Pensieri e impressioni da Lampedusa – Post di Pieter

3 Agosto 2011

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Pensieri e impressioni da Lampedusa – Post di Pieter, di Amnesty International Vlaanderen

La pioggia arriva come una manna dal cielo. ‘La prima volta da anni’, dice qualcuno. Una manna dal cielo che ci ha portato a stravolgere il programma. Lasciamo la famosa spiaggia dei Conigli, paradiso terrestre fino a poco prima, che ora sembra meno mozzafiato, minacciata da nuvole scure. Dal paradiso all’inferno: ci troviamo davanti al Centro d’identificazione ed espulsione (Cie), il centro di detenzione per migranti a Lampedusa.
 
Dal 23 al 30 luglio la Sezione Italiana di Amnesty International è stata a Lampedusa con un campeggio per i diritti umani. Temi centrali delle giornate sono state le migrazioni nell’isola e le condizioni dei migranti trattenuti nei Cie.

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Ieri ho intervistato Dagmawi Yimer, il regista etiope che ha fatto due film sulla sua esperienza come migrante, con cui ho parlato di una manifestazione che avrebbe avuto luogo davanti a tutti i Cie in Italia. La Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e praticamente tutti i politici dell’opposizione stanno protestando contro il divieto di accesso per i giornalisti e le organizzazioni dei diritti umani nei centri di detenzione per stranieri in Italia.

Insieme a Laura, Mariangela, Maria Giusi e Silvia ottengo un passaggio in paese dai ragazzi e ragazze di Legambiente, il movimento ambientalista a Lampedusa: ci lasciano a poche centinaia di metri dal centro.
 
Davanti e dentro al Cie diverse forze di pubblica sicurezza: polizia, carabinieri, la Guardia di finanza (Gdf), che, a turno, svolgono funzione di sorveglianza. Noi siamo davanti a due uomini della Gdf, che hanno l’ordine di non far passare nessuno. Non si riesce a vedere niente del centro, nascosto nella valle, tra gli alberi.
 
I due uomini sono amichevoli. I miei amici italiani iniziano a chiacchierare amichevolmente, come solo gli italiani sanno fare. Laura spiega che ci sono turisti e manifestanti curiosi di andare a dare un’occhiata al Cie. In quel momento non sapevamo che non avremmo mai ottenuto il permesso di valicare i cancelli per vedere cosa stava succedendo davvero. Ci rispondono che possono entrare solo le persone che fanno parte di una delle organizzazioni che ha ottenuto un permesso per manifestare; tra queste ci sono Terre des Hommes, (che ha anche un permesso per visitare il Cie), un paio di parlamentari e gli operatori della stampa. 
 
Nel frattempo, altre persone arrivano alla manifestazione, bloccate dalla solita pattuglia della Gdf, che ora è stata rafforzata dai Carabinieri. Anche la polizia si aggira nei paraggi. Partecipano alla manifestazione i ragazzi di Lampedusa in Festival, altri giovani provenienti dal campo di Amnesty, lo staff di Terre des Hommes, e altre Ong.
 
Sotto un cielo scuro e minaccioso siamo un po’ ridicoli con i teli mare, a mò di ombrelli. Chi si sarebbe mai aspettato la pioggia a Lampedusa? Siamo un centinaio di persone in attesa con il fiato sospeso per Alessandra Ballerini, l’avvocato per i diritti umani dell’organizzazione Terre des Hommes, a cui è concesso l’accesso al Cie. Quando arriva, infine, le telecamere sono pronte a raccontare le sue emozioni: ‘Sono appena uscita dal centro. Ci sono stati 50 manifestanti, compresi i membri del parlamento e della stampa. I migranti dicevano: ‘Vogliamo uscire, vogliamo uscire! Vogliamo andarcene!’. Ci sono due minorenni tra i 200 adulti. Sono soprattutto richiedenti asilo dalla Libia. L’unica istituzione che decide la loro detenzione è la polizia. Ci sono persone che sono rinchiuse da 55 giorni senza poter richiedere un avvocato. Dicono che il cibo non è commestibile. Molti dormono fuori, perché non vogliono dormire in uno dei container. È caldo. L’incertezza li sta uccidendo. Non sanno quanto tempo dovranno stare dentro. Non hanno alcun sostegno psicologico. Alcuni peggiorano di giorno in giorno. Abbiamo forse dimenticato che per tutti, senza eccezione, è un viaggio estremamente difficile e traumatico da sostenere? ‘.
 
Improvvisamente ho realizzato chi sono davvero le persone detenute nei centri. Rifugiati vulnerabili e migranti che lasciano tutto alle spalle e sono in fuga da guerre, violenza, e che hanno una mancanza totale di prospettiva nei loro paesi di origine. Hanno messo le loro speranze future e denaro nelle mani di contrabbandieri che li caricano e li portano per mare in un pericoloso viaggio. La Ballerini non si ferma: ‘Molti di loro non sanno nuotare, e per troppo tempo, insieme a troppe persone, sono stati costretti ad affrontare il mare con piccole imbarcazioni. Provate a immaginare per un momento. Hanno visto altri morire in mare. Sono rinchiusi per quello che sono, non per quello che hanno fatto’.

