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Amnesty International ha chiesto al governo dell’Ecuador di porre fine alla repressione delle manifestazioni, iniziate il 3 ottobre a seguito dell’annuncio dell’adozione di misure di austerità da parte del presidente Lenín Moreno, seguito poche ore dopo dall’introduzione dello stato d’emergenza.
L’ufficio del Difensore civico ha denunciato che solo il 3 e il 4 ottobre sono stati arrestati 485 manifestanti, compresi diversi minorenni.
Amnesty International ha inoltre ricevuto segnalazioni di uso eccessivo della forza e maltrattamenti e torture nei confronti degli arrestati.
Il 7 ottobre la Corte costituzionale ha dichiarato valido lo stato d’emergenza, limitandone però la durata a 30 giorni. La Corte ha anche ordinato alla Polizia nazionale e alle Forze armate di garantire l’incolumità dei giornalisti, degli operatori delle organizzazioni umanitarie e del pubblico nel suo complesso.
Le misure annunciate dal presidente Moreno comprendono la flessibilità sul lavoro e la fine del sussidio per l’acquisto di carburante, il cui prezzo potrebbe aumentare così del 120 per cento.
Secondo il ministro dell’Economia, si tratta di misure necessarie per accedere a un credito di oltre quattro miliardi di dollari da parte del Fondo monetario internazionale, che ha apprezzato queste “riforme che miglioreranno la sostenibilità dell’economia del paese”.
Non è la prima volta che il governo ecuadoriano proclama lo stato d’emergenza a seguito di proteste contro le misure economiche. Nel 1998 la Corte interamericana dei diritti umani aveva condannato l’Ecuador in quanto tale provvedimento violava gli obblighi sui diritti umani dell’Ecuador.