I Rohingya bloccati nell’oceano indiano devono essere immediatamente soccorsi e fatti sbarcare in un luogo sicuro

23 Febbraio 2021

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Commentando la notizia secondo la quale un gruppo di rifugiati rohingya e almeno tre cittadini bengalesi sono bloccati su un’imbarcazione nel mar delle Andamane e hanno urgente bisogno di essere salvati e fatti sbarcare, Saad Hammadi, campaigner di Amnesty International per l’Asia meridionale, ha dichiarato:

Invece di scaricare la responsabilità su altri stati, i governi nella regione devono mettere immediatamente in atto un’operazione di ricerca e soccorso per portare aiuto alle persone bloccate a bordo della nave, che hanno un disperato bisogno di cibo, acqua e un luogo sicuro per sbarcare senza subire discriminazioni”.

Sono già troppe le persone che hanno perso la vita in mare perché gli stati hanno rifiutato di prestare assistenza ai rohingya sulle imbarcazioni. Dobbiamo evitare che quei vergognosi avvenimenti si ripetano anche in questo caso”.

Dopo anni di limbo in Bangladesh e il recente colpo di stato in Myanmar, la popolazione rohingya sente di non avere altra scelta se non di intraprendere questi pericolosi viaggi. Con una nuova ‘stagione di navigazioni’ già in corso, altre migliaia di persone potrebbero ancora imbarcarsi. I governi regionali devono rispettare i propri obblighi internazionali in materia di salvataggio e sbarco di persone a rischio in mare”.

Ulteriori informazioni

Si ritiene che siano fino a 100 le persone bloccate sull’imbarcazione, partita da Cox’s Bazar e Teknaf in Bangladesh circa 10 giorni fa. L’ultima posizione segnalata dell’imbarcazione è nei pressi delle acque territoriali indiane.

È stata lanciata una richiesta di soccorso nella notte del 20 febbraio, con notizie non confermate di numerosi decessi e molte altre persone in pessime condizioni a causa della mancanza di cibo e acqua a bordo.

Secondo l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, lo scorso anno, circa 2400 rohingya hanno intrapreso dei pericolosi viaggi in mare e 200 di loro sono morti o scomparsi nello stesso periodo.

I sopravvissuti si trovavano in condizioni di grave malnutrizione e disidratazione. Amnesty International ha ricordato ripetutamente ai governi regionali i loro obblighi specifici previsti dal diritto del mare, validi per tutti indipendentemente dalla nazionalità o dallo status del migrante trovato o intercettato in mare.

I governi hanno assunto degli impegni nel rispetto delle dichiarazioni regionali, tra cui la Dichiarazione dell’Asean del 2010 sulle operazioni di salvataggio e soccorso in mare, la Dichiarazione di Bali del 2016, e l’esito dell’incontro di febbraio 2020 della task force sul processo di Bali, che “ha sottolineato che è prioritario salvare vite in mare e non mettere in pericolo la vita e la sicurezza delle persone nella gestione dell’immigrazione marittima irregolare”.