Giordania: il ‘pugno di ferro’ contro gli attentati non punisca i rifugiati

24 Giugno 2016

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Amnesty International ha chiesto alle autorità giordane di assicurare che il ‘pugno di ferro’, annunciato a seguito dell’attentato con un’autobomba del 21 giugno contro un posto di blocco militare al confine con la Siria, non comporti la chiusura delle frontiere e la fine degli aiuti umanitari per gli oltre 70.000 siriani intrappolati al ‘berm’, un ridosso sabbioso artificiale costruito tra i varchi di frontiera di Rukban e Hadalat.

L’attentato, che ha provocato sei morti e diversi feriti, è avvenuto proprio nei pressi del varco di Rukban, dove s’incrociano i confini di Giordania, Siria e Iraq. Intorno alla metà del 2014 la Giordania ha chiuso la sua frontiera orientale con la Siria. Da allora, migliaia di siriani sono rimasti bloccati al ‘berm’ in condizioni indicibili: attualmente sono 60.000 nei pressi di Rukban e 10.000 vicino ad Hadalat.

Nonostante nel 2016 la Giordania abbia fatto entrare 20.000 siriani, collocandoli in una zona recintata del campo rifugiati di Azraq, l’afflusso alla frontiera continua ad aumentare e si stima che alla fine del 2016 al ‘berm’ si troveranno 100.000 siriani.

La Giordania ospita oltre 650.000 rifugiati siriani registrati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Amnesty International ha ripetutamente sollecitato la comunità internazionale a finanziare interamente il Piano delle Nazioni Unite per la risposta della Giordania (alla crisi dei rifugiati) e a mettere a disposizione un maggior numero di posti per il reinsediamento dei rifugiati che si trovano nel paese. Il Piano risulta attualmente finanziato per il 6,2 per cento del totale.