Tempo di lettura stimato: 4'
Amnesty International ha adottato oggi un nuovo prigioniero di coscienza a Cuba, chiedendo al presidente Raúl Castro il suo rilascio immediato e incondizionato.
Si tratta di Darsi Ferrer, direttore del Centro per la salute e i diritti umani Juan Bruno Zayas, che ha sede nella capitale L’Avana, arrestato nel luglio 2009 con la falsa accusa di aver ricevuto beni ottenuti illegalmente, imputazione che normalmente viene conciliata col pagamento di una cauzione.
Con Ferrer, sono 55 i prigionieri di coscienza adottati da Amnesty International attualmente in carcere.
Ferrer non è stato sottoposto a processo e si trova in una prigione di massima sicurezza della capitale, riservata ai condannati per reati violenti.
‘L’accusa ai danni di Ferrer è chiaramente un pretesto. In realtà, crediamo che la sua detenzione costituisca una punizione per il suo lavoro in favore della libertà d’espressione a Cuba‘ – ha dichiarato Gerardo Ducos, ricercatore di Amnesty International sui Caraibi.
Sebbene l’accusa mossa nei confronti di Ferrer venga di solito esaminata da un giudice locale, il suo caso è trattato direttamente dall’Ufficio del procuratore generale e ciò alimenta il sospetto che si tratti di una vicenda politica. Del resto, sottolinea Amnesty International, Ferrer era stato arrestato diverse volte in passato a causa delle sue attività.
‘Siamo di fronte a un altro tentativo, da parte delle autorità cubane, di ostacolare il lavoro degli attivisti per i diritti umani‘.
Ferrer era stato arrestato insieme alla moglie Yusnaimy, in assenza di qualsiasi mandato di cattura, il 9 luglio 2009, poche ore prima che i due attivisti partecipassero a una manifestazione per la libertà d’espressione. I coniugi erano stati interrogati per diverse ore e Ferrer era stato ammanettato e picchiato da otto agenti, prima di essere rilasciati.
Il 21 luglio Ferrer era stato fermato di nuovo, ufficialmente per essere interrogato dalla polizia circa materiale edile che gli aveva confiscato in occasione del precedente arresto. Anziché dirigersi alla stazione di polizia, gli agenti lo hanno portato alla prigione di massima sicurezza, dove è stato incriminato per aver ricevuto beni ottenuti illegalmente.
Ferrer ha sempre sostenuto che il materiale, due sacchi di cemento e alcune travi, gli era stato ceduto da un collega che aveva lasciato il paese senza completare la ristrutturazione del suo appartamento. I sacchi di cemento e le travi erano rimasti per mesi fuori dalla porta di casa di Ferrer, alla vista di tutti, prima che le autorità arrivassero a confiscarli.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 26 febbraio 2010
Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it