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La Corte europea dei diritti umani ha nuovamente condannato l’Italia per i fatti avvenuti al G8 di Genova nel 2001.
“La nuova condanna da parte della Corte europea dei diritti umani nella sentenza Bartesaghi Gallo e altri contro l’Italia è una buona notizia – ha commentato in una nota ufficiale Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia – perché aiuta a fissare nella memoria collettiva una pagina tragica della storia italiana recente che non deve mai più ripetersi”.
Nell’aprile scorso la Corte europea dei diritti umani aveva riconosciuto il risarcimento a sei vittime delle torture inflitte nella caserma di Bolzaneto a margine del G8 di Genova nel 2001.
Secondo un sondaggio Doxa, commissionato da Amnesty International Italia in occasione del lancio della propria campagna di raccolta fondi con il 5xmille e reso noto il 6 aprile, ben sei italiani su 10 sono favorevoli all’introduzione nel nostro ordinamento di uno specifico reato di tortura. Per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani, gli italiani non hanno alcun dubbio e rispondono che i casi di violazione più eclatanti sono proprio i fatti drammatici di 16 anni fa del G8 di Genova, alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto (per l’87% degli intervistati), che restano scolpiti nella memoria collettiva e a cui gli italiani pensano prima anche rispetto a fatti molto più recenti – seppure anch’essi molto noti – come le tragiche morti di Stefano Cucchi (86%) e di Giulio Regeni (84%).
Da anni siamo impegnati in una battaglia per l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano.
Oltre a essere nell’interesse generale del paese, l’introduzione di una fattispecie specifica di tortura, correttamente definita e sanzionata in modo adeguato, sarebbe nell’interesse delle stesse forze di polizia, la cui credibilità e autorevolezza non traggono alcun giovamento da una situazione, come quella attuale, nella quale coloro che dovessero compiere violazioni dei diritti umani continuerebbero a non essere adeguatamente puniti.
Fra gli altri provvedimenti raccomandati al fine di prevenire violazioni dei diritti umani da parte di appartenenti alle forze di polizia, vi sono le misure per l’identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico, la cui identità deve poter essere stabilita in sede di accertamento di eventuali responsabilità individuali per violazioni dei diritti umani.
“È importante – conclude Marchesi – rafforzare la cultura dei diritti umani tra le forze di polizia ed è un ulteriore sollecito, semmai ce ne fosse bisogno, al nostro paese affinché si doti di una legislazione che permetta di punire adeguatamente il reato di tortura, che tuttora manca”.