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Sabato 8 settembre Yousef Naderkhani, il pastore protestante condannato a morte nel 2010 per apostasia, è stato assolto e, avendo terminato di scontare una precedente sentenza di tre anni per un reato d’opinione, è tornato libero.
Naderkhani, nato da una famiglia musulmana nella città di Rasht, si era convertito al Cristianesimo all’età di 19 anni ed era stato ordinato pastore dalla chiesa protestante
Era stato arrestato il 13 ottobre 2009, per aver obiettato contro l’obbligo di studiare il Corano nelle scuole, a suo avviso incostituzionale. Questa protesta pacifica gli era costata la condanna a tre anni.
Nel 2010, era arrivata la seconda condanna, alla pena capitale per proselitismo e apostasia, quest’ultimo un ‘reato’ che persino l’attuale codice penale non contempla più (peraltro, l’articolo 167 della Costituzione lascia ai giudici la discrezione di basarsi sulle fonti autoritative islamiche e sulle fatwa per decidere su materie non disciplinate dal codice penale).
La Corte suprema, nel settembre 2011, aveva riesaminato il caso, confermando la condanna ma lasciando aperta la porta a un ‘pentimento’ che avrebbe potuto evitare l’esecuzione. Il pastore Naderkhani non si era tuttavia pentito. ‘Sono convinto della mia fede nel Cristianesimo’, aveva dichiarato dopo il verdetto.
Alla fine del 2011 era stato chiesto un parere anche alla Guida suprema. All’inizio del 2012 era stato annunciato un ulteriore processo, che ha portato al verdetto di assoluzione.
Secondo la Costituzione iraniana, l’islam sciita è la religione ufficiale del paese. Cristiani, ebrei e zoroastriani sono le sole minoranze religiose riconosciute.
I fedeli delle altre minoranze subiscono gravi limitazioni che, nel caso dei baha’i, ammontano a vere e proprie persecuzioni.