Polonia, la Corte costituzionale contro i diritti riproduttivi

23 Ottobre 2020

Tempo di lettura stimato: 2'

Il 22 ottobre la Corte costituzionale della Polonia ha dichiarato incostituzionale l’accesso all’aborto in caso di “gravi e irreversibili malformazioni fetali o malattie incurabili che minaccino la vita del feto“: una sentenza che – come hanno commentato Amnesty International, il Centro per i diritti riproduttivi e Human Rights Watchdanneggerà ulteriormente le donne e le ragazze e violerà i loro diritti umani.

La sentenza è il risultato di un attacco sistematico e coordinato dei parlamentari polacchi ai diritti delle donne, il cui obiettivo è di vietare del tutto l’aborto nel paese. Il divieto di aborto non previene l’aborto né riduce i tassi di aborto. Al contrario, costringe le donne ad abortire clandestinamente o a viaggiare all’estero per poter abortire“, ha dichiarato Esther Major, consulente per la ricerca di Amnesty International.

La Polonia aveva già una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa. In seguito a questa decisione, l’interruzione di gravidanza è consentita solo per tutelare la vita o la salute della donna o quando la gravidanza sia la conseguenza di uno stupro. Anche nei casi in cui l’aborto sia legale, nella pratica quotidiana ci sono molteplici ostacoli e limitazioni da superare.

Il Partito diritto e giustizia, al potere dal 2015, ha più volte cercato di restringere i diritti sessuali e riproduttivi, presentando anche una proposta di legge per vietare del tutto l’aborto. Questi tentativi hanno scatenato proteste di massa e la condanna da parte delle istituzioni europee e degli organismi internazionali sui diritti umani. Parallelamente, i governi espressi dal partito di maggioranza hanno anche indebolito l’indipendenza della Corte costituzionale e la sua capacità di controbilanciare i poteri dell’esecutivo.