Rapporto 2021 – 2022

Europa e Asia centrale

Photo by OKSANA MANCHUK/BELTA/AFP via Getty Images

PANORAMICA REGIONALE SU EUROPA E ASIA CENTRALE

Nel 2021, in Europa e Asia Centrale si è fatto strada l’autoritarismo. Un certo numero di stati ha mostrato disprezzo per i diritti umani con una sfrontatezza senza precedenti, che ha minacciato di rendere gli impegni sui diritti umani lettera morta e di trasformare le organizzazioni regionali in forum privi di senso, dediti a un “dialogo” vuoto. In alcuni paesi, tali tendenze sono state evidenziate dal continuo abuso di potere dello stato e dall’erosione dell’in dipendenza della magistratura, dalla repressione delle libertà e dal bavaglio messo alle voci dissenzienti.

I difensori dei diritti umani in tutta la regione hanno dovuto affrontare limitazioni, procedimenti giudiziari ingiusti e intimidazioni. In tutta la regione, le narrazioni xenofobe sulla migrazione hanno permeato l’opinione pubblica, mentre le politiche si sono ulteriormente irrigidite. La fortificazione delle frontiere esterne dell’Ue è proseguita a ritmo sostenuto e molti paesi hanno comunicato apertamente il numero di respingimenti illegali avvenuti alle loro frontiere. “Respingimento” è un termine anodino per descrivere pratiche spesso orribilmente violente. Una decina di paesi membri ha chiesto all’organo esecutivo dell’Ue di annacquare le regole di protezione dei rifugiati.

Il razzismo contro le persone nere, musulmane, rom ed ebree è aumentato. Molti paesi hanno assistito a reazioni negative contro le proteste di Black Lives Matter del 2020, la paura della migrazione ha rafforzato i pregiudizi contro i musulmani e i rom hanno affrontato un’ulteriore esclusione sociale nel contesto della pandemia da Covid-19, mentre le persone ebree hanno subìto sempre più attacchi verbali e fisici. È stato difficile non percepire il razzismo dei paesi europei nei confronti del resto del mondo nelle politiche sui vaccini e sul clima. Al contrario, all’interno dell’Europa le percentuali di vaccinazione sono state relativamente alte, anche se in alcuni paesi dell’Europa orientale e dell’Asia Centrale i numeri sono rimasti ostinatamente bassi.

Spesso il razzismo è andato di pari passo con sessismo e omofobia. Se alcuni paesi hanno registrato progressi per i diritti delle donne, molti hanno continuato ad arretrare. La svolta autoritaria è stata segnata anche da iniziative legislative che hanno disapprovato e limitato i diritti delle persone Lgbti. In alcuni paesi, le ricadute autoritarie, unite all’impatto del Covid-19 e alla presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan, può aver riportato i diritti delle donne e delle persone Lgbti indietro di decenni.

L’arretramento all’interno si è accompagnato a relazioni internazionali più aggressive. Gli strascichi del conflitto tra Armenia e Azerbaigian hanno continuato a mietere vittime. A fine anno, la Russia aveva raggruppato le truppe al confine con l’Ucraina; la guerra nel continente europeo sembrava sempre più una possibilità concreta.

 

ABUSO DI POTERE STATALE

Il trend autoritario si è caratterizzato anche per l’abuso di potere statale e il disprezzo per i tradizionali pesi e contrappesi. In Russia, Aleksej Naval’nyi, principale politico dell’opposizione, è stato condannato a una lunga pena detentiva per accuse politicamente motivate e la Russia ha ignorato gli ordini della Corte europea dei diritti umani che ne chiedevano la liberazione. In Bielorussia, il governo ha usato una falsa minaccia di bomba per deviare un aereo civile, in modo da poter arrestare il giornalista in esilio Raman Pratasevich, che era a bordo del velivolo.

Un certo numero di governi ha continuato a oltrepassare i limiti dell’azione legittima sotto la cortina fumogena del Covid-19, delle “crisi” migratorie e della lotta al terrorismo/estremismo. Così, Lettonia, Lituania e Polonia hanno dichiarato stati d’emergenza che non rispettavano gli standard internazionali e hanno gravemente limitato il lavoro dei media e delle Ong alle frontiere.

