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Nella notte tra il 22 e il 23 marzo le forze di sicurezza siriane hanno sferrato un attacco mortale alle moschea di Omar, nella città meridionale di Dera’a, dove decine di persone stavano prendendo parte a un sit-in di protesta. Almeno sette persone sono rimaste uccise. La città è sotto coprifuoco e il governo ha avvisato che si sparerà contro chiunque lascerà la sua abitazione. In tutto il paese, dopo una settimana di manifestazioni, sono in corso arresti di studenti, attivisti, giornalisti e intellettuali.
Sale così ad almeno 13 il numero dei manifestanti uccisi a Dera’a negli ultimi sei giorni di protesta.
Secondo le testimonianze raccolte da Amnesty International, le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco dai tetti dei palazzi che fronteggiano la moschea di Omar contro i manifestanti, le ambulanze e coloro che si affacciavano dai balconi circostanti. Non vi sono prove credibili che le persone che stavano prendendo parte al sit-in fossero armate.
L’organizzazione per i diritti umani ha redatto una lista di 93 persone, compresi alcuni minorenni e cinque donne, arrestate tra l’8 e il 23 marzo a Damasco, Aleppo, Banias, Dera’a, Douma, Hama, Homs, Latakia, Ma’aratan Nu’man e al-Malkiyah, tutte detenute in località sconosciute. Il numero effettivo degli arresti potrebbe essere assai più alto. Secondo un’organizzazione locale per I diritti umani, solo a Dera’a, nei cinque giorni che hanno preceduto l’attacco alla moschea di Omar, sarebbero state arrestate circa 300 persone.