Covid-19 in Africa meridionale: milioni di persone alla fame in seguito al lockdown

21 Aprile 2020

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I governi devono attuare con urgenza misure di protezione sociale in sostegno del diritto all’alimentazione per milioni di persone che, in tutta l’Africa meridionale, sono alla fame per i lockdown imposti per il contenimento della pandemia da Covid-19.

Le misure per affrontare l’insicurezza alimentare potrebbero comprendere sussidi per prodotti alimentari per gli indigenti e una distribuzione diretta di cibo per coloro che non sono in grado di provvedere a sé stessi.

Dati i livelli di disuguaglianza e disoccupazione in Africa Meridionale, la maggior parte delle persone vive alla giornata e non può permettersi di restare in lockdown per una settimana, figuriamoci per un mese, perché non ha risorse economiche messe da parte“, ha dichiarato Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale.

Senza il sostegno del governo, il lockdown potrebbe diventare una questione di vita o di morte per chi vive in condizioni di povertà. Attualmente, molti si trovano costretti a scegliere tra il rispetto delle misure di lockdown e patire la fame, oppure uscire per avere accesso al cibo e per questo motivo essere sanzionati“, ha proseguito Deprose Muchena.

La vasta maggioranza delle persone nella regione per vivere lavora nell’economia informale. Con le attuali misure di lockdown venditori ambulanti e manovali sono considerati impiegati non essenziali e sono pertanto molte le persone che non possono lavorare e guadagnare denaro per acquistare da mangiare.

Sebbene le regole del lockdown permettano di recarsi al supermercato perché il cibo viene considerato “bene essenziale“, chi viene trovato per strada nel tentativo di acquistare cibo comprandolo o facendo traffici è spesso criminalizzato e a volte vittima di attacchi da parte delle forze di sicurezza.

Uso illegale della forza

In tutta la regione, forze di polizia e soldati sono stati impiegati nelle strade per controllare i movimenti delle persone e assicurare che siano rispettate le misure di lockdown. Tuttavia, le forze di sicurezza stanno facendo ricorso a un uso sproporzionato della forza, con pestaggi e altre forme di umiliazione pubblica come ad esempio costringere le persone a strisciare per terra. In alcune occasioni, la polizia è accusata di aver fatto irruzione nelle abitazioni e averne aggredito i residenti.

In Zambia, la polizia è stata vista aggredire le persone per strada, anche nei pub, in maniera indiscriminata dopo che erano state trovate in pubblico. Esther Katongo, portavoce nazionale della polizia, ha in seguito detto in un’intervista alla televisione nazionale che la polizia del paese aveva adottato una strategia per “colpire” e “fermare” chiunque fosse stato trovato in strada. “Vi colpiremo, vi picchieremo, poi vi arresteremo. Se scapperete, sarete fortunati“.

In Zimbabwe, funzionari della polizia hanno fatto irruzione nel mercato ortofrutticolo di Sakubva a Mutare all’alba del 3 aprile, provocando la fuga di oltre 300 venditori che hanno abbandonato i loro prodotti. La polizia ha condotto l’incursione, nonostante il settore agricolo sia stato classificato come servizio essenziale durante il lockdown di 21 giorni e il mercato potesse dunque rimanere aperto. In seguito, la polizia ha bruciato i prodotti agricoli e i venditori ancora non sono stati risarciti per la perdita. Secondo il Programma alimentare mondiale, prima della pandemia erano circa 4,3 milioni le persone con un bisogno urgente di aiuti alimentari nel paese.

In Mozambico, l’emittente televisiva locale Stv ha riferito di episodi in cui agenti di polizia avrebbero sfruttato lo stato di emergenza per rubare le merci nei chioschi, anche a esercizi chiusi. Un commerciante informale ha detto: “Stiamo morendo di fame [perché non possiamo lavorare]. È intollerabile. Non ce la faccio più. A chi spetta risolvere questo problema?

In Angola, sono stati riferiti numerosi episodi di violenza da parte della polizia da quando, il 27 marzo, le forze di sicurezza sono state impiegate nelle strade per assicurare il rispetto delle misure contro il Covid-19. Sette uomini sono stati arrestati mentre si recavano ad acquistare prodotti alimentari al mercato di Cabinda il 4 aprile. Gli uomini sono stati tutti rilasciati fra il 5 e il 7 aprile.

Una minaccia per i mezzi di sostentamento

I mezzi di comunicazione di diversi paesi dell’Africa meridionale hanno sottolineato i problemi che le misure di lockdown, in assenza di un sostegno adeguato da parte del governo, hanno creato per coloro che vivono in povertà. Sono soprattutto donne, bambini e altri gruppi vulnerabili come le persone con disabilità a subire un forte impatto.

Ad Alexandra, township a nord di Johannesburg, i residenti sono scesi in strada il 14 aprile e, dichiarando di essere affamati, si sono messi in fila in strada dopo che era stato loro promesso del cibo da parte di alcune organizzazioni non governative. Alcuni dei residenti hanno detto alla eNCA, emittente televisiva locale, che hanno più paura di morire di fame che di Covid-19: “Vogliamo il cibo. Non andiamo da nessuna parte. Resteremo qui fino a mezzogiorno. Può esserci il coronavirus, non ci interessa“.

Una donna ha dichiarato: “Vogliamo mangiare. Siamo affamati. Il [lockdown] per il coronavirus deve essere sospeso. Vogliamo tornare a lavorare. Vendiamo pomodori e patate (in strada), adesso non possiamo vendere e non riusciamo a guadagnarci da viver“.

In Madagascar, uno dei paesi più poveri del mondo, ci sono crescenti preoccupazioni in merito all’accesso al cibo. C’è stato un netto aumento del prezzo dei prodotti alimentari di base in seguito al lockdown. Ci sono anche timori di crescenti tensioni nelle strade con persone che diventano sempre più preoccupate per il loro sostentamento: ad esempio, alcuni operatori di risciò hanno protestato contro il lockdown nella città nordorientale di Tamatave provocando scontri con la polizia. Sostengono di non poter rispettare il lockdown perché vivono delle loro paghe giornaliere.

Secondo la stampa, in Botswana i lavoratori del settore informale e le piccole imprese stanno affrontando conseguenze economiche disastrose considerando che il lockdown significa non poter più guadagnarsi da vivere per autisti di bus, per gli addetti al lavaggio delle auto, per i venditori ambulanti. Il 20 per cento circa delle persone è disoccupato e, senza protezione sociale di prima necessità, si trova a combattere per l’accesso al cibo e ad altri servizi essenziali.

Le misure di lockdown in atto in tutta la regione al fine di ridurre le conseguenze catastrofiche del Covid-19 devono essere accompagnate da misure di protezione sociale per chi vive in condizioni di indigenza e per chi è disoccupato, allo scopo di mitigare l’impatto di lockdown e fame insieme. I governi non possono criminalizzare le persone che lasciano le proprie abitazioni per cercare cibo o perché hanno bisogno di lavorare per provvedere al proprio sostentamento“, ha commentato Deprose Muchena.

I governi devono garantire che nessuno si trovi ad affrontare la fame ed è necessario che siano attuate misure di protezione sociale a sostegno dei diritti umani. È necessario che nessuno sia dimenticato“, ha concluso Deprose Muchena.

I governi devono valutare la propria capacità di proteggere salute, mezzi di sostentamento e diritti umani delle persone. Inoltre, devono richiedere assistenza dalla comunità internazionale nel caso non riescano a garantire le protezioni necessarie.