Buon compleanno, Chiou Ho-shun!

8 Aprile 2024

Radio Taiwan International

Tempo di lettura stimato: 2'

Approfondimento a cura del Coordinamento tematico sulla pena di morte. Per restare aggiornato iscriviti alla newsletter. Per consultare i numeri precedenti clicca qui.

Il 7 aprile Chiou Ho-shun, uno dei prigionieri rinchiusi da più tempo nei bracci della morte di Taiwan, ha compiuto 64 anni. Per celebrare il compleanno, il 21 marzo è partita un’azione di solidarietà, che proseguirà fino al 1° maggio, con l’obiettivo di offrire a Chiou sostegno e dimostrargli che Amnesty International non l’ha dimenticato. È da oltre tren’tanni che Chiou si trova in carcere, precisamente dal 1989, quando è stato condannato alla pena capitale per i reati di omicidio e rapimento di cui si è sempre dichiarato innocente. Insieme a 11 coimputati con cui è stato incriminato, Chiou ha raccontato di essere stato tenuto in incommunicado per i primi quattro mesi di detenzione e di aver subito torture affinché rilasciasse una “confessione”, poi ritrattata. Delle 12 persone accusate, soltanto a Chiou è stata comminata la pena di morte. Tutte le altre hanno ricevuto varie pene detentive, ormai scontate, a eccezione di un prigioniero deceduto in carcere. Non è la prima volta che Amnesty International si mobilita per Chiou Ho-shun. Varie sono state le iniziative organizzate. Dalla raccolta firme per scongiurare l’esecuzione a manifestazioni ed eventi per sensibilizzare l’opinione pubblica sul suo caso e sulla pena di morte a Taiwan. Ad oggi, nel paese, sono 37 i condannati a morte le cui esecuzioni sono ferme per un ricorso alla Corte costituzionale che sarà discusso il 23 aprile.

Vuoi partecipare all’azione di solidarietà? Scrivi a coord.pdm@amnesty.it

cifre

 

I dati sulla pena di morte nel 2023 e nel 2024

Più della metà degli stati ha abolito la pena di morte di diritto o de facto. Secondo gli ultimi dati di Amnesty International, aggiornati al dicembre del 2022: 112 stati hanno abolito la pena di morte per ogni reato; 9 stati l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra; 23 stati sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte. In totale 144 stati hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica. 55 stati mantengono in vigore la pena capitale, ma quelli che eseguono condanne a morte sono assai di meno.

 

 

Condanne a morte eseguite al 31 marzo 2024*

 

* questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato. Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. Ogni anno, viene rinnovata la sfida alle autorità cinesi di rendere disponibili queste informazioni che si ritiene essere nell’ordine di migliaia, sia di esecuzioni che di condanne a morte.

 

APPROFONDISCI

GUARDA I NUMERI PRECEDENTI

Altre notizie

Arabia Saudita – Le esecuzioni in Arabia Saudita sono in profondo aumento, nonostante il principe Mohammed bin Salman avesse promesso di limitare l’uso della pena capitale: solo l’anno scorso sono state messe a morte almeno 172 persone, tra cui anche donne e minori. La maggior parte delle condanne a morte sono ancora eseguite con la decapitazione, ma risulterebbero anche esecuzioni attraverso la lapidazione. Amnesty International ha documentato numerosi casi in cui le autorità hanno condannato alla pena capitale per i più svariati ‘reati’, da alcuni tweet a crimini legati alla droga, al termine di processi grossolanamente ingiusti e molto al di sotto degli standard internazionali in materia di diritti umani. Heba Morayef, direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha dichiarato che “l’Arabia Saudita, in netto contrasto con quanto promesso, continua a rivelare il suo agghiacciante disprezzo per il diritto alla vita”. Preoccupazioni anche per l’applicazione della condanna capitale a minorenni all’epoca del reato, nonostante le promesse fatte nel 2018 da bin Salman alle Nazioni Unite. Almeno 15 minorenni sono stati messi a morte dal 2013. (fonte: Daily Mail)

