Europa coinvolta in rendition e detenzioni segrete

23 Giugno 2008

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Rapporto di Amnesty International: l’Europa nega il proprio ruolo nei programmi Usa di rendition e detenzioni segrete. L’Italia coinvolta per il caso di Abu Omar

CS83-2008: 24/06/2008

Amnesty International ha denunciato oggi che non una singola misura è stata adottata per scongiurare un ulteriore coinvolgimento europeo nelle rendition e nelle detenzioni segrete. L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto che siano avviate sollecitamente inchieste indipendenti per accertare la dimensione del ruolo avuto dall’Europa nei programmi statunitensi di rendition e detenzioni segrete, alla luce del continuo rifiuto, da parte dei governi europei, di riconoscere e indagare le violazioni dei diritti umani commesse da propri cittadini o sul proprio territorio.

‘I governi europei continuano a negare e hanno messo da parte la verità ormai da troppo tempo’ – si legge in un nuovo rapporto reso noto oggi da Amnesty International, intitolato ‘State of denial: Europe’s role in rendition and secret detention‘. ‘Il loro coinvolgimento nelle rendition e nelle detenzioni segrete si pone in profondo contrasto con la pretesa di essere attori responsabili nella lotta al terrorismo’.

Il rapporto di Amnesty International descrive sei casi, relativi a Federazione di Bosnia e ed Erzegovina, Germania, Italia, Macedonia, Regno Unito e Svezia e riguardanti 13 persone, illustrando in dettaglio in che modo i governi europei siano stati coinvolti (dall’aver permesso l’uso di aeroporti e spazio aereo ad aerei usati dalla Cia per il circuito delle rendition all’aver ospitato centri segreti di detenzione, i cosiddetti black site). L’organizzazione per i diritti umani chiede un’azione concertata, a livello europeo, per assicurare che violazioni del genere non abbiano nuovamente luogo.

Sei delle persone vittime di rendition dall’Europa si trovano ancora oggi in stato di detenzione illegale a Guantánamo Bay mentre un’altra è in carcere in Egitto, a seguito di un processo iniquo celebrato da un tribunale militare. Tutte e tredici, intervistate da Amnesty International, hanno denunciato di aver subito torture o altri maltrattamenti.

‘La crescente evidenza della partecipazione dell’Europa al programma Usa di rendition rafforza l’urgente bisogno di misure che impediscano ulteriori forme di complicità’ – ha affermato Amnesty International.

Nel suo rapporto, Amnesty International precisa che uno Stato è responsabile di una violazione del diritto internazionale quando aiuta consapevolmente un altro Stato a commettere una violazione dei diritti umani. Ogni funzionario di uno Stato europeo che abbia consapevolmente partecipato al programma Cia di rendition e detenzioni segrete, pertanto, ha violato gli obblighi legali del proprio Stato, a prescindere se il suo ruolo sia stato attivo o passivo e se la sua azione sia stata autorizzata o meno da altri funzionari governativi.

‘Stiamo assistendo a un vuoto di responsabilità: le persone coinvolte nei sequestri e nei trasferimenti illegali devono ancora essere chiamate a rispondere del proprio operato’ – ha dichiarato Amnesty International.

Il cittadino tedesco Khaled el-Masri, per esempio, fu sequestrato in Macedonia e consegnato agli Usa che, con una rendition, lo trasferirono in Afghanistan. Qui, secondo il suo racconto, venne posto in detenzione segreta, picchiato, interrogato da agenti Usa e da un uomo che si esprimeva in tedesco ed era conosciuto come ‘Sam’. Dopo quattro mesi, agenti Usa lo trasportarono con un volo notturno in Albania; dopo averlo caricato su una vettura, lo lasciarono in una strada secondaria di campagna dicendogli di andare via. ‘Mentre camminavo, temevo che mi avrebbero sparato alle spalle, uccidendomi’, ha raccontato el-Masri. Invece, venne preso da funzionari albanesi armati che lo caricarono su un volo per la Germania.

Dopo quattro anni, el-Masri non ha ancora ricevuto alcuna spiegazione ufficiale sulla sua detenzione, né tanto meno una riparazione per le violazioni di cui ha sofferto, i cui responsabili – in Europa e negli Usa – non sono stati mai chiamati a rispondere del proprio operato.

