Cile: la nave della tortura di Pinochet rischia di diventare la nave della vergogna

15 Luglio 2011

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Un giudice cileno sta per trasformare la vicenda di un prete torturato a bordo della nave della tortura Esmeralda in una parodia della giustizia, dopo la decisione di non procedere contro la maggior parte delle persone implicate nella sua morte.

Oggi si tiene, infatti,  un’udienza sul ricorso della famiglia di padre Michael Woodward contro la decisione di assolvere 19 dei 29 ex funzionari di polizia e della marina cilena coinvolti nel suo assassinio. Secondo Amnesty International, il proscioglimento della maggior parte degli imputati per crimini internazionali, persino ammessi da alcuni degli imputati, è una profonda disgrazia.

Il prete cattolico di doppia cittadinanza britannica e cilena morì sotto tortura nel 1973, a bordo della nave Esmeralda, che quell’anno fungeva da centro d’interrogatorio per i prigionieri della dittatura del generale Augusto Pinochet. L’Esmeralda è ancora utilizzata come vascello di addestramento navale e ‘ambasciatrice itinerante’ del governo cileno.

Coloro che, ai più alti livelli, diedero l’ordine di commettere azioni orribili rimangono al riparo dalla giustizia. Tutto questo, grazie al giudice Miguel Julio Miranda, incaricato nel marzo di quest’anno di seguire il caso della nave Esmeralda, che ha azzerato l’indagine del suo predecessore, la giudice María Eliana Quezada. Gli altri 10 imputati di basso rango rischiano al massimo una condanna per sequestro di persona, anziché per crimini contro l’umanità quali la tortura e la sparizione.

Amnesty International ha documentato una serie di casi di detenzione politica e di tortura a bordo della nave Esmeralda nel 1973, poco dopo il colpo di stato guidato dal generale Pinochet.

Padre Woodward venne arrestato da una pattuglia della Marina cilena a Valparaiso il 16 settembre 1973. Sei giorni dopo, venne dichiarato morto dalla direzione dell’ospedale della Marina militare della città. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

I sopravvissuti agli interrogatori a bordo della nave Esmeralda hanno raccontato di percosse selvagge, scariche elettriche e violenza sessuale.

L’Esmeralda sta attualmente compiendo un viaggio nel continente americano e, al suo approdo in Canada, è stata accolta da grandi proteste.

Sarebbe ironico, se non fosse tragico, che l’Esmeralda vaghi ancora da un porto internazionale all’altro, come ambasciatrice del Cile, quando coloro che la dirigevano nel 1973 rischiano di evadere la giustizia.

Amnesty International chiede al governo cileno di assicurare che tutti i responsabili dei crimini feroci commessi a bordo dell’Esmeralda siano assicurati alla giustizia.