Mondo – Nel 2023 almeno 467 persone sono state messe a morte per reati di droga in cinque paesi: Cina, Iran, Kuwait, Arabia Saudita e Singapore. Ma è molto probabile che siano avvenute esecuzioni per reati di droga anche in Vietnam e Corea del Nord, dove però la censura non consente di avere informazioni certe. Tra le persone messe a morte, almeno 59 appartenevano a gruppi di minoranze etniche (in Iran e a Singapore), 13 erano stranieri e sei erano donne.
Complessivamente, sono 34 i paesi che prevedono la pena capitale per reati di droga. E’ quanto emerge dal nuovo rapporto di Harm Reduction International (HRI) che mette in risalto anche alcuni risultati positivi come in Pakistan dove dal luglio 2023 la pena di morte non può più essere imposta per determinate violazioni della legge sul controllo delle sostanze stupefacenti; o in Malesia, che ha abolito la pena di morte obbligatoria per tutti i reati, compresi quelli legati alla droga. Ma nonostante questi progressi, il numero di esecuzioni avvenute resta altissimo, in aumento del 44% rispetto al 2022, e i reati di droga sono responsabili, secondo HRI, del 42% delle esecuzioni globali registrate lo scorso anno. Il 90% delle esecuzioni note legate alle droghe ha avuto luogo in Iran. (fonte: Harm Reduction International)

Usa – Nel 2023 sono stati registrati 153 ‘esonerati’ (persone prosciolte), quasi l’84% (127) riguardavano persone di colore e circa il 61% (93/153) era afroamericana. Il fattore più frequente della loro ingiusta condanna è stata la cattiva condotta delle autorità: falsificazione di prove, coercizione di testimoni, occultamento di prove a discarico. Lo rivela il rapporto 2023 del “National Registry of Exonerations”, un progetto che vede riunite tre Università americane (Università della California Irvine, University of Michigan Law School e Michigan State University College of Law) il cui obiettivo è fornire informazioni su ogni esonero conosciuto negli Stati Uniti dal 1989, cioè casi in cui una persona è stata ingiustamente condannata per un crimine e successivamente prosciolta da tutte le accuse sulla base di nuove prove di innocenza. Ogni proscioglimento rappresenta una persona che ha perso anni e talvolta decenni della propria vita dietro le sbarre, mentre il colpevole è rimasto libero di commettere altri reati. Dal rapporto emerge che le persone scagionate nel 2023 hanno perso collettivamente 2.230 anni per crimini che non hanno commesso, anni di ingiusta detenzione. Il maggior numero di ‘esonerati’ si è avuto nello stato dell’Illinois (24), seguito da Texas (22), New York (21) e Pennsylvania (16).

Yemen – Lo scorso 23 gennaio un tribunale Houthi ha condannato 32 uomini, 9 dei quali alla pena capitale, in un processo iniquo basato su dubbie accuse di ‘sodomia?. Lo ha reso noto il 27 marzo 2024 Human Rights Watch che ha denunciato le gravi violazioni di un giusto processo e altrettanto gravi violazioni del codice di procedura penale. Human Rights Watch ha esaminato le accuse formali a carico dei 32 uomini accusati, i video dei procedimenti giudiziari pubblicati sui social media e ha intervistato un avvocato che ha seguito il caso. Ha riscontrato, ad esempio, che gli agenti di polizia non hanno esibito mandati di arresto e hanno perquisito e confiscato illegalmente i telefoni degli uomini mentre l’avvocato ha messo in dubbio che gli accusati abbiano avuto accesso adeguato alla consulenza legale. Gli Houthi, che hanno preso il controllo della capitale dello Yemen, Sanaa, nel settembre 2014, provocando la fuga del governo yemenita riconosciuto a livello internazionale, hanno ripetutamente arrestato persone che hanno criticato le loro politiche con il pretesto di aver ‘commesso atti immorali’, dichiara Human Rights Watch. Nel gennaio 2024, hanno arrestato il giudice Abdulwahab Qatran con l’accusa di aver consumato alcolici, dopo che il giudice aveva criticato sui social media gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso. Secondo Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, da quando hanno preso il controllo di Sanaa, gli Huthi hanno condannato a morte 350 persone e ne hanno messe a morte 11. (fonte: Human Rights Watch)

