Arabia Saudita: le autorità devono attenersi alle raccomandazioni del Consiglio per i diritti umani dell’Onu

30 Gennaio 2024

CC BY 4.0 DEED - Russian Presidential Executive Office

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Secondo Amnesty International, dopo la verifica pubblica dei dati sui diritti umani dell’Arabia Saudita, il rapporto del Gruppo di lavoro per l’Esame periodico universale (Universal periodic review, Upr) del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sull’Arabia Saudita dovrebbe costituire un modello per le misure minime che le autorità saudite devono adottare per rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale dei diritti umani.

Il rapporto include 354 raccomandazioni provenienti da 135 stati membri delle Nazioni Unite, molte delle quali esortano il paese ad adottare misure sostanziali per garantire riforme che riguardano la salvaguardia dei diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, l’abolizione della pena di morte, la tutela dei diritti dei lavoratori migranti e l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne.

“Il fatto che molti stati membri delle Nazioni Unite abbiano colto l’opportunità di confrontarsi con l’Arabia Saudita riguardo alla sua lunga lista di violazioni dei diritti umani e abbiano esortato le autorità a promuovere cambiamenti sostanziali dimostra che, senza una reale riforma dei diritti umani, nessuna quantità di denaro spesa per ripulire la propria immagine e nessuna campagna di sportwashing potranno nascondere la crescente repressione nel paese,” ha affermato Dana Ahmed, ricercatrice per il Medio Oriente di Amnesty International.

“Le autorità saudite devono prendere queste raccomandazioni come un segnale di allarme e porre fine alle più gravi violazioni dei diritti umani, compresa la continua repressione della libertà di espressione, la condanna a morte di minorenni al momento del reato e la tortura e maltrattamenti nei confronti delle persone migranti. La comunità internazionale non dovrebbe farsi ingannare da eventuali promesse di cambiamento da parte dell’Arabia Saudita, ma esercitare la propria influenza collettiva per garantire che siano attuate riforme cruciali”, ha aggiunto Ahmed.

L’Upr è un processo che avviene ogni pochi anni presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, durante il quale tutti gli stati membri dell’Onu vengono sottoposti a una revisione della loro situazione dei diritti umani. L’Arabia Saudita sta attualmente andando incontro alla sua quarta revisione, dopo quella del 2018. La scorsa settimana a Ginevra, una delegazione governativa ha ascoltato le raccomandazioni e risposto alle domande da parte degli stati membri dell’Onu su una serie di questioni legate ai diritti umani. L’Arabia Saudita sosterrà o prenderà nota delle raccomandazioni e il Consiglio per i diritti umani adotterà il rapporto finale nel mese di giugno.

Dall’ultima revisione nel 2018, l’Arabia Saudita non ha attuato molte delle raccomandazioni che aveva ricevuto all’epoca, tra le quali allineare le sue leggi antiterrorismo e sui reati informatici agli standard internazionali, garantire e proteggere i diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, scarcerare i difensori dei diritti umani e tutte le persone imprigionate per l’esercizio dei loro diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, garantire processi equi e proteggere i lavoratori da ogni forma di violazione.

Ulteriori informazioni

Per contribuire all’Upr dell’Arabia Saudita, nel luglio 2023 Amnesty International ha sollevato preoccupazioni riguardo: l’inasprirsi della repressione della libertà di espressione; l’incrementato utilizzo delle leggi antiterrorismo e sui reati informatici per zittire le critiche; la persecuzione nei confronti delle donne che difendono i diritti umani; le continue celebrazioni di processi iniqui presso il Tribunale penale speciale; l’aumento del numero delle esecuzioni di condanne a morte; la codificazione della discriminazione contro le donne attraverso una nuova Legge sullo status personale; la detenzione arbitraria e la deportazione forzata dei lavoratori migranti; lo sgombero forzato di migliaia di residenti come parte di un piano per lo sviluppo della città di Gedda e le violazioni commesse dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita in Yemen.

Amnesty International ha accolto positivamente l’introduzione di alcune riforme nel campo dei diritti delle donne, tra cui l’eliminazione di gravi restrizioni imposte attraverso il sistema del tutore maschile. L’organizzazione per i diritti umani ritiene però che, sebbene tali riforme abbiano avuto un impatto positivo su alcuni diritti delle donne e sulla loro libertà di movimento, non abbiano completamente eliminato il sistema del tutore maschile, come invece raccomandato.