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L’8 marzo, a sei anni dal loro arresto, l’ex presidente e l’ex direttrice di Amnesty International Turchia torneranno a processo insieme ad altri due difensori dei diritti umani per assurde accuse di terrorismo, dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato le precedenti condanne.
Amnesty International continua a chiedere che Taner Kılıç, İdil Eser, Özlem Dalkıran and Günal Kurşun siano definitivamente assolti.
“Il tribunale ha la possibilità di porre fine a questa persecuzione per motivi politici. Il processo ha rovinato la vita di questi quattro difensori dei diritti umani e ha evidenziato la pericolosa natura del sistema giudiziario turco. Dopo quasi sei anni e senza uno straccio di prova presentato a sostegno delle assurde accuse nei loro confronti, è tempo di porre termine a questa farsa kafkiana”, ha dichiarato Nils Muižnieks, direttore di Amnesty International per l’Europa.
Taner Kılıç, arrestato nel giugno 2017, era rimasto in carcere 14 mesi. Nel giugno 2020 era stato condannato a sei anni e tre mesi per appartenenza a una “organizzazione terrorista”.
İdil Eser, Özlem Dalkıran e Günal Kurşun avevano trascorso oltre tre mesi in carcere, sempre nel 2017, per poi essere condannati a 25 mesi per “assistenza a un’organizzazione terrorista”.
Nel novembre 2022, la Corte di cassazione ha annullato le condanne: quella di Taner Kılıç in quanto l’indagine era risultata “incompleta”, le altre tre per “mancanza di prove”.
Lo scorso anno la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che i diritti di Taner Kılıç alla libertà e alla sicurezza e il suo diritto alla libertà d’espressione erano stati violati durante il periodo di detenzione preventiva. Le autorità turche, secondo la Corte, non avevano “alcun ragionevole sospetto che Taner Kılıç avesse commesso un reato” per privarlo della sua libertà e uno dei tre giudici aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato per mancanza di prove da parte della pubblica accusa.
“Nel corso di 12 udienze del processo, ogni accusa nei confronti dei quattro difensori dei diritti umani si è rivelata ripetutamente e complessivamente priva di prove, anche negli stessi rapporti di polizia. Questi procedimenti giudiziari mostrano come i tribunali turchi siano diventati un’arma per ridurre al silenzio le voci critiche, nel contesto di una più ampia repressione dei diritti e delle libertà”, ha concluso Mužnieks.