Le autorità hanno intensificato la loro stretta sullo spazio civico condannando almeno un attivista, cinque giornalisti e un ricercatore per avere esercitato il loro diritto alla libertà d’espressione. Le autorità hanno chiuso almeno due portali d’informazione online e due associazioni affiliate alla Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Ligue algérienne pour la défense des droits de l’homme – Laddh), ordinato la chiusura di due associazioni per i diritti umani e sospeso almeno un partito politico. Le autorità giudiziarie hanno inoltre chiuso almeno due chiese. Sono stati registrati almeno 36 femminicidi. Dall’inizio dell’anno fino a dicembre sono stati espulsi sommariamente dal paese almeno 18.302 migranti.
A febbraio, l’Algeria ha richiamato il suo ambasciatore in Francia, dopo che l’attivista algerina Amira Bouraoui aveva cercato rifugio in Francia. Le autorità hanno quindi perseguito sei persone, tra cui Amira Bouraoui e sua madre, per accuse inventate, tra cui “traffico di migranti” e formazione di una “associazione di malfattori”.
A marzo, l’Upr ha concluso il suo esame sull’Algeria. Il paese ha accettato le raccomandazioni che lo sollecitavano a emendare la sua legislazione repressiva sui raduni pubblici e le manifestazioni e la disposizione che consentiva agli stupratori di essere scagionati se sposavano le loro vittime. Le autorità hanno respinto la raccomandazione riguardante la riforma delle norme oltremodo ampie contenute nel codice penale che criminalizzano coloro che esercitano pacificamente i loro diritti alla libertà d’espressione e riunione pacifica1.
A settembre, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti alla libertà di riunione pacifica e d’associazione ha visitato l’Algeria per valutare la situazione nel paese e altrettanto ha fatto il Relatore speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani a dicembre.
Le autorità hanno indagato, perseguito penalmente e condannato giornalisti, almeno un attivista e un ricercatore geopolitico, in relazione alle opinioni critiche che avevano espresso, principalmente online. Ad aprile, le autorità hanno chiuso almeno due quotidiani online ed emittenti radiofoniche2.
Il 2 aprile, un tribunale di Algeri ha ordinato lo scioglimento del gruppo editoriale Inter- face Media e di due suoi portali d’informazione, Radio M e Maghreb Emergent, diretti dal giornalista Ihsane El Kadi, e il pagamento di un’ammenda di 10 milioni di dinari algerini (circa 73.862 dollari Usa) all’autorità di regolamentazione del settore audiovisivi. A giugno, una corte d’appello ha condannato Ihsane El Kadi a sette anni di carcere, di cui due sospesi, per il suo lavoro giornalistico, riguardante tra l’altro gli editoriali che aveva pubblicato per il quotidiano francese La Croix.
Il 4 luglio, un tribunale di Algeri ha condannato l’attivista amazigh Slimane Bouhafs a tre anni di carcere e al pagamento di una multa in relazione all’accusa pretestuosa di “danneggiare l’integrità del territorio nazionale” tramite le sue pubblicazioni online3.
Il 13 agosto, fonti di stampa hanno riportato che il film Barbie era stato messo al bando nei cinema algerini poiché “attentava alla morale”.
Ad agosto, le autorità hanno promulgato la legge 23-14 sull’informazione, che impone regole eccessive sul rilascio delle licenze e la proprietà dei mezzi d’informazione, richiedendo ad esempio che questa fosse riservata esclusivamente a cittadini algerini. La legge inoltre conteneva disposizioni vaghe e ampie che vietavano ai giornalisti, tra le altre cose, di pubblicare “false informazioni” o notizie che avrebbero potuto costituire “apologia del colonialismo, attentare alla memoria nazionale e ai simboli della guerra di liberazione nazionale”. Prevedeva inoltre una pesante ammenda e la confisca dei beni per qualsiasi organo d’informazione che avesse ricevuto sovvenzioni estere, se non per finalità di abbonamento o pubblicità.