I governi hanno utilizzato mezzi tecnici sempre più sofisticati contro chi li criticava. Il Pegasus Project ha rivelato che Azerbaigian, Kazakistan, Polonia e Ungheria hanno utilizzato lo spyware Pegasus della società di sorveglianza Nso Group contro difensori dei diritti umani, giornalisti e altri, mentre il governo tedesco ha ammesso di aver acquistato la tecnologia. Migliaia di file sono trapelati, rivelando la diffusa sorveglianza che i servizi statali di sicurezza della Georgia avevano messo in atto nei confronti di giornalisti, attivisti civili, politici, ecclesiastici e diplomatici.

Per alcuni è arrivata la resa dei conti per le pratiche del passato. Nella Macedonia del Nord, l’ex capo della polizia segreta e altri sono stati condannati per intercettazioni illegali. La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che i poteri di intercettazione di massa delle comunicazioni del Regno Unito non prevedevano garanzie contro gli abusi. Allo stesso tempo, la Svizzera ha approvato con un referendum una nuova legge antiterrorismo che conferiva alla polizia poteri di vasta portata. Il ritiro dall’Afghanistan non ha comportato alcun ripensamento sull’abuso del potere statale nella sorveglianza o su altri abusi nella lotta al terrorismo.

Erosione dell’indipendenza della magistratura
Una caratteristica chiave dell’abuso di potere statale è stata l’erosione dell’indipendenza della magistratura. La Polonia ha continuato a sfidare i tentativi delle organizzazioni europee di fermare la distruzione dell’indipendenza della magistratura del paese, costringendo l’Ue a confrontarsi con la sua più grande crisi dello stato di diritto fino a oggi. Con una serie di sentenze, la Corte europea dei diritti umani e la Corte di giustizia dell’Ue hanno stabilito che le modifiche in ambito giuridico della Polonia non soddisfacevano i requisiti di equità processuale. In risposta, la Corte costituzionale polacca ha stabilito che il diritto interno aveva il primato sul diritto dell’Ue e che il diritto a un processo equo ai sensi della Convenzione europea era incompatibile con la costituzione polacca, inducendo il Segretario generale del Consiglio d’Europa ad avviare una rara inchiesta.

La situazione è stata peggiore in Bielorussia, dove le autorità hanno utilizzato il sistema giudiziario come arma per punire le vittime di tortura e i testimoni di violazioni dei diritti umani. In Georgia, l’arresto e il trattamento degradante durante la detenzione di importanti leader dell’opposizione, tra cui l’ex presidente Mikheil Saakashvili, hanno sollevato preoccupazioni sull’indipendenza della magistratura. Organizzazioni multilaterali hanno osservato che la nuova costituzione in Kirghizistan potrebbe violare l’indipendenza della magistratura.

La Turchia ha adottato solo misure di facciata sulla magistratura, ma non è riuscita ad affrontare i profondi vizi del sistema. Ha resistito alle pressioni per attuare sentenze chiave della corte europea dei diritti umani e, a fine anno, ha ricevuto la notifica di una procedura d’infrazione raramente utilizzata.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, RIUNIONE E ASSOCIAZIONE

Libertà d’espressione

Molti governi hanno cercato di mettere a tacere le critiche, di imbavagliare le organizzazioni della società civile che potevano aggregare le rimostranze e di scoraggiare le proteste per le strade. In alcuni paesi, i principali pericoli per la libertà dei media sono state le campagne diffamatorie, le molestie online nei confronti dei giornalisti, in particolare se donne, e le minacce. In Bosnia ed Erzegovina, i giornalisti hanno subìto quasi 300 cause per diffamazione, per lo più da parte di politici, mentre in Croazia sono state superate le 900 cause. In Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovenia, le autorità hanno invaso il campo degli organi d’informazione del servizio pubblico.

In Polonia, gli attivisti per i diritti delle donne e delle persone Lgbti hanno continuato a subire molestie e criminalizzazione. In Romania, i giornalisti che indagavano sulla corruzione sono stati interrogati dalle forze di sicurezza, semplicemente per la loro attività giornalistica. In Kosovo, una compagnia energetica austriaca ha ritirato le azioni legali intimidatorie avviate contro gli attivisti ambientali che avevano denunciato apertamente gli effetti della costruzione di centrali idroelettriche sui fiumi del paese. Più a est, numerosi attivisti della società civile e giornalisti che avevano cercato di esprimere opinioni dissenzienti sono stati perseguiti penalmente per attività legittime e anche l’insulto a personaggi pubblici è stato punito in più paesi. Il Kazakistan e la Russia hanno intensificato il ricorso a leggi contro  l’estremismo per reprimere il dissenso.