Usa – David Gwynn, 54 anni, è stato scagionato lo scorso 27 febbraio e rilasciato due giorni dopo dalla prigione di Stato della contea di Montgomery dopo aver trascorso quasi 30 anni nel braccio della morte. L’ufficio del procuratore di Philadelphia ha fatto cadere le accuse di incendio doloso che avevano causato la morte di una donna, Marsha Smith, nel 1994. La condanna di Gwynn si basava su una falsa confessione e su un’errata testimonianza oculare. “L’esonero di Daniel Gwynn è l’esempio di un’epoca di polizia e procedimenti giudiziari inesatti e a volte corrotti che hanno incrinato la fiducia delle nostre comunità fino ad oggi”, ha dichiarato il procuratore distrettuale Larry Krasner, il cui ufficio ha sostenuto l’esonero di 41 persone condannate ingiustamente. Gwynn è la 197esima persona scagionata dopo essere stata condannata a morte dal 1973, secondo l’Innocence Database del Death Penalty Information Centre.

Brevi dal mondo

28 febbraio – Prima esecuzione dell’anno a Singapore. Ahmed Salim, 35 anni, cittadino del Bangladesh, riconosciuto colpevole di omicidio della collaboratrice domestica indonesiana di nome Yati, è stato messo a morte mediante impiccagione, secondo quanto comunicato dalla polizia, nella prima esecuzione effettuata quest’anno nella città-stato. Transformative Justice Collective, un gruppo locale contro la pena di morte, ha dichiarato che sia l’accusa che la difesa concordavano sul fatto che Ahmed avesse una ‘anomalia mentale’, ma il tribunale ha stabilito che ciò non fosse sufficiente per sostenere una difesa di “ridotta responsabilità”.

29 febbraio – Un tribunale militare di Bossaso, nel nord della Somalia, ha condannato a morte sei cittadini marocchini per il reato di terrorismo. Secondo le autorità, i sei sono stati accusati di essersi addestrati con lo Stato Islamico nella loro base sui monti Cal-Miskaat, nella regione nord-orientale della Somalia.

1 marzo – La Corte d’Appello del Kuwait ha confermato la condanna a morte di Nasra al Enezi, giudicata colpevole di aver appiccato, nell’agosto dello scorso anno, un incendio a una tenda nuziale, provocando la morte di 57 persone, principalmente donne e bambini, durante la celebrazione del matrimonio del marito di al Enezi con un’altra donna. Secondo l’accusa, l’atto di al Enezi è stato motivato dalla gelosia e nonostante le affermazioni del suo avvocato riguardo a una confessione forzata e alla mancanza di prove concrete, i tribunali sono rimasti fermi nel loro verdetto.

5 marzo – Cinque cittadini pakistani sono stati messi a morte in Arabia Saudita con l’accusa di aver ucciso un guardiano durante una rapina a mano armata.
Si tratta della terza esecuzione di massa quest’anno dopo la messa a morte, il 28 febbraio, di cinque cittadini yemeniti accusati di omicidio e rapina, e altre sette persone, il 27 febbraio, per reati di terrorismo.

6 marzo – Una corte egiziana ha condannato a morte 8 esponenti della Fratellanza musulmanana, tra cui il numero uno del Movimento, Mohamed Badie, l’ex leader politico Mahmoud Ezzaf, gli ex parlamentari Mohamed El Beltagy e Amir Mohamed Zaki, l’ex ministro Osama Yassin Abdel Walab. La sentenza è arrivata al termine di un processo bollato come “evidentemente politico” da organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Il processo, noto come “caso dei fatti di Manassa”, ha riguardato la repressione delle proteste al memoriale di Manassa, al Cairo, in cui il 27 luglio 2013 vennero uccisi 85 manifestanti contrari al colpo di stato di al-Sisi.

21 marzo – Prima esecuzione in Georgia dal gennaio 2020. E’ stato messo a morte Willie James Pye, condannato a morte nel 1996 per l’uccisione, avvenuta tre anni prima, della sua ex fidanzata, Alicia Lynn Yarbrough. Pye soffriva di sindrome alcoolica fetale dovuta all’alcoolismo della madre, era cresciuto in un ambiente di degrado, povertà e violenza, tutte circostanze non note alla giuria e che avrebbero potuto evitargli la sentenza capitale. A nulla è valsa la richiesta di clemenza da molti sostenuta, compresi alcuni giurati del primo processo.

