Intervista a una sopravvissuta del conflitto in Bosnia ed Erzegovina

2 Settembre 2008

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29 agosto 2008

Questa intervista è stata rilasciata da Nidzara Ahmetasevic, redattrice della Rete investigativa giornalistica dei Balcani – settore giustizia, Bosnia ed Erzegovina (BIRN – Justice Report, Bosnia and Herzegovina), un’agenzia stampa con sede a Sarajevo e specializzata su temi relativi a procedimenti per crimini di guerra in Bosnia ed Erzegovina, al sistema di giustizia transitorio e all’intero processo di rielaborazione del passato. Ahmetasevic aveva 17 anni quando la guerra ebbe inizio nel 1992. Ha lasciato il suo paese per un anno dopo essere stata ferita a una gamba; attualmente è ritornata.

Quando e come sei stata ferita?
‘Sono stata ferita il 28 maggio 1992 nella mia abitazione, che si trovava nel centro della città vicino il palazzo presidenziale. È accaduto la notte in cui le agenzie di intelligence intercettarono la conversazione tra Ratko Mladic e uno dei suoi soldati, nella quale egli dette l’ordine di incendiare una parte della città e la mia abitazione si trovava in questa zona. Dopo essere stata ferita, sono stata portata in ospedale dove sono rimasta per un mese. I serbo bosniaci sparavano con dei lanciarazzi per le strade della città. Furono sparati 30 lanciarazzi e uno di questi si abbatté nel nostro appartamento. Il giorno precedente c’era stato il primo massacro: persone che facevano la fila per il pane furono raggiunte da colpi di arma da fuoco. Ci furono numerosi morti e feriti. La notte in cui fui ferita c’erano molte persone nelle mie stesse condizioni; ero sdraiata in un letto nel corridoio di un ospedale perché non c’erano posti nelle stanze. Più tardi sono stata trasferita in una stanza con altre 48 persone. ‘

C’erano sufficienti medicine e personale medico a prendersi cura di te?
‘La notte in cui fui ricoverata in ospedale arrivò anche una donna anziana, che versava in condizioni peggiori delle mie. Data la mancanza di risorse, i dottori hanno dovuto discutere, e io ero presente, se curare lei o me. Decisero di prendersi prima cura di me, dal momento che ero giovane e avevo più probabilità di sopravvivere. Più tardi nella notte, la donna anziana con cui dividevo il letto, dal momento che non ce ne erano a sufficienza, morì. Ho passato la notte in un letto inzuppato di sangue, accanto a un cadavere. Sono stata in ospedale oltre un mese per curare la gamba. Tutti i trattamenti venivano effettuati senza anestesia.’

Gli anni della guerra sono stati traumatici per te e per tutte le persone nel paese. Cosa pensi del processo a Radovan Karadzic? Credi possa portare alla luce tutta la verità e che le ferite possano iniziare a cicatrizzarsi?
‘Io credo nella giustizia e spero che il processo a Karadzic ci permetta di apprendere qualcosa in più sulle ragioni della guerra e su tutto ciò che è accaduto in Bosnia ed Erzegovina. Al tempo stesso, temo che esso non potrà portare realmente a una conclusione. La guerra è durata parecchio, in quel periodo nessuno ha veramente aiutato le persone, abbiamo aspettato troppo l’arresto di Karadzic e Mladic è ancora libero ma le ferite, e non solo quelle fisiche, sono ovunque; questo paese è così fragile e io non sono certa di quanto potrà essere raggiante il futuro che ci aspetta in questo paese così come è ora. Non sono sicura che ci porterà ciò che noi speriamo. Siamo stati idealisti quando abbiamo sperato che, con l’arresto di Karadzic e Mladic, sarebbe iniziata una nuova vita per noi. Questo non accadrà, ma almeno possiamo sperare di vederlo in un tribunale e di sapere la verità su tante cose che sono accadute intorno a noi.’

Karadzic è uno dei principali responsabili, ma non è l’unico. Molti sono ancora liberi e in Bosnia. Pensi che il sistema di giustizia nel paese possa occuparsene?
‘Le persone nel paese sono consapevoli che non tutti i responsabili saranno sottoposti a un processo. Come l’uomo che mi ha sparato alla gamba. Io non potrò mai sapere chi è stato e cosa gli è accaduto, sebbene io lo desideri. Io seguo quotidianamente i procedimenti presso la Camera per i crimini di guerra, che ha una rilevanza enorme. Il Tribunale penale per l’ex Iugoslavia è fondamentale, ma svolgere processi nei paesi dove i crimini sono stati commessi ha un valore considerevole per tutti noi: trasmette il messaggio che si possono punire i responsabili nel paese stesso dove hanno commesso i crimini e questo è importante non solo per la popolazione della Bosnia ed Erzegovina, ma anche per le persone di tutto il mondo. L’intero processo, il sistema d’accusa e i procedimenti sono ancora deboli, ma si stanno rafforzando. Spero possano consolidarsi e essere capaci di occuparsi dei casi più sensibili e dei principali responsabili di crimini di guerra. Il 29 luglio, la Camera per crimini di guerra ha emesso la prima condanna per crimine di genocidio in Bosnia ed Erzegovina. Il processo ha visto coinvolte 11 persone accusate di genocidio dopo la caduta di Sarajevo. Sette di loro, giudicate colpevoli, sono state condannate a 42 anni di carcere.’

Di cosa ha bisogno il sistema di giustizia per essere efficace?
‘In questo momento, a livello statale, il sistema non è ancora interamente nazionale data la presenza di giudici e pubblici ministeri internazionali e i tribunali dipendono dalle donazioni internazionali. Questo deve essere un problema della Bosnia perché vorrà dimostrare di voler occuparsi dei crimini di guerra. A livello locale ci sono maggiori necessità; il sistema non è sufficientemente sviluppato, i procuratori e i tribunali non hanno sufficienti capacità né la possibilità di offrire protezione ai testimoni. Deve essere fatto più a livello locale che non nazionale. Anche se il sistema giudiziario statale deve battersi maggiormente per la sua indipendenza e per comunicare in modo inequivocabile la sua buona volontà di fare piena luce sul passato.’

Pensi che le vittime potranno ottenere una riparazione? E questo potrà aiutare a rimarginare le ferite e a far sentire la popolazione bosniaca un unico popolo, un’unica nazione?
‘Questa è la mia speranza. Io ritengo che molte persone in questo paese sono pronte; esse credono e sperano di poter vivere in uno Stato unico. Purtroppo, i politici in questo paese non hanno la volontà e non agiscono per aiutarci a realizzare quest’obiettivo; fondamentalmente questo è un sogno pressoché nostro. Loro sono corrotti, non pensano alla popolazione né allo Stato. Pensano solo a loro stessi e a mantenere il potere. Così, per ora questo è la più grande minaccia al futuro della Bosnia rispetto a qualsiasi questione relativa al passato e ai crimini di guerra. Per i politici in questo paese, i crimini di guerra e qualsiasi cosa accaduta durante il conflitto sono solo uno strumento per manipolare le persone, per la propaganda personale e per diffondere la paura tra le persone e, in questo modo, mantenere il potere. Ma se tu chiedi alle persone, a quelle di Srebrenica, loro già vivono insieme; anche quelle di Prijedor vivono insieme. A Sarajevo, noi non abbiamo mai conosciuto differenze tra le nazionalità delle persone che vivono nella città. Così, io credo che la popolazione sia molto più pronta dei politici. Purtroppo, noi dipendiamo dai politici.’

Comunicato stampa ‘Arresto Karadzic: passo avanti verso la giustizia’