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Nonostante da mesi politici e media parlino di “invasione”, il 2018 è stato l’anno con il minore numero di arrivi negli ultimi 5 anni.
Un drastico calo, iniziato nel 2017 in seguito alle politiche di contenimento delle partenze dalla Libia. Politiche che non tengono conto delle drammatiche conseguenze per le persone intrappolate all’interno dei confini libici.
I dati, quindi, smentiscono la tesi della “invasione” in Italia: ad oggi sono 19.874 gli arrivi, a fronte di 119.369 persone arrivate nel 2017 e 181.436 nel 2016*.
A questo dato possiamo aggiungere il fatto che, oggi, la maggior parte delle persone che emigra si sposta nei paesi vicini, rimanendo quindi nelle regioni più povere del pianeta.
A crescere in misura preoccupante è invece il numero di morti e dispersi nel Mediterraneo: nei primi 7 mesi del 2018 sono state segnalate 1.111 persone morte o disperse mentre cercavano di attraversare il Mediterraneo. Un tasso di mortalità che nei mesi di giugno e luglio è quadruplicato rispetto ai primi cinque mesi dell’anno: 1 a 16 rispetto a 1 a 64.
Alcune delle morti su questa rotta sono inevitabili: fino a che i trafficanti costringeranno le persone a viaggi su imbarcazioni sovraffollate e senza nessuno standard di sicurezza, senza cibo, acqua, dispositivi salvavita e carburante sufficiente alla traversata. Ma la responsabilità ricade anche sui governi europei, che si preoccupano più di tenere le persone fuori dai propri confini piuttosto che salvare vite in mare. E lo dimostra anche il fatto che il sistema di ricerca e soccorso in mare stia diventando inaffidabile, imprevedibile e punitivo, in una cornice in cui ogni sbarco viene negoziato individualmente.
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*Fonte: Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Dati al 30 agosto 2018