Tunisia, l’appello a rispettare i diritti umani dopo la sospensione del parlamento

27 Luglio 2021

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Amnesty International ha sollecitato il presidente della Tunisia Kais Saied a impegnarsi pubblicamente a rispettare e proteggere i diritti umani, tra cui quelli alla libertà d’espressione, di associazione e di manifestazione pacifica, dopo che egli il 25 luglio ha sospeso il parlamento e ha assunto alcuni poteri giudiziari.

I timori che i diritti umani siano in pericolo sono aumentati dopo l’allarmante raid, compiuto il 26 luglio da una ventina di uomini dotati di armi pesanti, contro gli uffici dell’emittente televisiva al-Jazeera di Tunisi, e le minacce del presidente di ricorrere al pugno di ferro contro “coloro che minacciano la sicurezza nazionale”.

“Le libertà e i progressi nel campo dei diritti umani, conquistati a fatica dopo la rivolta del 2011, sono a rischio, soprattutto in assenza di una Corte costituzionale che possa proteggere i diritti dei cittadini. Il presidente Kais Saied deve assicurare che ogni azione che egli ordini sia strettamente in linea con gli obblighi di diritto internazionale della Tunisia e, in particolare, che non vi siano purghe politiche”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Nel discorso televisivo andato in onda il 25 luglio dopo una giornata di proteste, il presidente Kais Saied – che presiede anche le forze armate – ha annunciato la sospensione temporanea per 30 giorni del parlamento e l’annullamento dell’immunità per i parlamentari e ha poi dichiarato che avrebbe presieduto personalmente ai procedimenti giudiziari nei confronti dei parlamentari. Al termine del suo discorso, le forze armate hanno bloccato l’accesso al parlamento.

Sempre nel suo discorso, il presidente tunisino ha avvisato che “chiunque avesse sparato un solo proiettile contro le forze di sicurezza” avrebbe ricevuto in cambio “una grandinata di proiettili”. Le forze di sicurezza vantano una preoccupante tradizione di uso non necessario ed eccessivo della forza, di cui assai raramente vengono chiamati a rispondere.

Il presidente Kais Saied ha fatto dimettere il primo ministro Hichem Mechichi, sotto il cui governo la situazione dei diritti umani si era profondamente deteriorata. Nel gennaio 2021 le forze di sicurezza avevano disperso violentemente le manifestazioni, arrestando migliaia di giovani e rendendosi anche responsabili di torture. Il governo di Mechichi aveva anche preso di mira attivisti e difensori dei diritti umani che avevano partecipato alle proteste o avevano espresso opinioni critiche.

Tra i motivi che hanno spinto tantissime persone a protestare contro il governo il 25 luglio, vi sono l’inefficace risposta alla pandemia da Covid-19 e la cattiva gestione della campagna vaccinale, che hanno fatto della Tunisia il secondo paese al mondo per numero di morti da coronavirus per milione di abitanti.

Il presidente tunisino ha invocato l’articolo 80 della Costituzione del 2014 che, secondo alcune interpretazioni, gli conferirebbe il diritto di adottare misure eccezionali nel caso di “una imminente minaccia contro la sicurezza e l’indipendenza del paese”. L’articolo prosegue, tuttavia, chiedendo al presidente di assicurare che dette misure “garantiranno appena possibile il ripristino del normale funzionamento delle istituzioni e dei servizi statali” e dà per scontato che esista una Corte costituzionale per proteggere i diritti umani, che tuttavia da sette anni i frastagliati parlamenti tunisini non riescono a eleggere.

La Tunisia è in una situazione di stallo politico dopo le elezioni parlamentari e presidenziali celebrate alla fine del 2019, le seconde dopo la rivolta del 2011. Le elezioni hanno portato alla presidenza della repubblica Kais Saied e alla costituzione di un parlamento diviso in cui nessuna forza politica ha ottenuto più del 25 per cento dei seggi. Da allora sono stati nominati tre primi ministri e sono sorti dissapori tra la presidenza della repubblica e quella del governo che, in base alla Costituzione del 2014, esercitano congiuntamente il potere esecutivo.