In Bielorussia, le autorità hanno continuato a imprigionare attivisti e giornalisti, eliminando ogni traccia d’espressione indipendente e di dissenso pacifico. Ripetute segnalazioni hanno suggerito che le autorità bielorusse perseguissero voci dissenzienti in esilio: le prove fanno ritenere che abbiano pianificato l’omicidio del giornalista Pavlo Šeremet, mentre l’esule bielorusso Vital’ Šyšoŭ è stato trovato impiccato in un parco nella capitale ucraina, dopo che aveva denunciato di essere stato minacciato dai servizi di sicurezza bielorussi. Alcuni utenti di Internet turkmeni hanno riferito di essere stati costretti a giurare sul Corano che non avrebbero usato reti private virtuali per accedere alla rete.

Libertà di riunione

Molti paesi hanno promulgato o mantenuto restrizioni sproporzionate sulle riunioni pacifiche, mentre la polizia ha spesso fatto un uso illegale della forza o ha messo in atto controlli discriminatori verso i manifestanti. La Grecia ha continuato a usare la pandemia come cortina fumogena per limitare indebitamente il diritto alla libertà di riunione pacifica, anche introducendo un terzo divieto generale di assemblee pubbliche all’aperto e disperdendo diverse manifestazioni pacifiche. Anche Cipro ha mantenuto un divieto generale. Le autorità turche hanno continuato a limitare arbitrariamente la libertà di riunione pacifica, detenendo in modo arbitrario centinaia di persone, sottoponendole all’uso illegale della forza e perseguendole semplicemente per aver esercitato i propri diritti.

In Bielorussia, il diritto alla protesta pacifica ha cessato di esistere a tutti gli effetti e migliaia di persone sono fuggite dal paese per timore di ritorsioni. In Russia, anche singole persone che tenevano picchetti sono state sistematicamente perseguite e a Mosca sembrerebbe essere stato utilizzato il riconoscimento facciale per identificare e punire manifestanti pacifici. In Kazakistan, la legislazione restrittiva ha portato a frequenti rigetti delle richieste di tenere manifestazioni pacifiche.

In Serbia non ci sono stati progressi sulle denunce penali di 40 persone ferite dalla polizia durante una manifestazione nel 2020. Nel Regno Unito, i pubblici ministeri hanno deciso di non perseguire i manifestanti di Black Lives Matter, mentre in Irlanda del Nord la polizia ha preso provvedimenti per rimborsare le multe comminate a 72 manifestanti. Tuttavia, un controverso progetto di legge sulla polizia prevedeva di espandere drasticamente i poteri della polizia per limitare indebitamente le proteste e prevedeva sanzioni draconiane in caso di violazioni.

Alla fine del 2021, le restrizioni legate al Covid-19 hanno scatenato grandi proteste in Austria, Belgio, Croazia, Italia e Paesi Bassi. Alcune manifestazioni sono state segnate da violenze e hanno portato a decine di arresti e feriti tra manifestanti e agenti.

Libertà di associazione

La libertà di associazione ha continuato a essere minacciata in tutta la regione. In Ungheria è stata abrogata una legge che imponeva restrizioni arbitrarie alle Ong, ma la legislazione sostitutiva ha sollevato nuove preoccupazioni e la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che un’altra norma di legge, che criminalizza l’assistenza ai migranti, violava il diritto comunitario. In Grecia sono rimaste in vigore norme restrittive sulla registrazione delle Ong che operavano con migranti e rifugiati. Le autorità turche hanno utilizzato le raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria internazionale come cortina fumogena per nuove leggi che facilitano le vessazioni nei confronti delle Ong.

Nell’est, le autorità hanno collegato sempre più le attività della società civile alle attività politiche e hanno reso punibile con la reclusione la violazione delle restrittive norme sulla libertà di associazione. La Russia ha  sistematicamente impiegato le leggi sugli “agenti stranieri” e sulle “organizzazioni indesiderate” per paralizzare o vietare un gran numero di organizzazioni della società civile e dei media e ha liquidato Memorial, una delle organizzazioni per i diritti umani più rispettate del paese, presumibilmente a causa di violazioni della legge sugli “agenti stranieri”.

A fine anno, in Bielorussia, oltre 270 organizzazioni della società civile erano state sciolte arbitrariamente o erano state chiuse con la forza. In un’intervista alla Bbc, Aljaksandr Lukašėnka ha confuso le Ong con l’opposizione politica e ha promesso di “massacrare tutta la feccia che voi [l’Occidente] avete finanziato”. In Uzbekistan, la violazione delle restrittive norme sulla “formazione illegale di un’associazione pubblica o di un’organizzazione religiosa” è rimasta punibile con la reclusione.

