Grecia, processo-farsa per due soccorritori: “Le accuse devono essere annullate”

10 Gennaio 2023

Tempo di lettura stimato: 4'

Aggiornamento del 10/01/2023 – Il processo che vede coinvolti Seán Binder e Sarah Mardini, insieme ad altri 22 imputati, è stato rimandato al 13 gennaio. Continuiamo a chiedere di ritirare tutte le accuse. 

 


 

Alla vigilia del processo, il cui inizio è previsto martedì 10 gennaio sull’isola di Lesbo, Amnesty International ha chiesto alle autorità della Grecia di annullare tutte le accuse mosse nei confronti di Seán Binder e Sarah Mardini, che insieme ad altri 22 imputati rischiano lunghe condanne solo per aver aiutato migranti e rifugiati che rischiavano di annegare in mare.

Arrestati nell’agosto 2018, Seán e Sarah hanno trascorso oltre 100 giorni in cella prima di essere scarcerati su cauzione. Il processo li vede imputati di vari reati tra i quali spionaggio e contraffazione, per i quali sono previste condanne fino a otto anni.

Un’altra indagine nei loro confronti, in corso da quattro anni e per la quale rischiano fino a 20 anni di carcere, si basa sulle infondate accuse di traffico di esseri umani, frode, appartenenza a un’organizzazione criminale e riciclaggio.

Sarah Mardini, rifugiata siriana, è arrivata a Lesbo nel 2015 salvando, insieme alla sorella Yusra, 18 persone che erano a bordo della loro imbarcazione in avaria col motore rotto. Yusra ha partecipato alla “Squadra dei rifugiati” alle Olimpiadi. La storia delle due sorelle ha ispirato il film Netflix “Le nuotatrici”. Nel 2016, in Grecia, Sarah ha conosciuto Seán. Ora lei vive e studia a Berlino.

Seán Binder, cittadino tedesco cresciuto in Irlanda, è un sommozzatore di salvataggio professionale. Ha trascorso diverso tempo a Lesbo, aiutando migranti e rifugiati. Lavora a Londra.

“Se io vengo criminalizzato per aver fatto poco più che aver offerto bottiglie d’acqua e sorrisi, allora può capitare a chiunque. Il processo non riguarda me né Sarah e nemmeno gli altri 22 imputati. Sotto processo è il tentativo delle autorità greche di abbattere la compassione e impedire alle persone di cercare salvezza. Ma ho fiducia che la giustizia trionferà e che potremo riprendere le nostre vite”, ha dichiarato Seán.

“Sarah e Seán hanno fatto ciò che avrebbe fatto chiunque di noi nei loro panni. Aiutare le persone che rischiano di annegare in uno dei percorsi marittimi più mortali d’Europa e assisterle una volta a terra non è un reato. Questo processo rivela fino a che punto le autorità greche siano disposte ad arrivare per contrastare l’assistenza umanitaria e scoraggiare i migranti e i rifugiati dal cercare riparo sul loro territorio. È quanto sta accadendo anche in altri stati europei. È farsesco persino che si celebri un processo del genere. Tutte le accuse devono essere immediatamente ritirate”, ha aggiunto Nils Muižnieks, direttore di Amnesty International per l’Europa.