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Il 22 giugno 2011 un tribunale militare della capitale Manama ha giudicato colpevoli di ‘complotto per rovesciare il governo’ 21 attivisti sciiti del Bahrein che avevano invocato riforme politiche, condannandone otto all’ergastolo e gli altri 13 a pene fino a 15 anni di carcere. Sette imputati sono stati condannati in contumacia. Alcuni degli imputati sarebbero stato costretti a confessare sotto tortura, circostanza che non risulta essere stata esaminata durante il processo.
Secondo Amnesty International, alcuni dei condannati potrebbero essere prigionieri di coscienza, finiti in carcere solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni e per aver organizzato manifestazioni in favore delle riforme. Si tratta, in ogni caso, di sentenze estremamente dure, politicamente motivate ed emesse da una corte marziale, che non dovrebbe mai giudicare imputati civili.
Tra i condannati all’ergastolo figurano noti attivisti dell’opposizione, come Hassan Mshaima’, ‘Abdelwahab Hussain, ‘Abdel-Jalil al-Singace e ‘Abdulhadi al-Khawaja.
Gli imputati hanno avuto un accesso assai limitato agli avvocati e almeno due di loro, Ebrahim Sherif e ‘Abdulhadi al-Khawaja, sarebbero stati torturati. Nel corso del processo, la figlia di ‘Abdulhadi al-Khawaja, Zaineb, è stata espulsa dall’aula per aver gridato ‘Allah è grande’ e ha trascorso alcune ore in stato di fermo in una stazione di polizia.
Al processo hanno assistito rappresentanti delle ambasciate della Danimarca (‘Abdulhadi al-Khawaja ha passaporto danese), della Svezia e degli Stati Uniti d’America.
Il processo d’appello è previsto entro due settimane.
Almeno 500 persone sono state imprigionate da quando, a febbraio, sono iniziate le proteste anche in Bahrein. Almeno quattro persone sono morte in carcere in circostanze sospette. Quasi 2000 persone sono state licenziate o sospese dal posto di lavoro.
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