 

DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI

Gli stati hanno continuato a violare il loro obbligo di garantire un ambiente sicuro e favorevole per i difensori dei diritti umani. I difensori delle persone in movimento hanno subìto restrizioni amministrative, procedimenti penali e vessazioni da parte della polizia. I difensori dei diritti delle donne e delle persone Lgbti hanno subìto vessazioni, procedimenti giudiziari ingiusti, minacce e campagne diffamatorie.

I difensori dei diritti dei migranti hanno continuato a essere criminalizzati, anche a Cipro, in Francia, Grecia, Italia e a Malta. Sono proseguite le cause giudiziarie contro singoli e Ong in Italia e in Grecia. Il 2021 ha visto anche l’assoluzione di alcuni difensori dei diritti dei migranti, ad esempio nel caso Stansted nel Regno Unito.

Le autorità polacche si sono appellate contro l’assoluzione di tre difensore accusate di “aver offeso le credenze religiose” per manifesti raffiguranti la Vergine Maria con un’aureola arcobaleno. Le difensore, che sostengono l’accesso all’aborto sicuro e legale, sono state oggetto di campagne diffamatorie e minacce di morte.

In Turchia, i difensori dei diritti umani hanno subìto indagini, procedimenti giudiziari e condanne infondati. Il caso più emblematico è stato quello di Osman Kavala, che è in detenzione da quattro anni e a rischio di nuove accuse, nonostante una sentenza della Corte europea dei diritti umani ne avesse chiesto l’immediato rilascio.

In Russia le ritorsioni contro i difensori dei diritti umani sono state frequenti e vergognose. Quando l’avvocato per i diritti umani Ivan Pavlov è stato arbitrariamente accusato di “divulgare i risultati di un’indagine preliminare”, ha lasciato la Russia ed è stato inserito in una lista di “ricercati”. La Corte europea dei diritti umani ha sostenuto che le autorità non hanno indagato adeguatamente sul rapimento e l’omicidio di Natal’ja Estemirova.

In Bielorussia sono stati perseguitati attivisti di tutti i settori della società. A fine anno, sette esponenti di Viasna, la principale organizzazione per i diritti umani del paese, erano stati arbitrariamente detenuti e condannati a lunghe pene o erano in attesa delle sentenze. In Azerbaigian, il critico del governo Huseyn Abdullayev è rimasto in prigione, anche se il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria aveva ritenuto arbitraria la sua detenzione e aveva chiesto il suo rilascio.

 

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

Il 2021 ha visto la costruzione di nuove recinzioni di confine, l’erosione del regime di protezione e l’accettazione diffusa di morte e tortura alle frontiere come deterrente alla migrazione irregolare. La Grecia ha designato la Turchia come paese sicuro per i richiedenti asilo provenienti da Afghanistan, Somalia e altri paesi. La Danimarca ha toccato uno dei punti più bassi, nei suoi sforzi per revocare i permessi di soggiorno dei rifugiati siriani e rimandarli in Siria. Un certo numero di paesi ha rimpatriato i richiedenti asilo afgani fino a poco prima della presa del potere da parte dei talebani.

Le autorità bielorusse hanno facilitato la creazione di nuove rotte migratorie che, attraversando la Bielorussia, si dirigevano verso l’Ue e ha spinto con violenza migranti e rifugiati verso i confini di Polonia, Lituania e Lettonia che, in risposta, hanno abrogato il diritto di chiedere asilo alla frontiera e legalizzato i respingimenti. A fine anno, numerose persone sono rimaste bloccate ai confini, mentre molte sono morte. Le rotte migratorie “più vecchie” dalla Turchia alla Grecia, dal Mediterraneo centrale all’Italia e dal Marocco alla Spagna hanno continuato a essere teatro di violenti respingimenti, mentre le persone salvate in mare hanno subìto lunghi ritardi prima di poter sbarcare.

Molti paesi hanno annunciato apertamente il numero di persone a cui avrebbero “impedito” l’ingresso, un’espressione che spesso significava rimpatri sommari senza valutazione del bisogno di protezione. I numeri comunicati da Turchia e Ungheria raggiungevano le decine di migliaia, mentre le persone bloccate ai confini della Bielorussia con Polonia, Lettonia e Lituania hanno superato le 40.000.

