Marocco, basta alla violenta repressione delle proteste

3 Giugno 2011

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In vista dell’annunciata mobilitazione nazionale per le riforme indetta per domenica 5 giugno, Amnesty International ha chiesto alle autorità del Marocco di non ricorrere all’uso della forza eccessiva contro i manifestanti.

L’appello è giunto dopo che, nelle scorse settimane, decine di manifestanti sono stati aggrediti dalle forze di sicurezza in quella che Amnesty International ha definito una ‘reazione draconiana’ nei confronti di persone che intendevano semplicemente esercitare il loro diritto alla libertà d’espressione e di assemblea.

Sette persone sono ancora agli arresti a Tangeri e rischiano l’incriminazione.

Le autorità di Rabat sono sotto pressione da quando il 20 febbraio sono iniziate anche in Marocco le proteste ispirate da quelle in corso in altri paesi dell’Africa del Nord. Vi prendono parte attivisti politici, esponenti di organizzazioni per i diritti umani e militanti del ‘Movimento 20 febbraio’, che sostiene le richieste di riforme.

Il 28 e 29 maggio si sono svolte proteste per lo più pacifiche in diverse città del Marocco, tra cui  Kenitra, Safi, Fes, Tangeri, Casablanca e Salé. I manifestanti sono stati aggrediti da uomini delle forze di sicurezza, anche in borghese, che hanno picchiato con bastoni e manganelli chi si trovava a portata di mano, compresi bambini e donne che hanno riportato ferite al volto e al capo.

A Safi, 10 manifestanti sono stati arrestati dalle forze di sicurezza, costretti a salire a bordo di automobili, picchiati e abbandonati in una zona deserta. Molti hanno dovuto tornare a casa a piedi, nonostante avessero riportato gravi ferite.

Il 25 maggio circa 8000 medici hanno preso parte a Rabat a un sit-in di fronte al ministero della Sanità e hanno tentato di marciare fino al parlamento. Le forze di sicurezza li hanno fermati a calci e a manganellate, ferendo oltre 40 persone, almeno una delle quali ha dovuto affrontare un intervento chirurgico.

Secondo quanto appreso da Amnesty International, le forze di sicurezza si stanno presentando a casa delle famiglie degli attivisti del ‘Movimento 20 febbraio’, proferendo intimidazioni e minacce.

Inoltre, alcuni manifestanti ricoverati nelle strutture ospedaliere pubbliche continuano a vedersi negare la cartella clinica e dunque l’attestazione delle ferite riportate, ciò che pregiudica la possibilità di chiedere giustizia e un risarcimento dei danni subiti.

A marzo, erano state annunciate alcune riforme, tra cui la creazione di un nuovo Consiglio nazionale per i diritti umani. Il re Mohammed VI aveva promesso un piano di riforme costituzionali e la devoluzione di alcuni suoi poteri. Il modo in cui vengono affrontare le manifestazioni di queste settimane sta inferendo un duro colpo alla serietà delle promesse riforme.

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