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Amnesty International ha sollecitato le autorità del Qatar a rendere più incisive le riforme nel campo del lavoro e a porre fine all’impunità di cui beneficiano i datori di lavoro violenti e che violano le norme.
Da quando la sua candidatura a ospitare i mondiali di calcio del 2022 è stata accolta, il Qatar è sempre più un “osservato speciale” rispetto ai diritti dei lavoratori migranti.
A due anni dal calcio d’inizio, Amnesty International ha diffuso una nuova analisi sullo stato d’attuazione delle riforme adottate dalle autorità qatarine nel campo del lavoro.
La sintesi è: apprezzamento per le recenti riforme ma, a meno che non seguano altri forti provvedimenti, permane il rischio di mancati pagamenti, sfruttamento del lavoro domestico e scarso accesso alla giustizia.
A partire dal 2017 sono state introdotte alcune riforme a beneficio dei lavoratori migranti: l’orario di lavoro per le collaboratrici domestiche, tribunali del lavoro per facilitare l’accesso alla giustizia, un fondo da cui attingere per il mancato pagamento degli stipendi, il salario minimo, l’abolizione della legge che prevedeva l’assenso del datore di lavoro per cambiare impiego o lasciare il paese e la ratifica di due importanti trattati internazionali. Non è stato invece riconosciuto il diritto ad aderire a un sindacato.
Se adeguatamente attuate, queste riforme potrebbero superare alcuni degli aspetti più problematici del sistema della “kafala” (sponsor) e consentire ai lavoratori migranti di abbandonare condizioni di lavoro usuranti e di chiedere risarcimenti. Invece, per migliaia di lavoratori non ci sono stati passi avanti.
Ad esempio, un recente rapporto di Amnesty International ha rivelato che, nonostante la legge preveda un orario massimo di lavoro di 10 ore al giorno e una giornata di riposo, le lavoratrici domestiche continuano a lavorare 16 ore al giorno, sette giorni su sette, a subire violenza verbale e fisica e a non riuscire a portare davanti alla giustizia i loro datori di lavoro.
Un altro rapporto di Amnesty International ha denunciato che 100 lavoratori migranti impegnati nella costruzione di uno stadio di calcio non hanno ricevuto gli stipendi anche per sette mesi, nonostante le autorità fossero a conoscenza di questa situazione da un anno. Dopo la pubblicazione del rapporto, quasi tutti hanno ricevuto buona parte delle somme dovute.
Per modificare gli impari rapporti di forza tra datori di lavoro e lavoratori migranti e realizzare davvero gli impegni presi, è necessario che le autorità del Qatar applichino meglio le riforme esistenti e ne introducano altre, come ad esempio istituire meccanismi ispettivi per scoprire tempestivamente i casi in cui non vengono rispettate le norme, migliorare l’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, porre fine alla cultura dell’impunità e rispettare il diritto di formare sindacati. In particolare, dovrebbero essere rafforzate le norme a protezione delle lavoratrici domestiche, trascurate da molte delle riforme.
In quanto organizzatrice dei mondiali di calcio, la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa) ha il dovere di assicurare il rispetto dei diritti umani nella fase preparatoria e nello svolgimento della competizione, tra l’altro obbligando i suoi partner a fare pressioni sul Qatar affinché le riforme nel campo del lavoro siano pienamente attuate.