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Il Consiglio legislativo di Hong Kong ha approvato all’unanimità l’Ordinanza per la salvaguardia della sicurezza nazionale, nota come Articolo 23 della Legge fondamentale, la mini-costituzione dell’isola.
L’Articolo 23 prevede che il governo emani norme per vietare sette reati: tradimento, secessione, sedizione, sovversione contro il Governo centrale del popolo, furto di segreti di stato, divieto per le organizzazioni o gli enti politici stranieri di condurre attività politiche nel territorio e divieto per le organizzazioni o gli enti politici locali di stabilire legami con organizzazioni o enti politici stranieri.
Amnesty International aveva presentato un’analisi di 34 pagine sull’Articolo 23 durante il periodo di consultazione. Dall’analisi era emerso che i reati e le modifiche ai poteri investigativi non solo non erano necessari né proporzionali per soddisfare un effettivo bisogno di sicurezza nazionale, ma risultavano anche contrari agli obblighi di Hong Kong in materia di diritti umani, come sottolineato anche dagli esperti delle Nazioni Unite.
L’Articolo 23 contiene molte clausole preoccupanti, come il reato generico e formulato in maniera ampia di “interferenza esterna”, che potrebbe essere usato per accusare le persone attiviste per i loro scambi con enti stranieri. Nel contempo, il diritto a un processo equo viene sempre più minacciato dall’introduzione di nuovi poteri investigativi che consentono la detenzione preventiva per 16 giorni e vietano di avere accesso a un avvocato.
Secondo Amnesty International, l’approvazione dell’Articolo 23 è un altro segnale del desiderio delle autorità di Hong Kong di obbedire alla volontà di Pechino e di rinunciare a ogni precedente impegno in favore dei diritti umani.
Amnesty International ha invitato i governi e le imprese che possono esercitare influenza su Hong Kong a non abbandonare la popolazione locale nel momento del bisogno e a addoppiare la pressione affinché i diritti umani siano rispettati e le leggi che li violano siano abrogate.