Molti altri paesi, tra cui Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Grecia e Macedonia del Nord, hanno eseguito trasferimenti sommari, illegali e forzati di rifugiati e migranti, senza considerare le loro circostanze individuali e poi hanno negato di averlo fatto. Le persone di etnia kazaka in fuga dallo Xinjiang in Cina sono state perseguite per aver attraversato illegalmente il confine kazako.

Alcuni tribunali hanno riconosciuto l’illegalità di tali azioni. Le Corti costituzionali di Serbia e Croazia hanno stabilito che la polizia aveva violato i diritti delle persone nei respingimenti. La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che la Croazia aveva violato i diritti di una ragazza afgana che, nel 2017, fu uccisa da un treno dopo essere stata respinta in Serbia. Tribunali in Italia e Austria hanno riscontrato che le espulsioni a catena di richiedenti asilo verso la Slovenia e la Croazia violavano il diritto internazionale. Nonostante queste sentenze, tuttavia, il riconoscimento delle responsabilità per respingimenti o maltrattamenti è stato raro.

L’Ue e l’Italia hanno continuato a essere complici nel finanziamento delle azioni della guardia costiera libica che “riportava” i migranti in Libia, dove questi hanno subìto gravi violazioni dei diritti. A tutto ottobre, più di 27.000 rifugiati e migranti erano stati catturati nel Mediterraneo centrale e riportati in Libia dalla guardia costiera libica.

 

DISCRIMINAZIONE

Il razzismo e la discriminazione contro le persone nere, musulmane, rom ed ebree sono diventati più evidenti in molti contesti. Nel Regno Unito, un rapporto del governo ha respinto le preoccupazioni sul razzismo istituzionale, mentre un nuovo disegno di legge sulla polizia ha preannunciato una maggiore discriminazione contro le comunità nere, nomadi, rom e traveller. Le autorità danesi hanno rimosso i riferimenti ai “ghetti” dalla legislazione, ma hanno continuato ad applicare limiti per l’edilizia sociale ai residenti di “origine non occidentale”.

Con misure motivate dal contrasto alla radicalizzazione e al terrorismo, Austria e Francia hanno intensificato la sorveglianza delle comunità musulmane, fatto irruzione nelle moschee e/o chiuso le organizzazioni che monitoravano l’islamofobia.

In Germania, al 5 novembre erano stati ufficialmente denunciati 1.850 crimini d’odio e antisemitismo ai danni di persone ebree (il numero più alto registrato dal 2018) e un netto incremento di episodi simili è stato riportato anche in Austria, Francia, Italia e Regno Unito.

Rom
I rom hanno continuato a subire molestie e discriminazioni, compresa la segregazione nell’istruzione, nell’alloggio e nell’occupazione. Le comunità rom sono rimaste sorvegliate oltre misura e hanno registrato tassi di scolarizzazione sotto la media. Due morti di alto profilo di rom per mano della polizia nella Repubblica Ceca e in Grecia hanno ricordato la morte di George Floyd negli Usa.

Dopo anni di campagne da parte degli attivisti, il senato ceco ha votato un disegno di legge per risarcire migliaia di donne rom che furono sterilizzate illegalmente dalle autorità, tra il 1966 e il 2012. Il governo slovacco si è ufficialmente scusato per la sterilizzazione forzata di migliaia di donne rom, ma non ha ancora messo in atto un efficace meccanismo di compensazione. Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate Le persone Lgbti hanno continuato a subire discriminazioni e violenze in tutta la regione. Un certo numero di paesi ha discusso o adottato leggi che stigmatizzavano o discriminavano le persone Lgbti, tra cui Polonia e Ungheria. In Serbia, il presidente si è rifiutato di firmare una legge sulle unioni civili. Alcuni politici hanno tenuto discorsi o commesso azioni omofobici,
anche in Bulgaria e Turchia.

Il sesso consensuale tra uomini era un reato penale in Turkmenistan e Uzbekistan. La legge russa contro la “propaganda gay” ha alimentato la discriminazione contro le persone Lgbti e in Georgia un giornalista è morto quando la folla ha attaccato gli uffici del Tbilisi Pride.

 

DIRITTI DELLE DONNE

Diritti sessuali e riproduttivi

L’accesso all’aborto sicuro e legale ha continuato a essere una questione centrale dei diritti umani in Andorra, Malta, Polonia, San Marino e altrove. In Polonia è entrata in vigore una sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale l’aborto per gravi menomazioni fetali. Nell’anno  successivo alla sentenza, 34.000 donne hanno contattato l’Ong Abortion without Borders, che facilita i viaggi all’estero per cure e consigli sull’aborto.