26 marzo – Il Tribunale Federale malese ha sostituito con 30 anni di carcere la condanna a morte di due cittadine filippine che si trovano nel braccio della morte dal 2013 per traffico di droga. Si tratterebbe delle prime due donne ad avere una revisione della condanna capitale e la sostituzione con una pena detentiva dopo che nel 2023 la Malesia ha abolito la pena di morte obbligatoria, introducendo la discrezionalità di condanna per tutti i reati per i quali era applicabile.


Buone notizie

Giappone – Il 12 marzo 2024 l’Alta corte di Fukuoka ha commutato in ergastolo la condanna a morte emessa nel 2021 nei confronti di Satoru Nomura, capo di un’organizzazione criminale giudicato colpevole dell’omicidio, nel 1998, del segretario di una cooperativa di pescatori. Il tribunale ha ritenuto che nel processo di primo grado non vi fossero sufficienti prove per stabilire con certezza la colpevolezza dell’imputato.

Kenya – Il 29 gennaio 2024 una corte d’appello ha commutato a 20 anni di carcere la condanna a morte di Jospath Machiwa Okoko, che nel 2007 era stato giudicato colpevole di omicidio nel corso di una rapina.

Malesia/1 – Il 13 marzo 2024 l’Alta corte ha commutato in 30 e 35 anni di carcere e 12 frustate le condanne a morte di due uomini giudicati colpevoli, nel 2020 e nel 2022, di due omicidi commessi nel 2018.

Malesia/2 – Il 18 marzo 2024 la Corte federale d’appello ha commutato in 40 anni di carcere e 36 frustate la condanna a morte di Nahar Abu Bakar, un ex poliziotto che nel 2015 era stato giudicato colpevole di un duplice omicidio.

Malesia/3 – Il 5 marzo 2024 una corte d’appello ha commutato a 35 anni di carcere le condanne a morte di una donna e due uomini che nel 2018 erano stati giudicati colpevoli di omicidio.

Pakistan – Il 19 febbraio 2024 la Corte suprema ha sospeso l’esecuzione, prevista 48 ore dopo, di Imdad Ali, 50 anni, affetto da schizofrenia paranoide accertata da più perizie.

Trinidad e Tobago – Il 1° marzo 2024 otto ex condannati a morte sono tornati in libertà dopo 22 anni di carcere. Gli otto uomini erano stati condannati a morte nel 2001 per poi ottenere la sostituzione della pena in ergastolo e, successivamente, una condanna più lieve.

Usa – Il 22 gennaio 2024 la Corte suprema federale ha accettato di esaminare il ricorso di Richard Glossip, condannato a morte nell’Oklahoma nel 2014 per omicidio, al termine di un processo che persino la procura dello stato ha definito viziato da errori e dalla falsa testimonianza di un’altra persona, coinvolta nell’omicidio, che così evitò la condanna a morte.

Usa – Il 26 gennaio 2024 la Corte suprema della Louisiana ha ordinato un nuovo processo per Darrell Robinson poiché quello che terminò con la condanna a morte, nel 2014, per un quadruplice omicidio, è risultato iniquo a causa della condotta scorretta della procura, che si basò su una testimonianza patteggiata con uno sconto di pena, circostanza tenuta nascosta alla giuria.

Usa – Il 25 marzo 2024 la Corte d’appello dello stato del Texas ha condannato all’ergastolo Randall Mays in un nuovo processo, dopo aver preso atto che la disabilità mentale del detenuto avrebbe reso incostituzionale l’esecuzione della condanna a morte, originariamente emessa nel 2008 per un duplice omicidio.

Vietnam – Il 6 febbraio 2024, su raccomandazione del presidente e del capo della procura della Corte suprema, il presidente Vo Van Thuong ha commutato in ergastolo cinque condanne a morte.

 

Iscriviti alla newsletter sulla pena di morte


Ogni mese ti invieremo le ultime notizie sulla pena di morte nel mondo.

  • Acconsento al trattamento dei miei dati personali al fine di ricevere informazioni sulle campagne, anche di raccolta fondi e/o firme per appelli, dell'associazione Amnesty International Sezione Italiana via posta cartacea o telefono con operatore e via email, sms, mms, fax o altri sistemi automatizzati (es. messaggi su social network web). Informativa privacy