Ue ha riconosciuto i progressi ottenuti nell’ambito dei diritti delle donne, ma ha sollevato preoccupazioni per l’aumento delle esecuzioni, anche per reati non letali e in materia di droga, nonché timori legati alle restrizioni sui diritti civili e politici, facendo riferimento alle lunghe pene detentive imposte per l’espressione online sui social media.

L’11 dicembre, la Fifa ha confermato l’Arabia Saudita quale paese ospitante della Coppa del mondo di calcio maschile 2034. Le organizzazioni della società civile hanno condannato la decisione, evidenziando i rischi di sfruttamento, discriminazione, sgomberi forzati e repressione.

Tra il 15 e il 19 dicembre, l’Arabia Saudita ha ospitato il 19° incontro annuale del Forum sulla governance di Internet, a Riyadh. Una delegazione di Amnesty International ha chiesto il rilascio delle persone detenute per la loro espressione online.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE E ASSOCIAZIONE

Le autorità hanno continuato a detenere arbitrariamente persone senza offrire loro alcuna opportunità di impugnare la legittimità della detenzione e, in molti casi, le hanno condannate a lunghi periodi di carcerazione o a morte per accuse vaghe, oltremodo ampie, che criminalizzavano la pacifica espressione come “terrorismo”, in violazione del diritto a un processo equo e alle procedure dovute, così come del diritto alla libertà d’espressione. La Corte penale specializzata (Specialized Criminal Court – Scc), istituita per processare reati in materia di terrorismo, ha giudicato e condannato ancora persone a lunghi periodi di carcerazione al termine di processi gravemente iniqui, unicamente per avere esercitato i loro diritti alla libertà d’espressione e associazione, anche online attraverso X (ex Twitter).

La bozza trapelata del codice penale scritto dell’Arabia Saudita e in fase di definizione criminalizzava la libertà d’espressione codificando la diffamazione, “l’insulto” e “la messa in discussione dell’integrità della magistratura” come reati, e stabilendo relative sanzioni. La bozza conteneva anche disposizioni formulate in modo vago per reati come “atti indecenti” e “parole che ledono l’onore”.

Processi iniqui

Il 9 gennaio, l’Scc ha condannato Manahel al-Otaibi, istruttrice di fitness e attivista per i diritti delle donne, a 11 anni di carcere durante un’udienza segreta per accuse legate unicamente alla sua scelta di abbigliamento e all’espressione online delle sue opinioni, tra cui un appello sui social media per porre fine al sistema di tutoraggio maschile in vigore in Arabia Saudita. La condanna di Manahel al-Otaibi è emersa pubblicamente solo alcune settimane dopo il giudizio della corte, nella risposta formale del governo a una richiesta congiunta di informazioni sul suo caso da parte di diversi relatori speciali delle Nazioni Unite. La sua famiglia non ha potuto accedere alla documentazione del tribunale, né alle prove presentate contro di lei. A novembre, Manahel al-Otaibi ha raccontato alla sua famiglia che la corte d’appello dell’Scc aveva confermato la sentenza.

Il 29 maggio, l’Scc ha condannato Asaad bin Nasser al-Ghamdi, un insegnante, a 20 anni di carcere per alcuni post sui social media in cui criticava il programma socioeconomico del governo “Vision 2030” ed esprimeva le sue condoglianze per la morte in carcere di un noto difensore dei diritti umani1. Due mesi dopo la corte d’appello dell’Scc ha ridotto la sua sentenza a 15 anni di carcere. Il fratello di Asaad bin Nasser al-Ghamdi, Mohammad al-Ghamdi, un insegnante in pensione, è stato giudicato e condannato dalla corte d’appello dell’Scc a 30 anni di carcere, dopo che la sua condanna a morte era stata annullata a settembre. Anch’egli era stato accusato unicamente in relazione ai suoi post sui social media2.

A settembre, l’Scc ha ridotto la sentenza di Salma al-Shehab da 27 anni di carcere a quattro anni con sospensione della pena. A marzo 2022, l’Scc l’aveva condannata a sei anni di reclusione ai sensi della legislazione antiterrorismo unicamente per i suoi scritti e per avere ritwittato su X messaggi di sostegno ai diritti delle donne. A seguito di una serie di ricorsi, la sentenza era stata aumentata a 27 anni di carcere nel 2023.

