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Il 30 gennaio 2013 un tribunale di Mosca ha respinto l’appello di Ekaterina Samutsevich, una delle componenti della punk band femminista Pussy Riot, confermando il divieto di trasmettere le immagini ‘estremiste’ della performance realizzata nella principale cattedrale ortodossa di Mosca nel febbraio 2012.
Per Amnesty International, questa sentenza è un’ulteriore prova della crescente repressione nei confronti della libertà d’espressione in Russia.
Per quell’esibizione, Maria Alekhina, Nadezhda Tolokonnikova e la stessa Ekaterina Samutsevich sono state giudicate colpevoli di ‘teppismo basato sull’odio religioso’. In primo grado, sono state condannate a due anni di carcere in una colonia penale. Nel processo d’appello, Ekaterina Samutsevich ha ottenuto la sospensione della pena ed è stata rilasciata.
Amnesty International si è detta preoccupata per la sentenza del 30 gennaio 2013, che ravvede nel video in questione ‘immagini ed espressioni aventi per obiettivo l’incitamento all’odio o all’inimicizia e all’umiliazione di persone sulla base della loro religione e dell’appartenenza a istituzioni della società’. Secondo Amnesty International, nel video in questione non vi è alcuna indicazione di violenza o di incitamento alla violenza.
Nel 2011, la Corte suprema russa aveva affermato che le critiche nei confronti di pubblici ufficiali e di esponenti politici, delle loro azioni e delle loro opinioni non avrebbero dovuto essere considerate alla stregua di azioni destinate a umiliare o a degradare una persona o un gruppo, poiché nei confronti di questi ultimi la critica può essere esercitata in modo più ampio rispetto ai privati cittadini