Egitto, minorenne condannato a morte

19 Maggio 2011

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Amnesty International ha espresso la propria condanna per il verdetto alla pena capitale emesso il 18 maggio da un tribunale militare del Cairo nei confronti di un diciassettenne, Ahmed Marous Ibrahim, giudicato colpevole insieme ad altri tre coimputati dello stupro di una ragazza, a sua volta di 17 anni di età.
L’esercito si propone come giudice, pubblico ministero e boia nell’Egitto nato dalla rivolta. Se si vuole fare veramente giustizia per questo terribile reato, l’imputato deve avere diritto a un’udienza equa e pubblica, così come la vittima deve avere il diritto a un confronto con gli imputati. Condannare a morte un minorenne è abominevole ed è una flagrante violazione del diritto internazionale‘ – ha dichiarato Amnesty International, che ha ricordato come anche la legge egiziana vieti l’inflizione della pena di morte nei confronti di minori di 18 anni al momento del reato.

Amnesty International chiede che Ahmed Marous Ibrahim e gli altri tre condannati a morte (Mohammed Tarek Ragheb,, Karim Dahrouj Ahmed el-Sawy, e Mahmoud Ramadan Abdul Hussein) siano sottoposti a un nuovo processo di fronte a un tribunale civile e sollecita le autorità egiziane a fornire sostegno, consulenza e giustizia reale alle donne vittime di abusi sessuali.

Da quando, nel febbraio di quest’anno, il Consiglio supremo delle forze armate ha preso il potere in Egitto promettendo di consegnarlo ai civili entro la fine del 2011, centinaia di civili sono stati processati da tribunali militari, i cui giudici sono militari in carriera. Le procedure seguite sono grossolanamente inique e violano gli standard internazionali sul giusto processo.

Chi viene condannato in un tribunale militare, può fare appello alla Corte suprema per gli appelli militari, composta unicamente da ufficiali. Questa Corte prende in esame unicamente l’interpretazione delle leggi più che le circostanze di fatto dell’accusa o eventuali nuove prove.

Il 1° aprile il Consiglio supremo delle forze armate ha annunciato che avrebbe permesso l’applicazione della pena di morte per il reato di stupro qualora la vittima avesse meno di 18 anni ma anche qualora l’imputato fosse minorenne.