In Andorra sono rimaste attive le accuse di diffamazione contro una difensora che aveva sollevato preoccupazioni sul divieto totale di aborto presso le Nazioni Unite. Uno sviluppo positivo è stato il voto popolare a San Marino che ha legalizzato l’aborto.

Violenza contro donne e ragazze

Sulla violenza contro le donne, il quadro è rimasto eterogeneo. Mentre la Turchia si è ritirata da un trattato storico sulla lotta alla violenza contro le donne, la Convenzione di Istanbul, la Moldova e il Liechtenstein lo hanno ratificato. Inoltre, la Slovenia ha riformato la legge sullo stupro, per renderla  basata sul consenso e riforme della legislazione sullo stupro erano in corso anche nei Paesi Bassi, in Spagna e Svizzera.

Tuttavia, la violenza contro le donne è rimasta diffusa. Il Consorzio russo delle Ong delle donne ha rilevato che il 66 per cento delle donne uccise dal 2011 al 2019 erano state vittime di violenza domestica. Il ministero dell’Interno dell’Uzbekistan ha respinto una richiesta dell’Ong NeMolchi sui procedimenti giudiziari per violenza contro le donne, affermando che era “di nessuna utilità”. In Azerbaigian, attiviste per i diritti delle donne e giornaliste sono state ricattate e sottoposte a campagne diffamatorie specifiche di genere, mentre le manifestazioni delle donne contro la violenza domestica sono state disperse con la forza. La presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan ha rafforzato in Asia Centrale gli sforzi per promuovere i valori “tradizionali”. In Ucraina sono continuate le aggressioni omofobe ed è stata segnalata la mancanza di servizi per i sopravvissuti alla violenza domestica nelle aree del Donbass non controllate dal governo.

 

DIRITTI ALLA SALUTE E ALLA SICUREZZA SOCIALE

La pandemia da Covid-19 ha continuato ad avere un impatto significativo, diminuito in certa misura dagli elevati tassi di vaccinazione di molti paesi della regione, in particolare nell’Ue. La pandemia ha esercitato un’immensa pressione su sistemi sanitari sovraccarichi e con scarse risorse finanziarie.

Alcuni stati hanno derogato alla Convenzione europea dei diritti umani e molti hanno dichiarato stati d’emergenza medica estesi e imposto nuovi lockdown e altre restrizioni, man mano che emergevano ulteriori ondate di contagi e nuove varianti del virus.

La disuguaglianza nella vaccinazione all’interno della regione è diventata più pronunciata, spesso a causa di alti livelli di esitazione della popolazione verso i vaccini. Così, in Islanda, Malta, Portogallo e Spagna più dell’80 per cento della popolazione è stata vaccinata, mentre in Armenia, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Kirghizistan, Tagikistan e Ucraina i vaccinati erano meno del 30 per cento. In alcuni casi, migranti privi di documenti e persone provenienti da gruppi storicamente discriminati hanno incontrato difficoltà nell’accesso ai vaccini. I decessi hanno continuato a colpire in modo sproporzionato le persone anziane.

L’Europa ha assunto notevoli impegni per le donazioni di vaccini, ma la disuguaglianza globale nelle vaccinazioni è stata inasprita dal fatto che Norvegia, Regno Unito, Svizzera e Ue hanno continuato a bloccare una deroga ai diritti di proprietà intellettuale, che aumenterebbe notevolmente il numero di vaccini prodotti, in particolare nel sud del mondo.

Nel Donbass, in Ucraina, secondo le notizie ricevute, le strutture mediche locali erano sovraccaricate di pazienti e mancavano di personale medico e forniture sufficienti, compresi i vaccini. In Turkmenistan le autorità hanno continuato a negare la presenza di casi di Covid-19, ma a luglio hanno introdotto la vaccinazione obbligatoria per gli adulti.

Il Covid-19 ha spinto sempre più lavoratori nella precarietà, in assenza di programmi di protezione sociale completi. Particolarmente vulnerabili sono stati le donne e i lavoratori migranti. In Austria, le lavoratrici migranti badanti che vivono nel posto di lavoro hanno subìto abusi, salari discriminatori e ingiusti e orari di lavoro eccessivi. In Italia, gli operatori sanitari e delle residenze per anziani, che avevano sollevato preoccupazioni per le condizioni di lavoro non sicure nelle case di riposo o avevano cercato di sindacalizzarsi, sono stati sottoposti a misure disciplinari e ritorsioni. In Armenia, la pandemia ha aggravato il pesante fardello del lavoro di assistenza non retribuito su donne e ragazze.