Le autorità hanno continuato a detenere Fahd Ramadhan, con doppia cittadinanza olandese-yemenita, senza accesso o rappresentanza legale. Dopo averlo arrestato il 20 novembre 2023, le autorità lo avevano detenuto in incommunicado dal 21 novembre 2023 al 1° gennaio 2024. Ha raccontato alle autorità olandesi di ritenere di essere detenuto unicamente per avere simpatizzato online con un critico della famiglia reale saudita. A gennaio, la famiglia di Fahd Ramadhan ha nominato un avvocato cui è stato impedito di visitarlo e al quale le autorità penitenziarie hanno detto di non interferire nel caso3.

Divieti di viaggio

La nota difensora dei diritti umani Loujain al-Hathloul, rilasciata a febbraio 2021 dopo avere scontato due anni e mezzo di carcere per accuse legate al suo lavoro a favore dei diritti umani, ha continuato a essere sottoposta a un arbitrario divieto di viaggio, anche dopo la scadenza dei termini di carcerazione e del divieto di viaggio imposto dall’autorità giudiziaria. A settembre 2024, la commissione per i reclami, un tribunale amministrativo, ha accettato di esaminare una denuncia presentata da Loujain al-Hathloul contro la presidenza della sicurezza di stato per avere continuato a imporle il divieto di viaggio. A dicembre, il giudice ha chiuso il fascicolo giudiziario, adducendo un difetto di giurisdizione.

 

DIRITTI DELLE PERSONE MIGRANTI

Le autorità hanno proseguito il loro giro di vite contro persone accusate di avere violato la normativa vigente in materia di residenza, frontiere e lavoro, anche attraverso arresti arbitrari, detenzioni ed espulsioni di cittadini stranieri, spesso effettuati al di fuori delle procedure dovute, unicamente sulla base del loro status di immigrazione irregolare. Secondo il ministero dell’Interno, durante l’anno, almeno 573.000 persone di nazionalità straniera sono state rimpatriate nei loro paesi d’origine, su oltre 994.000 arrestate per questo tipo di violazioni. Almeno altri 61.037, in prevalenza con cittadinanza etiope e yemenita, sono state arrestate per avere varcato illegalmente il confine saudita dallo Yemen.

I lavoratori migranti impiegati in Arabia Saudita hanno continuato a essere soggetti al sistema di lavoro tramite sponsor noto come kafala e ad affrontare violazioni diffuse, in alcuni casi equiparabili a lavoro forzato, in differenti settori d’impiego e regioni geografiche. Il salario minimo nazionale continuava a essere applicato soltanto ai cittadini sauditi.

A giugno il Building and Wood Workers’ International (Bwi), un sindacato globale che riunisce i lavoratori dei settori dell’edilizia e del legno, ha intentato un’inedita causa contro l’Arabia Saudita presso l’Ilo, accusando il paese di violare le convenzioni dell’Ilo sul lavoro forzato a causa delle condizioni di vita e di lavoro segnate da sfruttamento, affrontate dalla sua vasta forza lavoro migrante.

Lavoratori migranti impiegati in strutture dell’Arabia Saudita in franchising col Gruppo Carrefour sono stati ingannati dalle agenzie di selezione del personale, sono stati obbligati a svolgere turni eccessivi di lavoro e si sono visti trattenere gli stipendi dalle aziende locali in franchising e dai loro fornitori di manodopera. Questo trattamento si sarebbe in alcuni casi configurato come lavoro forzato e traffico di esseri umani. A seguito di un’indagine condotta da Amnesty International, il Gruppo Carrefour ha avviato una verifica indipendente sulle operazioni svolte dal suo partner in franchising e ha adottato alcune misure per migliorare le condizioni4.

A febbraio, in risposta a un rapporto di Amnesty International sugli abusi subiti da lavoratori presso i magazzini Amazon, l’azienda ha rimborsato le tasse di assunzione richieste illecitamente a oltre 700 lavoratori. Amazon ha inoltre introdotto misure per migliorare gli alloggi dei lavoratori, ispezioni di terze parti e procedure di reclamo5.

I lavoratori migranti domestici hanno continuato a incorrere in abusi e forme di sfruttamento. Invece che estendere anche a loro le tutele previste dalla legislazione sul lavoro, il governo si è limitato a introdurre un nuovo regolamento, che è entrato in vigore a ottobre. Le sue disposizioni prevedevano il divieto di confisca del passaporto, fissavano un numero massimo di ore di lavoro e delineavano le norme in materia di sicurezza e salute sul lavoro. Tuttavia, la nuova normativa non era in linea con gli standard sui diritti umani, in quanto non prevedeva l’obbligo di pagare gli straordinari, consentiva al datore di lavoro di negoziare con i lavoratori il loro giorno di riposo settimanale, non stabiliva un salario minimo e non istituiva meccanismi per una corretta applicazione.

