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Secondo Amnesty International, la decisione, annunciata il 13 giugno dal ministro della Giustizia egiziano Adel Abdel Hamid Abdallah, di affidare alla polizia militare e ai servizi di sicurezza i compiti di polizia giudiziaria per procedere contro persone sospettate di reati contro la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, apre la strada a nuove violazioni dei diritti umani e dev’essere revocata immediatamente.
‘Affidare a un esercito responsabile di uccisioni, torture e di migliaia di arresti arbitrari e processi iniqui il compito di arrestare e imprigionare civili significa legittimare le violazioni dei diritti umani’ – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Africa del Nord e Medio Oriente di Amnesty International.
Il ministro della Giustizia ha affermato che la sua decisione colma il vuoto lasciato dalla fine dello stato d’emergenza, in vigore per tre decenni nell’era Mubarak, e ha sottolineato che non avrà effetto sui manifestanti pacifici.
‘Invece di indagare sulle gravi violazioni dei diritti umani commesse dai militari contro i manifestanti nell’ultimo anno e mezzo, le autorità egiziane intendono dar loro carta bianca per continuare a commetterle’ – ha replicato Sahraoui.
Dall’inizio della rivolta, nel gennaio 2011, manifestanti pacifici sono stati regolarmente puniti per reati quali resistenza a pubblico ufficiale, disobbedienza agli ordini di un pubblico ufficiale, aggressione mediante insulto, danneggiamento di beni pubblici, blocco della circolazione stradale, sciopero in luoghi pubblici e ‘vandalismo’.
Sulla base della decisione del ministro della Giustizia, molte di queste azioni potrebbero essere di competenza della polizia e dei servizi militari, come accadeva durante lo stato d’emergenza. Le persone sospettate potrebbero essere arrestate nelle loro abitazioni così come in luoghi pubblici e processate dai tribunali militari.