Quarantene in mare per i migranti, una prassi inutile e crudele

25 Maggio 2020

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Con il pretesto della risposta alla pandemia di Covid-19, le autorità maltesi stanno trattenendo da settimane circa 160 persone su due navi private utilizzate per il turismo costiero al largo delle acque territoriali.

Un primo gruppo di 57 uomini, salvati il 29 aprile da un peschereccio, era stato trasferito il giorno seguente sulla Europa II. Altri due gruppi, rispettivamente di 45 e 78 persone, erano stati salvati il 7 maggio da un motoscafo delle forze armate di Malta e da un peschereccio: mentre le famiglie, tra cui 18 donne e bambini, sono state autorizzate a sbarcare a Malta, le restanti 105 persone sono state trasferite prima sul traghetto Bahari e poi, il 15 maggio, sul traghetto Atlantis, imbarcazioni da diporto inadatte a lunghi soggiorni.

I rapporti delle organizzazioni non governative indicano che la situazione delle persone a bordo è inadeguata, con sintomi in crescita di depressione e ansia, mentre sono circolate notizie di uno sciopero della fame e tentativi di suicidio.

Le persone a bordo non hanno accesso al mondo esterno, agli avvocati o a medici di loro scelta, e nemmeno a Unhcr è stato concesso di salire. Ciò rende impossibile avere informazioni precise sul loro numero e identità.

Le autorità maltesi dovrebbe porre fine alla loro detenzione arbitraria facendoli sbarcare immediatamente a Malta e garantendo che possano presentare domanda di asilo e accedere a un’accoglienza adeguata.

La situazione nel Mediterraneo centrale rimane critica, con situazioni di quarantena simili a quelle appena descritte operate anche dall’Italia. Come rilevato dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale “La realizzazione delle misure di quarantena in luoghi straordinari ed eccezionali non può comportare una situazione di ‘limbo’: le persone migranti sono sotto la giurisdizione dello Stato Italiano ai fini delle misure sanitarie loro imposte, ma al contempo non hanno la possibilità – e per un periodo di tempo non indifferente – di esercitare i diritti che il nostro Paese riconosce e tutela. Non possono chiedere asilo, non sono di fatto – e quanto meno temporaneamente – tutelati in quanto vittime di tratta o minori stranieri non accompagnati, Né possono tempestivamente accedere alle procedure per il ricongiungimento familiare ai sensi del Regolamento Dublino”.

Niente può giustificare la detenzione di persone per settimane senza base giuridica e in condizioni inadeguate. La necessità di evitare la diffusione del Covid-19 non può essere usata come scusa strumentale per imporre misure non necessarie, disumane e discriminatorie contro persone traumatizzate.