Mandato d’arresto per Gheddafi: un passo in direzione della giustizia

16 Maggio 2011

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Amnesty International ha definito ‘un passo in direzione della giustizia per le vittime delle violazioni dei diritti umani in Libia’ il mandato d’arresto per il colonnello Muammar Gheddafi chiesto oggi dal procuratore della Corte penale internazionale.

Secondo quanto dichiarato dal procuratore Luis Moreno-Ocampo, la richiesta del mandato d’arresto, che riguarda anche uno dei figli di Gheddafi, Saif al-Islam, e il capo dell’intelligence militare Abdallah al-Sanussi, fa riferimento a due fattispecie di crimini contro l’umanità: omicidio e persecuzione.

‘La richiesta del mandato d’arresto è un passo in direzione della giustizia internazionale e verso l’accertamento delle responsabilità per le violazioni dei diritti umani nella regione’ – ha dichiarato Michael Bochenek di Amnesty International. ‘Tuttavia, la comunità internazionale, che aveva deciso con un accordo senza precedenti di deferire la situazione della Libia alla Corte penale internazionale, non può consentire alla giustizia di sembrare selettiva: la situazione in Siria è negativa tanto quanto lo era quella in Libia all’epoca della decisione del Consiglio di sicurezza’.

Le ricerche svolte da Amnesty International in Libia da febbraio indicano che sono stati commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Dall’inizio delle proteste di Bengasi, è stata lanciata un’ondata di omicidi e sparizioni forzate contro chiunque fosse sospettato di avere posizioni critiche nei confronti del governo di Tripoli.

Amnesty International chiede al Consiglio di sicurezza di affermare la neutralità della giustizia internazionale, autorizzando un’indagine della Corte penale internazionale sulle centinaia di omicidi di manifestanti avvenuti in Siria.

‘La vera giustizia internazionale dev’essere per tutti in Medio Oriente e in Africa del Nord’ ha aggiunto Bochenek.

Se il mandato d’arresto sarà emesso, come ci si aspetta, Amnesty International solleciterà il colonnello Gheddafi a consegnarsi alla giustizia e ad affrontare il processo di fronte alla Corte penale internazionale. Tutti gli stati membri delle Nazioni Unite saranno obbligati a negare a lui e ai suoi coimputati un salvacondotto sicuro.

 FINE DEL COMUNICATO                                                              Roma, 16 maggio 2011

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