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L’elevato numero di giovani eritrei in fuga dal servizio militare a tempo indeterminato sta contribuendo all’attuale crisi globale dei rifugiati e si tratta di persone che hanno diritto alla protezione internazionale. Queste sono le conclusioni di un nuovo rapporto di Amnesty International sull’Eritrea, intitolato “Nient’altro che disertori. Come la leva a tempo indeterminato ha creato una generazione di rifugiati“.
Il rapporto denuncia che, sebbene le autorità dichiarino che la leva dura 18 mesi, il servizio militare continua a essere a tempo indeterminato e a volte va avanti per decenni. Vi sono obbligati, svolgendolo spesso in condizioni equivalenti a lavori forzati, ragazze e ragazzi dai 16 anni così come persone anziane. I tentativi di evitare la leva hanno reso gli eritrei il terzo più grande numero di rifugiati che cercano di raggiungere l’Europa.
Ciò nonostante, sempre più spesso gli stati europei rifiutano le loro richieste d’asilo. “La situazione cui vanno incontro le persone arruolate in Eritrea sono disperate e smentisce le bugiarde affermazioni fatte da alcuni paesi d’arrivo, secondo cui molti eritrei che si presentano alle loro frontiere non sono altro che migranti economici” – ha dichiarato Michelle Kagari, vicedirettrice per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi laghi di Amnesty International.
“Queste persone, molte delle quali minorenni, sono rifugiati in fuga da un sistema che si qualifica come lavoro forzato su scala nazionale e che non lascia loro alcuna possibilità di fare scelte su aspetti fondamentali della loro vita” – ha aggiunto Kagari.
Basato su 72 interviste a eritrei fuggiti dal loro paese dalla metà del 2014, il rapporto di Amnesty International getta nuova luce sulle durissime condizioni in cui si trovano i coscritti e sui metodi brutali usati dai militari contro coloro che cercano di evadere la leva.
Alcune delle persone intervistate hanno raccontato di essere state sotto leva per oltre 10 anni e addirittura per 15 anni prima di riuscire a lasciare il paese. Altre hanno riferito che i loro mariti o padri sono arruolati da oltre 20 anni.
In alcuni casi, alla leva vengono chiamati contemporaneamente più familiari che vengono poi assegnati a diverse basi militari, vedendosi dunque negato il diritto alla vita familiare. Una ragazza di 18 anni ha raccontato che, a seguito dell’entrata in vigore di un regolamento che impone anche alle donne anziane di presentarsi in servizio, tutti i suoi parenti stretti si sono ritrovati sotto la leva o hanno lasciato il paese. Alcuni ex coscritti hanno raccontato di aver trascorso anni e anni senza ottenere una licenza.
Chi si allontana senza autorizzazione rischia il carcere e, se non viene ritrovato, sono i suoi familiari a essere imprigionati. Il servizio militare a tempo indeterminato ha conseguenze negative anche sugli adolescenti. Molti di loro abbandonano gli studi per evitare l’arruolamento, mentre le ragazze si sposano precocemente sperando che questo le esenti dalla leva. Altri ragazzi, per via della lunga leva cui sono sottoposti i genitori, devono prendersi la responsabilità della sopravvivenza economica delle loro famiglie.
La paga base per i coscritti è misera e, secondo le persone intervistate da Amnesty International, del tutto insufficiente a coprire i fabbisogni familiari. Quella mensile oscilla dai 27,20 euro ai 30,20 euro, cui vanno tolte le tasse.
Chi viene preso dopo che ha abbandonato la leva o ha cercato di evitare il servizio militare anche provando a lasciare il paese, viene arrestato e detenuto – a volte a tempo indeterminato – in condizioni agghiaccianti. I detenuti sono spesso tenuti in celle sotterranee o in container per la navigazione. Lo stesso destino attende molti di coloro che vengono rimandati in Eritrea dopo che la loro domanda d’asilo è stata respinta.
Per tutti, il rischio è quello di essere arrestati arbitrariamente e torturati. Coloro che tentano di attraversare il confine con l’Etiopia rischiano di essere presi a fucilate dalla guardia di frontiera eritrea.
Il governo dell’Asmara sostiene che la leva militare nazionale è necessaria per ragioni di autodifesa, a causa delle perduranti ostilità con l’Etiopia.
Tuttavia, non tutti i coscritti svolgono doveri militari. Molti vengono impiegati in ambiti diversi come l’agricoltura, le costruzioni, l’insegnamento e il servizio civile e, nonostante le affermazioni delle autorità, il periodo di leva non è affatto limitato a 18 mesi. “Il servizio militare continua a rimanere a tempo indeterminato per un’alta percentuale di coscritti e talvolta dura decenni.
Le persone più anziane vengono richiamate più volte e chi cerca di fuggire viene arrestato arbitrariamente e trattenuto senza processo” – ha sottolineato Kagari. “In Eritrea c’è un’emorragia di giovani. Adolescenti intraprendono il viaggio da soli verso altri paesi, spesso senza dirlo ai genitori, per evitare i lavori forzati permanenti con paghe irrisorie, senza opportunità educative e lavorative. Il fatto che decidano d’intraprendere viaggi pericolosi e insicuri verso quello che sperano sarà un luogo di riparo, riflette la gravità della situazione dei diritti umani cui andrebbero incontro se restassero in patria” – ha concluso Kagari.
Amnesty International chiede alle autorità eritree di porre fine al servizio militare nazionale a tempo indeterminato e a tutti gli stati di riconoscere il sistema attualmente in vigore come una violazione dei diritti umani.
Il rapporto “Nient’altro che disertori. Come la leva a tempo indeterminato ha creato una generazione di rifugiati” è disponibile all’indirizzo: https://www.amnesty.org/en/documents/afr64/2930/2015/en/
Ulteriori informazioni
Il servizio militare nazionale, istituito nel 1995, prevede che ogni persona adulta debba svolgere un periodo di leva di 18 mesi. In pratica, tuttavia, un’elevata proporzione di coscritti lo svolge a tempo indeterminato.Non esiste alcuna norma che consenta lo svolgimento di un servizio civile alternativo per chi obietta al servizio militare per motivi religiosi, etici o di coscienza.
Nel 2014 e 2015 alcuni paesi, tra cui il Regno Unito e la Danimarca, hanno dichiarato che la situazione degli eritrei chiamati alla leva e di altre persone nel paese era migliorata a tal punto che le persone in fuga non avevano più motivi per chiedere asilo.
Dal 1° aprile al 30 giugno 2015, il governo di Londra ha respinto in primo grado il 66 per cento delle domande presentate da richiedenti asilo eritrei.