 

DIRITTI UMANI NELLE ZONE DI CONFLITTO

Visti i pochi cambiamenti avvenuti nelle zone di conflitto nei paesi dell’ex Unione Sovietica, lo sviluppo è rimasto bloccato, mentre i residenti su entrambi i lati delle linee di confine hanno avuto pesanti ripercussioni sulla loro libertà di movimento e diritto alla salute.

Il seguito al conflitto tra Armenia e Azerbaigian del 2020, oltre 100 persone sono morte o rimaste ferite durante l’anno a causa delle mine piazzate dalle forze armene nelle aree cedute all’Azerbaigian. Non è stata accertata alcuna responsabilità né fatta giustizia per le vittime dei crimini di guerra commessi durante quel conflitto e oltre 40 armeni catturati dopo il cessate il fuoco sono rimasti prigionieri, secondo quanto riferito, in condizioni disumane. La maggior parte dei 40.000 civili azeri sfollati durante il conflitto del 2020 è tornata alle proprie case, ma le mine, la distruzione delle infrastrutture e la perdita dei mezzi di sussistenza hanno impedito il ritorno di oltre 650.000 persone sfollate durante gli anni Novanta. Circa 36.000 armeni sono rimasti sfollati interni.

Il conflitto nella regione ucraina del Donbass è continuato, mentre il governo e i separatisti sostenuti dalla Russia si sono accusati a vicenda di violazioni del cessate il fuoco e la missione di monitoraggio delle Nazioni Unite ha segnalato almeno nove nuovi casi di detenzione arbitraria da parte dei servizi segreti di sicurezza ucraini. A fine anno, la Russia aveva radunato un gran numero di truppe al confine con l’Ucraina, scatenando timori di una possibile invasione.

Nelle regioni georgiane separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud/Regione di Tskhinvali, è stato limitato il movimento di persone dentro e fuori dal territorio controllato dal governo. Torture e altri maltrattamenti sono continuati: non c’è stata un’indagine efficace sulla morte di Inal Dzhabiev, avvenuta nel 2020 mentre si trovava in custodia in Ossezia del Sud/Regione di Tskhinvalil; Anri Ateiba è morto dopo essere stato arrestato in Abkhazia.

 

FALLIMENTO NELL’AFFRONTARE LA CRISI CLIMATICA

L’Europa ha una responsabilità speciale nei confronti del resto del mondo per trovare soluzioni per la crisi climatica, a causa del suo ruolo nelle emissioni globali fino ad oggi e della sua ricchezza. Ciò nonostante, i paesi europei e l’Ue hanno continuato a non adottare obiettivi di riduzione delle emissioni, comprese le politiche di eliminazione graduale dei combustibili fossili, che fossero in linea con il loro livello di responsabilità e con l’imperativo di mantenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5° C. In occasione dei negoziati annuali delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop26), i paesi europei si sono anche opposti all’istituzione di uno strumento finanziario mondiale che fornisca sostegno economico ai paesi in via di sviluppo, che subiscono perdite e danni a causa della crisi climatica. Tuttavia, la Scozia e la regione belga della Vallonia hanno impegnato fondi destinati a perdite e danni.

Gli attivisti hanno usato il contenzioso per costringere i governi a ridurre le emissioni e combattere i  cambiamenti climatici, conseguendo vittorie legali in Belgio, Francia e Germania. In un caso storico,  avanzato da organizzazioni della società civile, un tribunale olandese ha ordinato alla Shell di ridurre le sue emissioni globali di carbonio del 45 per cento entro la fine del 2030, rispetto ai livelli del 2019,  ancorando la sua decisione, tra gli altri argomenti, alla responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani. In Georgia, la costruzione di una centrale idroelettrica è stata annullata in seguito alle proteste per problemi di sicurezza ambientale.

 

DIRITTI UMANI IN PATRIA E NEL MONDO

La svolta autoritaria è stata accompagnata da un crescente disimpegno dalle organizzazioni multilaterali. L’Osce è sembrato incapace di fermare lo scivolamento verso il conflitto, mentre i principali paesi hanno ignorato il suo consiglio e hanno respinto il suo monitoraggio, ammesso che l’avessero permesso. Il Consiglio d’Europa non è stato in grado di costringere gli stati membri ad attuare le sentenze della Corte europea dei diritti umani e ad adempiere ai loro obblighi. L’Ue è stata paralizzata dalle crisi dello stato di diritto e riluttante a far rispettare le proprie norme sui diritti di migranti e rifugiati.

