Morte di Mubarak: “Lascia un’eredità di torture e detenzioni arbitrarie di massa”

25 Febbraio 2020

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La morte dell’ex presidente Hosni Mubarak priva gli egiziani della possibilità di ottenere giustizia per la sequela di violazioni dei diritti umani commesse nel corso di 30 anni, tra cui la morte di centinaia di manifestanti nelle proteste del 2011 che posero fine alla sua presidenza.

Mubarak, morto il 25 febbraio al Cairo all’età di 91 anni, era stato inizialmente condannato all’ergastolo nel 2012 per non aver evitato che i manifestanti della rivolta dell’anno prima fossero feriti e uccisi. Avevamo apprezzato la sentenza, definendola “una svolta importante” verso la fine dell’impunità. Ma in seguito la sentenza era stata annullata e nel marzo 2017 Mubarak era tornato in libertà.

L’architrave delle politiche del regime di Mubarak, torture e detenzioni arbitrarie di massa, restano una realtà quotidiana nell’Egitto odierno. Mubarak non è mai stato chiamato a rispondere della sequela di violazioni dei diritti umani commesse sotto la sua supervisione“, ha dichiarato in una nota ufficiale Philip Luther, direttore delle ricerche di Amnesty International sul Medio Oriente e l’Africa del Nord.

L’eredità di Mubarak vive attraverso gli strumenti di repressione da lui creati, in particolare i servizi di sicurezza che continuano, privi di controllo, a mantenere l’Egitto sotto un pugno di ferro, a nove anni dalla fine del suo potere“, ha proseguito Luther.

Durante i 18 giorni di proteste che misero fine alla presidenza di Mubarak vennero uccise 840 persone e altre 6000 rimasero ferite. Oltre a loro e alle loro famiglie, innumerevoli vittime di arresti arbitrari e torture durante il suo trentennio non hanno ancora visto la minima sembianza della verità, della giustizia o della riparazione.

Nonostante la lunga serie di addebiti a suo carico – omicidio, tentato omicidio, corruzione e speculazione – l’unico reato per cui Mubarak è stato condannato in via definita è stato l’appropriazione di fondi pubblici. La condanna, a tre anni di carcere, l’ha scontata in larga parte in un ospedale militare a causa dei suoi problemi di salute.

Divenuto presidente dopo l’assassinio del suo predecessore, Anwar el-Sadat, nel 1981, Mubarak impose immediatamente lo stato d’emergenza che diede ampi poteri alle forze di sicurezza e limitò le libertà di stampa, di espressione e di manifestazione. Rimase in vigore fino alla fine della sua presidenza per essere poi ripristinato nell’aprile 2017.

Lo stato d’emergenza diede vita a un sistema giudiziario parallelo che aggirò quello ordinario e le pur limitate garanzie che prevedeva. Così, decine di migliaia di persone finirono in carcere, senza accusa né processo e spesso in condizioni agghiaccianti. Le autorità ora al potere in Egitto hanno ricreato quel sistema attraverso le leggi antiterrorismo.

Durante la sua presidenza, Mubarak s’impegnò a promuovere il suo ruolo di comandante dell’aeronautica durante la guerra del 1973 con Israele per ottenere una legittimazione popolare. Questo però non convinse le disilluse nuove generazioni, sempre più infuriate per le massicce violazioni dei diritti umani e la mancanza di opportunità economiche.

Furono questi i motivi per cui si sviluppò una forte opposizione alla presidenza e alle politiche di Mubarak, che si manifestò in pieno nelle manifestazioni di massa del 2011, convocate per chiedere riforme e giustizia sociale.

I 30 anni di potere di Mubarak terminarono nel giro di 18 giorni, segnati da violenze e repressione anche attraverso l’uso di gas lacrimogeni e proiettili veri.

Fu sotto Mubarak che venne creata la famigerata Agenzia delle indagini per la sicurezza dello stato, che nel periodo di massima espansione poté contare su 100.000 funzionari e fu responsabile di centinaia di casi di tortura, arresti arbitrari e detenzioni.

Quell’organismo, formalmente sciolto nel 2011, è stato ricostituito con la nuova denominazione di Agenzia per la sicurezza nazionale (National security agency, Nsa) che ha applicato gli stessi metodi di tortura del passato e ha goduto della medesima impunità.

Mubarak rafforzò quello ‘stato profondo’ che, a sua volta, rese le forze di sicurezza incontrollabili e intoccabili. Mai sono state chiamate a rispondere delle gravi violazioni dei diritti umani commesse sotto Mubarak e dopo. Ancora oggi continuano ad agire come se fossero superiori alla legge“, ha commentato Luther.

L’Egitto di oggi è governato da un presidente proveniente dalle forze armate, sotto la cui supervisione si è sviluppata una crisi dei diritti umani senza precedenti, in cui le violazioni dei diritti umani sono sistematiche e, per molti versi, persino maggiori che in passato.

Gli arresti arbitrari di massa senza processo e le torture sistematiche restano oggi una realtà per molti egiziani e per le loro famiglie, un drammatico segnale che l’impunità per le vicende del passato perpetra nel presente l’ingiustizia e ulteriori violazioni dei diritti umani.