L’Egitto cessi di reprimere le proteste

25 Gennaio 2011

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Amnesty International ha condannato la repressione nei confronti delle manifestazioni in corso in Egitto, le più imponenti degli ultimi decenni, per protestare contro la povertà, la violenza della polizia e la corruzione.

Le notizie provenienti dal paese, dopo la giornata di protesta del 25 gennaio al Cairo, ad Alessandria e in altre importanti città, riferiscono di almeno tre morti, dell’uso di pallottole di gomma e gas lacrimogeni contro i manifestanti e di almeno 500 arresti.

Amnesty International, nel rinnovare l’appello alle autorità egiziane affinché si astengano dall’uso eccessivo della forza, ha criticato l’operato delle forze di sicurezza nel corso delle manifestazioni del 25 gennaio, definito ‘sconsiderato’ e volto a usare immediatamente gas lacrimogeni e pallottole di gomma.

Le proteste sono iniziate pacificamente, ma quando la polizia ha iniziato a disperderle con la forza, dai manifestanti sono partiti lanci di sassi e vi sono stati scontri violenti. Almeno tre manifestanti, oltre a un poliziotto, sono stati uccisi.

Le dichiarazioni del ministro dell’Interno, secondo cui non sarebbero state tollerate ulteriori  proteste e i manifestanti sarebbero stati arrestati, paiono indicare l’intenzione delle autorità di sguinzagliare tutta la ferocia delle forze di sicurezza, già note per la loro condotta abusiva.

Invece di pronunciare minacce, le autorità egiziane dovrebbero aprire un’indagine approfondita sulle uccisioni dei manifestanti e portare i responsabili di fronte alla giustizia.

Amnesty International teme inoltre che alcuni degli almeno 500 arresti siano stati eseguiti nei confronti di chi stava unicamente esercitando in modo pacifico il suo diritto alla libertà di espressione e assemblea. Chi sia stato arrestato perché sospettato di aver commesso atti di violenza dovrebbe essere incriminato per un reato di riconosciuta natura penale e processato in modo equo o altrimenti rilasciato.

Amnesty International ha anche appreso che le autorità egiziane hanno bloccato Twitter e la piattaforma di condivisione video Bambuser. In alcune zone del paese, la rete di telefonia mobile è stata a sua volta bloccata. Amnesty International non ha potuto mettersi in contatto con una serie di attivisti per i diritti umani.  Questi blocchi delle comunicazioni sono il segnale che il governo del Cairo sta cercando di impedire al mondo di sapere cosa sta accadendo e di interrompere i contatti all’interno del paese.

Provvedimenti e misure immotivati e iniqui, nel corso di circa 30 anni di stato d’emergenza, sono stati regolarmente usati dalle autorità per sopprimere il legittimo esercizio dei diritti di manifestazione pacifica e di assemblea.