Il 26 ottobre, una corte d’appello della città orientale di Constantine ha condannato il giornalista Mustapha Bendjama a 20 mesi di reclusione, dei quali 12 sospesi, per avere ricevuto sovvenzioni estere che “avrebbero potuto nuocere alla sicurezza dello stato” e per la “pubblicazione di informazioni o documenti secretati su una rete elettronica”, in relazione al suo lavoro giornalistico. La corte ha inoltre comminato al ricercatore Raouf Farrah la stessa sentenza con le medesime imputazioni, per avere raccolto denaro a favore di persone in stato di detenzione e per il suo lavoro di ricercatore.
Le autorità hanno intensificato il loro giro di vite sulle associazioni indipendenti, ordinando la chiusura di due organizzazioni per i diritti umani e sospendendo almeno un partito politico.
Il 23 gennaio, a Bejaia, nell’est del paese, le autorità hanno sigillato la sede del Centro di documentazione sui diritti umani della Laddh, citando una sentenza del 2022 che ne aveva disposto lo scioglimento. I dirigenti della Laddah avevano appreso soltanto in quel mese dell’ordine di scioglimento della Laddah, emanato a giugno 2022 in seguito a una denuncia depositata dal ministero dell’Interno.
Il 30 gennaio, a Tizi Ouzou, nell’est dell’Algeria, le autorità hanno posto i sigilli e chiuso definitivamente la Casa dei diritti umani e dei cittadini, un’associazione affiliata alla Laddah dal 1990, che gestiva una biblioteca e un centro di documentazione4.
A febbraio, Abderrahmane Zitout, il cui fratello Larbi fa parte di Rachad, un gruppo politico che a febbraio 2022 era stato arbitrariamente etichettato dalle autorità algerine come “terroristico”, ha iniziato uno sciopero della fame per la terza volta, per protestare contro la sua prolungata detenzione cautelare legata all’attivismo del fratello5.
Il 23 febbraio, il consiglio di stato, il massimo organo amministrativo dell’Algeria, ha sospeso il partito politico Democrazia e movimento sociale e ordinato la chiusura della sua sede.
A settembre, le autorità hanno arbitrariamente impedito per il secondo anno consecutivo al partito politico Raggruppamento per la cultura e la democrazia di organizzare il suo campo estivo, in programma dal 28 settembre al 1° ottobre, a Batna.
Le autorità hanno continuato a limitare indebitamente il diritto alla libertà di riunione pacifica, tra l’altro arrestando persone in vista di proteste programmate.
Il 20 agosto, secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti, sono stati arrestati almeno 40 attivisti, tra cui Soheib Debbaghi, Mohamed Tadjadit e l’avvocato Sofiane Ouali, per impedire lo svolgimento di un raduno pacifico a Ifri, nell’Algeria orientale, per commemorare il Congresso di Soummam del 1956, un evento storico nella lotta per l’indipendenza del paese. Sono stati rilasciati tutti il giorno stesso.
L’8 settembre, un giudice di un tribunale del comune di Amizour, nel nord del paese, ha posto l’attivista politico Khaled Tazaghart sotto controllo giudiziario, gli ha confiscato il passaporto e gli ha impedito di viaggiare, per accuse inventate come “diffusione di informazioni false”, dopo che aveva pubblicato su Facebook appelli che invitavano i cittadini a riunirsi pacificamente in memoria delle vittime degli incendi boschivi in Algeria.
Le autorità giudiziarie hanno continuato a ignorare le testimonianze di tortura rese in tribunale.
A luglio, un tribunale di Algeri ha condannato Mohamed Benhlima, un ex ufficiale militare e informatore, a sette anni di carcere e al pagamento di un’ammenda. Mohamed Benhlima aveva cercato asilo in Spagna nel 2019, prima di essere estradato in Algeria nel 2021. Durante un’udienza di tribunale tenutasi il 12 luglio, ha riferito al giudice che gli agenti di pubblica sicurezza lo avevano torturato denudandolo, legandolo mani e piedi e versandogli sul corpo acqua gelida. Ha affermato anche di essere stato molestato sessualmente, percosso e minacciato. Il giudice non ha disposto alcuna indagine su queste accuse.
