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Secondo Amnesty International, l’accordo che prevede la fine dello sciopero della fame della detenuta palestinese Hana Shalabi e il suo trasferimento nella Striscia di Gaza per tre anni potrebbe costituire un’espulsione forzata.
Hana Shalabi, 30 anni, era stata arrestata dai militari israeliani in Cisgiordania a febbraio e posta in detenzione amministrativa, senza essere formalmente incriminata, perché sospettata di far parte del movimento del Jihad islamico.
Dopo 43 giorni di sciopero della fame, nel corso dei quali – come verificato dall’organizzazione ‘Medici per i diritti umani Israele’ – ha subito danni alla tiroide ed è caduta in uno stato di prostrazione, Hana Shalabi ha ancora bisogno di cure mediche specializzate.
‘Hana Shalabi non ha potuto beneficiare di una difesa legale indipendente e di una valutazione altrettanto indipendente delle sue condizioni di salute. Il suo trasferimento a Gaza, alla luce di ciò e del suo stato di salute, può costituire un’espulsione forzata’ – ha dichiarato Ann Harrison, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
‘Invece di espellerla verso la Striscia di Gaza, dove l’accesso alle cure mediche specialistiche è limitato dal blocco israeliano e dalla crisi energetica che pregiudica il funzionamento degli ospedali, Hana Shalabi dovrebbe essere rilasciata, insieme agli altri palestinesi sottoposti alla detenzione amministrativa, oppure rapidamente incriminata per un reato di accertata natura penale’ – ha proseguito Harrison.
Hana Shalabi è attualmente detenuta nell’ospedale penitenziario di Ramleh e la data del suo trasferimento a Gaza non è stata resa pubblica.
Il suo avvocato, Jameel Khatib, ha definito ‘forzata’ l”espulsione e ha detto ad Amnesty International: ‘Non sono stato coinvolto nei negoziati, sono contrario a questo tipo di accordi. Se alla conclusione ci fosse stata la deportazione a Gaza, non ci sarebbe stato bisogno di alcuno sciopero della fame. Se questo fosse stato il nostro obiettivo, ci saremmo messi d’accordo tempo fa, prima che Hana arrivasse al punto di mettere in pericolo la sua vita’.
L’avvocato Jawad Boulos, della Società dei prigionieri palestinesi, che ha preso parte ai negoziati, ha tuttavia dichiarato che Hana Shalabi ha accettato volontariamente l’accordo.
Oltre 30 palestinesi sono in sciopero della fame, alcuni da oltre quattro settimane, per protestare contro l’istituto della detenzione amministrativa, che prevede il carcere a tempo indeterminato per i palestinesi della Cisgiordania che, secondo prove segrete in possesso dei militari israeliani, costituirebbero una ‘minaccia alla sicurezza’.
Tha’er Halahleh, Bilal Diab e Kifah Hattab sono in sciopero della fame da un mese ed è stato negato loro l’accesso agli avvocati e, nonostante le precarie condizioni di salute, a medici indipendenti. Dopo aver perso conoscenza, Bilal Diab è stato trasferito all’ospedale Assaf HaRofeh di Tel Aviv, dove rimane sotto sorveglianza da parte delle guardie penitenziarie.
‘Vi è il rischio che l’espulsione forzata di Hana Shalabi possa produrre pressioni su altri prigionieri sottoposti a detenzione amministrativa, affinché accettino un accordo che prevede l’espulsione a Gaza, dove sarebbero tagliati fuori da ogni contatto con le famiglie in Cisgiordania’ – ha commentato Harrison.
Mentre la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza sono riconosciute come singola unità territoriale, ai sensi degli accordi di Oslo e del diritto internazionale, le autorità israeliane non permettono ai palestinesi della Striscia di Gaza di entrare in Cisgiordania e viceversa.
Le Convenzioni di Ginevra proibiscono a una potenza occupante di trasferire o espellere con la forza persone da un territorio da essa occupato.