Cina, svanito il corpo dell’attivista deceduta il 14 marzo dopo sei mesi di carcere

24 Marzo 2014

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Il fratello e l’avvocato di Cao Shunli, l’attivista cinese morta il 14 marzo in ospedale dopo aver trascorso sei mesi in carcere, hanno denunciato la scomparsa della salma ed espresso il timore che questa possa essere cremata per distruggere ogni prova dei maltrattamenti subiti in prigione.

Cao Shunli era stata arrestata nel settembre 2013 mentre si apprestava a recarsi a Ginevra per prendere parte a un seminario di formazione sui diritti umani. In precedenza, aveva sollecitato le autorità a consentire agli attivisti di contribuire al rapporto da sottoporre all’Esame periodico universale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Cina, attualmente in corso a Ginevra e durante il quale i rappresentanti cinesi si sono opposti all’osservazione di un minuto di silenzio in memoria dell’attivista.

In carcere, le sue condizioni di salute si erano deteriorate e i familiari avevano chiesto più volte, a quanto pare invano, che ricevesse cure mediche adeguate.  Al momento della morte, avvenuta all’interno dell’ospedale militare 309 di Pechino, il suo corpo era pieno di ecchimosi nere e violacee.

Amnesty International ha sollecitato le autorità cinesi a non cremare il corpo di Cao Shunli senza l’esplicito consenso dei familiari e ad avviare un’indagine urgente, completa, trasparente e indipendente sulle circostanze della morte di Cao Shunli, autopsia inclusa.  L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto inoltre che i familiari possano vedere il corpo della loro congiunta e avere accesso alle cartelle mediche.