Le autorità hanno annunciato ulteriori riforme per i lavoratori domestici migranti. A febbraio, il ministero delle Risorse umane e dello sviluppo sociale (Ministry of Human Resources and Social Development – Mhrsd) ha varato un nuovo programma assicurativo, con il dichiarato obiettivo di tutelare i diritti dei lavoratori domestici e i loro datori di lavoro. Tuttavia, il programma favoriva i datori di lavoro, offrendo loro un’indennità in caso di decesso, assenza o altra incapacità da parte del lavoratore, e la copertura delle spese di rimpatrio in caso di decesso. Per contro, il pagamento dello stipendio del lavoratore domestico era garantito soltanto in caso di decesso o disabilità permanente del datore di lavoro, ma non negli altri casi in cui il datore di lavoro non versava lo stipendio.

A marzo, l’Mhrsd ha introdotto un regolamento che consentiva ai datori di lavoro che impiegavano lavoratori domestici di rescindere i loro contratti a determinate condizioni, compilando contro di loro un rapporto di “interruzione della prestazione”. La modifica, che era stata in precedenza introdotta per il settore privato, mirava apparentemente a eliminare la possibilità dei datori di lavoro di avanzare ingiuste accuse di “irreperibilità”. Tuttavia, continuava a non fornire protezioni legali che avrebbero consentito ai lavoratori migranti di impugnare questo tipo di denunce, lasciandoli pertanto esposti al rischio di arresto ed espulsione.

A maggio, l’Mhrsd ha varato il servizio di protezione del salario, che obbligava i datori di lavoro a utilizzare metodi di pagamento digitali per i salari dei lavoratori domestici, con l’obiettivo di fornire una prova documentata dei pagamenti. Non era chiaro quali sarebbero state le sanzioni per i datori di lavoro che non avessero rispettato tale obbligo.

A luglio, il Consiglio per l’assicurazione sanitaria e l’Autorità per le assicurazioni hanno applicato una decisione governativa per rendere obbligatoria l’assicurazione per i datori di lavoro con più di quattro lavoratori domestici dipendenti registrati a loro nome. Tuttavia, la politica ha creato un disuguale livello di protezione, in quanto escludeva i nuclei familiari più piccoli, lasciando molti lavoratori domestici senza assicurazione sanitaria.

A ottobre, l’Mhrsd ha annunciato un programma assicurativo per proteggere i salari dei lavoratori migranti in caso di mancato pagamento da parte dei datori di lavoro. Tuttavia, il modo in cui era articolato il programma e i restrittivi criteri di applicabilità hanno limitato la sua capacità di fornire una protezione completa a tutti i lavoratori migranti che ne avessero avuto bisogno6.

 

PENA DI MORTE

Le autorità hanno eseguito un numero record di sentenze per un’ampia gamma di reati e in circostanze che hanno violato il diritto e gli standard internazionali. Le esecuzioni per reati in materia di droga sono aumentate vertiginosamente.

Almeno 50 uomini, in maggioranza cittadini egiziani, rimanevano nel braccio della morte nel carcere di Tabuk, in seguito a condanne per reati in materia di droga.

Sette giovani uomini, che all’epoca del loro presunto crimine non avevano ancora compiuto 18 anni, sono rimasti a rischio imminente di esecuzione. Sei erano stati giudicati e condannati a morte per accuse di terrorismo; il settimo per rapina a mano armata e omicidio. Tutti e sette erano stati sottoposti a processi iniqui, viziati dall’ammissione di “confessioni” ottenute sotto tortura come prova incriminante.

Il 17 agosto, l’agenzia di stampa saudita ha annunciato l’esecuzione di Abdulmajeed al-Nimr, un agente della polizia stradale in pensione, per accuse di terrorismo legate alla sua presunta associazione con il gruppo armato al-Qaeda. Secondo gli atti del tribunale, era stato inizialmente condannato dall’Scc a nove anni di carcere il 25 ottobre 2021, per accuse come “tentativo di destabilizzare il tessuto sociale e l’unità nazionale partecipando a manifestazioni… sostenendo disordini, cantando slogan contro lo stato e i suoi governanti” e per essere iscritto a un gruppo di WhatsApp, di cui facevano parte soggetti ricercati per motivi di sicurezza. In appello, la sua pena detentiva era stata mutata in una condanna a morte. L’Scc non aveva fatto alcun riferimento al coinvolgimento di Abdulmajeed al-Nimr con al-Qaeda nella sua sentenza originaria. Ad Abdulmajeed al-Nimr era stato negato l’accesso a un avvocato per circa due anni durante i suoi interrogatori e la detenzione cautelare ed era stato giudicato colpevole unicamente sulla base di una “confessione” che, come da lui affermato, era stata ottenuta sotto coercizione, compresa la detenzione in isolamento per un mese e mezzo.

