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Amnesty International ha giudicato insufficiente la moratoria sulle esecuzioni, dichiarata dal presidente del Gambia Yahya Jammeh la sera del 14 settembre.
Dopo che il 23 agosto otto uomini e una donna erano stati fucilati in quelle che erano state le prime esecuzioni dal 1985, il presidente Jammeh aveva annunciato che le restanti condanne a morte, almeno 38, sarebbero state eseguite intorno alla metà di settembre.
Secondo quanto dichiarato il 14 settembre, la vita dei 38 prigionieri nei bracci della morte dipenderà dall’andamento della criminalità: ‘Se la violenza diminuirà, la moratoria sarà a tempo indeterminato; se aumenterà, verrà annullata automaticamente’.
‘Far dipendere la vita e la morte di una persona da fatti che non ha alcun potere di determinare è una scelta arbitraria. La pena di morte non ha mai dimostrato di avere un effetto deterrente più efficace rispetto ad altre sanzioni‘ – ha dichiarato Lisa Sherman-Nikolaus, ricercatrice di Amnesty International sul Gambia.
‘Oltretutto, il sistema giudiziario gambiano è profondamente fallace e non è in grado di garantire processi equi‘ – ha aggiunto Sherman-Nikolaus.
Almeno due dei nove prigionieri messi a morte il 23 agosto non avevano avuto la possibilità di ricorrere in appello contro la condanna, in violazione della stessa Costituzione del Gambia. Le nove famiglie non sono state preavvisate delle esecuzioni né hanno avuto indietro i corpi dei loro congiunti; tuttora non è noto dove siano stati sepolti.