Russia e Cina hanno continuato a costruire ed esercitare la loro influenza, in particolare nell’est. I due paesi hanno indebolito il quadro internazionale dei diritti umani e la Russia ha sostenuto il giro di vite della Bielorussia contro la propria popolazione. Le sanzioni economiche e politiche applicate dall’Ue contro la Russia e la Bielorussia non sono riuscite ad arginare l’inesorabile ondata di repressione.

Nel Regno Unito è stata adottata una legislazione che potrebbe facilitare l’impunità per i crimini commessi all’estero. La legge sulle operazioni d’oltremare ha introdotto limiti ai procedimenti giudiziari relativi alle operazioni militari all’estero, compresi i termini per le azioni civili e una presunzione contro l’azione penale per la maggior parte dei reati commessi più di cinque anni fa.

Tuttavia, sono state adottate alcune iniziative positive. A marzo, il Consiglio d’Europa ha adottato una raccomandazione sulle misure contro il commercio di merci utilizzate per la pena di morte, la tortura e altri maltrattamenti. Alcuni paesi hanno preso provvedimenti per frenare i trasferimenti irresponsabili di armi. La Germania ha prolungato una moratoria sulle esportazioni di armi in Arabia Saudita, ma non in altri paesi coinvolti nel conflitto in Yemen. In Francia, le Ong hanno avviato procedimenti legali per garantire la trasparenza dei trasferimenti di armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. La Svizzera ha adottato una legge che disciplina l’esportazione di armi, vietando il trasferimento verso stati in conflitto interno o a rischio di gravi o sistematiche violazioni dei diritti umani.

 

RACCOMANDAZIONI

Quanto sopra dovrebbe essere un campanello d’allarme per i governi a impegnarsi nuovamente per i diritti umani e far rispettare collettivamente gli obblighi degli stati. Finora, gli attivisti per il clima e i difensori dei diritti umani sono stati principalmente coloro che hanno espresso un senso di urgenza, ma entrambi i gruppi sono stati sottoposti a forti pressioni da parte di governi e aziende. La causa dei diritti umani ha bisogno di più persone che la sostengano adesso o le conquiste degli ultimi decenni rischiano di essere distrutte.

I governi dovrebbero riconoscere il ruolo cruciale svolto dai difensori dei diritti umani invece di stigmatizzare e criminalizzare le loro attività. Lo spazio di tutti per esercitare i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica deve essere protetto dagli abusi di potere che gli stati compiono con vari pretesti. Gli stati devono fermare lo scivolamento verso una società all’insegna della sorveglianza, rispettare lo stato di diritto e porre fine all’erosione dell’indipendenza della magistratura.

I governi devono anche raddoppiare i loro sforzi per prevenire la discriminazione contro le persone nere, musulmane, rom ed ebree e per garantire che gli attori statali evitino la retorica generale di stigma e non implementino politiche che prendono di mira queste comunità.

Di fronte alla pandemia da Covid-19 che continua, è urgente la parità di accesso ai vaccini all’interno e tra i paesi, sia nella regione che altrove e la cooperazione tra gli stati è d’obbligo per garantire che le cure e i vaccini siano accettabili, convenienti, accessibili e disponibili per tutti.

Mentre le persone in fuga da conflitti e povertà continuano a morire in terra e in mare nel tentativo di raggiungere la salvezza, i governi devono aumentare l’offerta di percorsi di migrazione sicuri e regolari, in particolare per le persone bisognose di venire in Europa, compresi i visti umanitari, il reinsediamento, la sponsorizzazione di comunità e il ricongiungimento familiare.

I governi devono combattere urgentemente l’emergenza, spesso nascosta, della violenza contro donne e ragazze, dando priorità all’eliminazione della violenza di genere e affrontandone le sue cause profonde. Sono inoltre necessari ulteriori passi per eliminare tutte le forme di discriminazione, nella legge e nella pratica.

I governi devono aumentare i loro obiettivi di riduzione delle emissioni e attuare politiche adeguate e  coerenti con i diritti umani, compresa la graduale eliminazione dell’uso e della produzione di  combustibili fossili attraverso una transizione equa. Dovrebbero anche aumentare urgentemente i  finanziamenti per il clima ai paesi a basso reddito e impegnarsi a fornire ulteriori fondi destinati a perdite e danni in tali paesi.

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