Le autorità hanno continuato a fare riferimento al decreto 06-3, che limita le religioni diverse dall’Islam sunnita e hanno chiuso almeno due chiese, portando a 31 il numero totale delle chiese chiuse dal 2018.
Le autorità non erano ancora riuscite a emendare la legge 08-11 del 25 giugno 2008, al fine di vietare esplicitamente le espulsioni collettive, né a intervenire sul piano legislativo per recepire la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati e il relativo Protocollo opzionale.
Secondo la direzione della sorveglianza sul territorio, un organo ufficiale della polizia del Niger, tra gennaio e dicembre l’Algeria ha espulso sommariamente almeno 18.302 migranti provenienti in maggioranza dall’Africa occidentale, mandandoli in Niger.
Il codice penale e il codice di famiglia continuavano a discriminare illegittimamente le donne in ambiti quali eredità, matrimonio, divorzio, custodia dei figli e tutoraggio. A maggio, le autorità hanno promulgato la legge 23-04 contro la tratta di esseri umani, che menziona “prostituzione”, sfruttamento sessuale e matrimonio forzato. Ciò ha reso questi reati sanzionabili con pene fino a 30 anni di carcere e il pagamento di ammende, fino a prevedere anche l’ergastolo nel caso in cui la vittima fosse stata sottoposta a tortura o violenza sessuale.
Il movimento Féminicides Algérie ha registrato almeno 36 femminicidi. Le associazioni per i diritti delle donne hanno continuato a chiedere che il femminicidio fosse riconosciuto come reato specifico.
Il codice penale ha continuato a criminalizzare i rapporti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso, che rimanevano un reato sanzionabile con pene fino a due anni di carcere e un’ammenda.
A gennaio, il ministro del Commercio ha annunciato una campagna contro tutti i prodotti contenenti “colori e simboli contrari alla morale”, un chiaro riferimento ai colori arcobaleno del movimento per i diritti Lgbti.
Il 10 agosto, l’autorità regolatrice degli audiovisivi ha sospeso per 20 giorni le trasmissioni di Essalam Tv, un canale televisivo algerino privato, per avere mandato in onda un film che mostrava un matrimonio tra due uomini, che era stato ritenuto “contrario ai precetti dell’Islam e ai valori della società algerina”.
A maggio, le autorità hanno promulgato la legge 23-02, che limita il diritto di formare sindacati, consentendo alle autorità di rifiutare le domande facendo riferimento a disposizioni dalla formulazione vaga riguardanti “l’unità nazionale” e “i valori e le costanti nazionali”. Consentiva inoltre alle autorità di sciogliere un sindacato per molteplici motivazioni, come ad esempio insistere con scioperi “illeciti”, e di multare qualsiasi sindacato che avesse aderito a un’organizzazione sindacale internazionale, continentale o regionale, senza avere informato le autorità. Prevedeva anche pene fino a un anno di reclusione e un’ammenda per chiunque avesse ricevuto donazioni e lasciti dall’estero, senza avere prima ottenuto l’approvazione delle autorità.
Ad aprile, l’Algeria è stata colpita da un’ondata di calore che, secondo il World Weather Attribution, era “quasi impossibile senza il cambiamento climatico”. A luglio, almeno 140 incendi boschivi si sono propagati in 17 regioni del paese, uccidendo almeno 34 persone e sfollandone altre 1.5006.
I tribunali hanno emesso nuove condanne a morte. L’ultima esecuzione risale al 1993.
Note
1 Algeria/Morocco: Deep issues remain despite UN human rights review, 6 aprile.
2 Algeria: Conviction of journalist is latest escalation in crackdown on media, 3 aprile.
3 Algeria: Jailed brother of activist on hunger strike: Abderrahmane Zitout, 20 febbraio.
4 Algeria: Reverse decision to dissolve leading human rights group, 8 febbraio.
5 Algeria: Jailed brother of activist on hunger strike: Abderrahmane Zitout, 20 febbraio.
6 Global: Call by presidents of five southern European states to tackle the climate crisis underscores the urgent need to phase out fossil fuels, 3 agosto.