‘Di fronte agli sforzi di singoli magistrati per indagare e accertare le responsabilità, i governi europei hanno invocato motivi di sicurezza nazionale o ragioni di Stato per ostacolare le inchieste’ – ha lamentato Amnesty International.

L’organizzazione sottolinea come in alcuni casi, mentre i parenti delle vittime di rendition in Europa non sapevano se e dove i propri congiunti fossero detenuti, questi ultimi venivano interrogati in prigioni straniere da funzionari di Stati europei, che poi affermavano di non saper nulla. ‘Un funzionario di uno Stato europeo che interroga un detenuto, sapendo che questi si trova in una perdurante condizione di dolore e sofferenza, rischia di essere complice nella tortura’ – ha sottolineato Amnesty International. ‘Quando uno Stato rifiuta di riconoscere la detenzione di una persona scomparsa o di comunicare la località dov’è detenuta, il suo atteggiamento viola anche i diritti delle famiglie degli scomparsi’.

Insieme al rapporto, Amnesty International ha diffuso un piano in sei punti per porre fine al coinvolgimento dell’Europa nelle rendition e nelle detenzioni segrete. Il piano chiede agli Stati di condannare le rendition e le detenzioni segrete, avviare indagini indipendenti su tutti i casi che coinvolgono funzionari o territori europei, portare i responsabili di fronte alla giustizia, garantire supervisione sulle attività dei servizi d’intelligence, rifiutare di eseguire o facilitare il trasferimento di ogni detenuto a un altro Stato in assenza di appropriata supervisione giudiziaria e, infine, fornire una riparazione alle vittime.

Amnesty International raccomanda anche che ogni aeromobile che chieda l’autorizzazione al sorvolo o all’atterraggio in territorio europeo, venga sollecitato a comunicare se a bordo vi sono passeggeri privati della libertà personale e, in caso affermativo, di indicare il loro status, la destinazione e le basi legali del loro trasferimento.

Amnesty International ribadisce che i governi hanno l’obbligo di proteggere la popolazione da attacchi terroristici, ma devono farlo rimanendo entro i limiti dei diritti umani e degli altri obblighi di diritto internazionale. Le rendition e le detenzioni segrete pregiudicano le misure antiterrorismo, limitando la possibilità degli Stati di sottoporre a processo i responsabili di atti di terrorismo.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani, infine, ‘l’appoggio dei governi ad attività concepite per evadere il controllo pubblico indeboliscono lo stato di diritto, che è il fondamento di una sicurezza genuina’.

Il ruolo dell’Italia

Il coinvolgimento dell’Italia riguarda la sparizione forzata di Abu Omar, imam egiziano rapito a Milano il 17 febbraio 2003, trasferito in Egitto e lì sottoposto a detenzione segreta e, secondo quanto da lui dichiarato ad Amnesty International, a tortura e maltrattamenti. Il processo penale relativo alle responsabilità individuali di funzionari di intelligence italiani e statunitensi in corso a Milano è stato riavviato nel marzo di quest’anno. Era rimasto sospeso per molti mesi dopo che il governo Prodi si era rivolto alla Corte costituzionale con due ricorsi per conflitto di attribuzioni, sostenendo che la magistratura stesse utilizzando prove coperte da segreto di Stato. Un terzo ricorso alla Corte è stato presentato dal governo Berlusconi il 30 maggio, a quanto pare nei confronti del provvedimento del giudice che ha riavviato il processo penale prima di una decisione sui due ricorsi precedenti.

Amnesty International chiede alle autorità italiane di fare tutto quanto in loro potere per assicurare che il procedimento nei confronti degli agenti della Cia e del Sismi rinviati a giudizio a Milano sia equo e rapido. L’Italia deve inoltre assicurare che nessuna rivendicazione di segreto di Stato, di segreto legato alla sicurezza nazionale o di segreto legato alla protezione delle relazioni internazionali venga opposta relativamente a prove di gravi violazioni dei diritti umani.

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FINE DEL COMUNICATO                                             Roma, 24 giugno 2008
 
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