Amnesty International ha potuto analizzare una bozza trapelata del codice penale dell’Arabia Saudita sulle sentenze discrezionali che codificava la pena di morte come pena primaria per una gamma di reati insieme alla carcerazione e alle multe, e che continuava a permettere ai giudici di usare la propria discrezionalità per emettere condanne a morte7.

 

DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE

Le donne hanno continuato a subire discriminazioni nella legge e nella prassi, anche in materia di matrimonio, divorzio, custodia dei figli ed eredità.

A ottobre il Comitato Cedaw ha riesaminato il quinto rapporto periodico dell’Arabia Saudita, identificando più di 20 principali aree di preoccupazione relativamente all’attuazione da parte dell’Arabia Saudita dei suoi obblighi ai sensi della Cedaw, che aveva ratificato nel 2020. Il Comitato ha formulato una serie di raccomandazioni riguardanti la presa di mira delle donne che difendono i diritti umani, l’utilizzo della pena di morte, la mancanza di protezione per le lavoratrici domestiche migranti, la persistenza de facto di un sistema di tutoraggio maschile e altre problematiche relative alla salvaguardia dei diritti delle donne in Arabia Saudita.

 

SORVEGLIANZA MIRATA ILLEGALE

A ottobre, l’Alta corte del Regno Unito ha emanato un ordine che concedeva il permesso a Yahya Assiri, un difensore dei diritti umani saudita residente nel Regno Unito, di intentare una causa contro il governo dell’Arabia Saudita per avere utilizzato spyware contro di lui8. Un’indagine condotta da Amnesty International ad agosto 2018 aveva rivelato che Yahya Assiri e un membro dello staff di Amnesty International erano stati presi di mira con un contenuto esca riguardante l’Arabia Saudita tramite lo spyware Pegasus della società Nso Group.

 

DIRITTO A UN AMBIENTE SALUBRE

L’Arabia Saudita, uno dei principali produttori di combustibili fossili, ha continuato a essere uno dei primi 10 emettitori di carbonio pro capite al mondo. L’Arabia Saudita ha bloccato qualsiasi riferimento alla graduale eliminazione dei combustibili fossili durante i negoziati della Cop29.

A giugno, il ministro dell’Energia ha annunciato che l’Arabia Saudita prevedeva di incrementare la sua capacità di produzione petrolifera tra il 2025 e il 2027, e di ritornare al livello del 2024 di 12,3 milioni di barili al giorno, nel 2028.

Il governo aveva annunciato nel 2021 il suo obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica nel 2060, ma non aveva ancora pubblicato informazioni aggiuntive su tale obiettivo né lo avevasancito per legge. L’obiettivo Ndc dell’Arabia Saudita rifletteva un’azione minima o nulla ed era incoerente con il limite di temperatura di 1,5°C concordato a livello globale.

 

 

Note:
1 Saudi Arabia: Teacher Sentenced to 20 Years for Tweets: Asaad bin Nasser al-Ghamdi, 16 luglio.
2 Saudi Arabia: Authorities must immediately release man convicted over social media posts after death sentence quashed, 9 agosto.
3 Saudi Arabia: Authorities must release arbitrarily detained Yemeni-Dutch national, 29 maggio.
4 Saudi Arabia: “I Would Fear Going To Work” Labour Exploitation at Carrefour Sites in Saudi Arabia, 21 ottobre.
5 Saudi Arabia: Amazon reimburses workers for unlawful fees following Amnesty International report highlighting abuses, 22 febbraio.
6 Saudi Arabia, Insurance Scheme for Migrant Workers Falls Short of Protection Against Wage Theft, 6 novembre.
7 Saudi Arabia: Manifesto for Repression: Saudi Arabia’s Forthcoming Penal Code Must Uphold Human Rights in Line With International Law and Standards, 19 marzo.
8 UK court says activist can pursue spyware case against Saudi Arabia, 21 ottobre.

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