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Centro di detenzione per minori, con vista mare?
 
Quella stessa sera prendiamo il bus col resto del gruppo, diretti alla punta nord-ovest di Lampedusa. Vediamo un edificio circondato da filo spinato, recinzioni, torri di guardia, guardie armate. Da lontano si vede nel cortile un gruppo di minori provenienti dall’Africa. Sembra una base militare, ma è un centro di detenzione per minori non accompagnati.
 
Un agente armato ci intima di stare  a distanza per non far ‘agitare’ i ragazzi. ‘ È  da molto tempo che non vedono qualcuno da fuori’, dice il poliziotto. Alcuni sono rinchiusi da più di due mesi. Ci sono minori che sono già stati identificati al Cie. Normalmente avrebbero dovuto poi  ricevere l’assistenza sociale, essere affidati a delle famiglie o a dei centri di accoglienza. Ma questo processo è sempre estremamente lento.
 
‘Burocrazia e cattiva volontà’, ha detto Alessandra Ballerini. La incontriamo davanti al centro. ‘Terre des Hommes è una delle poche Ong che ha il permesso di entrare’, dice. ‘Perché abbiamo il compito specifico di proteggere i minori. Negare l’ingresso a noi  sarebbe quasi come ammettere che stanno violando i loro diritti. Siamo gli unici che possono attestare ciò che accade all’interno. I giornalisti non possono entrare. Potrebbero raccogliere le nostre storie, ma lo fanno raramente. Dicono: ‘Fino a quando non possiamo vedere coi nostri occhi, non possiamo pubblicarle’. Neanche un giudice è mai entrato’.
 
Il centro è lontano da tutte le strutture turistiche e dal centro del paese. Mi chiedo se i minori possono vedere la bellezza naturale che li circonda. E se i Lampedusani e i turisti sanno che su questa isola  bambini e giovani estremamente vulnerabili sono rinchiusi per mesi.
 
‘Ci sono circa 169 bambini qui, dai 13 a 17 anni, in viaggio senza i propri genitori. Provengono soprattutto da Burkina Faso, Costa d’Avorio, Nigeria. Sono arrivati tutti dalla Libia, dopo un viaggio difficile di 2-3 giorni in mare senza cibo. Vengono poi portati dentro questo centro con un autobus con i finestrini chiusi’, continua Alessandra. ‘Un ragazzo nigeriano mi ha detto: ‘Grazie per avermi salvato, ma il mare mi fa ancora paura’. Ogni volta che parla, posso leggere la paura nei suoi occhi. È  ancora traumatizzato e molto emozionato.’
 
Nel centro non ci sono attività ricreative. Hanno pantaloni ma non gli vengono date le cinture, per paura che le usino per impiccarsi. Gli hanno tolto i cellulari. Non possono nemmeno chiamare a casa per dire che sono arrivati sani e salvi. Ho parlato con un ragazzo. Suo padre non ha potuto contattarlo per molto tempo per dirgli che sua madre era deceduta. Non hanno tutori o forme di sostegno sociale. Sono io che devo spiegargli la loro situazione giuridica e il significato di un provvedimento di espulsione’.
 
‘I ragazzi sono tutti meravigliosi. Un ragazzo era molto malato e per molto tempo ha chiesto di essere portato via. Ma è stato sempre ignorato. Evidentemente non si pensava che fosse abbastanza urgente. Alla fine un medico di Lampedusa è venuto a visitarlo direttamente al centro’.
 
A volte ci sono anche ragazzi tunisini. Alessandra dice che le autorità italiane sottolineano sempre che i migranti tunisini giungono qui per motivi economici: ‘I giovani tunisini provengono per la maggior parte dalla città di Sfax, ma tra loro ci sono sicuramente alcuni richiedenti asilo’. Infatti, Amnesty International ha già denunciato che l’espulsione dei tunisini è quasi automatica. Questo è molto pericoloso per chi ha bisogno di protezione.
 
Quando ripartiamo vediamo il gruppo di giovani nel cortile e nelle scale dietro il filo spinato. Alcuni di noi salutano i ragazzi. Loro ricambiano il saluto. È un momento molto emozionante, ci confrontiamo con questa ingiustizia, la nostra libertà e la loro prigionia. È  l’unico modo che abbiamo per comunicare con questi ragazzi, rinchiusi per mesi senza vedersi con gli abitanti di Lampedusa. Non sanno cosa sta accadendo sull’isola dove sono intrappolati.
 
Siamo europei. Ci stupiamo degli africani che vengono in Europa in cerca di una vita migliore. Invece di lasciarli condividere la ricchezza che abbiamo costruito anche con le loro risorse, costruiamo muri alle frontiere, li imprigioniamo, e li escludiamo dalle nostre società.

Traduzione: Pietro Adami, Helena Caruso, Gianmarco Giuliana

Lampedusa – isola dei diritti umani