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Repubblica di Turchia

Capo di stato e di governo: Recep Tayyip Erdoğan

Sono proseguiti, anche se in assenza di basi legali, indagini, procedimenti giudiziari e condanne di difensori dei diritti umani, giornalisti, politici dell’opposizione e altri. Il parlamento ha introdotto modifiche draconiane alle leggi esistenti, che hanno ulteriormente limitato la libertà d’espressione online. La polizia ha fatto uso illegale della forza in diverse province, per arrestare centinaia di partecipanti a sfilate del Pride vietate e il diritto di riunione pacifica è rimasto gravemente limitato. Il Consiglio di stato ha rifiutato di ribaltare la decisione assunta nel 2021 di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul. Il paese ha continuato a ospitare il maggior numero di rifugiati al mondo, ma violenti rimpatri sommari di afgani e altri hanno causato morti e feriti gravi, in un contesto di crescente retorica razzista contro i rifugiati da parte di politici e organi d’informazione. Sono state avanzate accuse serie e credibili di tortura e altri maltrattamenti.

 

CONTESTO

A marzo, il Comitato europeo per i diritti sociali ha concluso che in Turchia “non esisteva un approccio globale e coordinato adeguato per combattere la povertà e l’esclusione sociale”. A fine anno, il tasso ufficiale di inflazione aveva raggiunto il 64,27 per cento, aggravando la crisi del costo della vita per milioni di abitanti.

Il 13 novembre, un attentato a Istanbul ha provocato la morte di sei persone e il ferimento di oltre 80. Le autorità hanno dato la colpa al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Partîya Karkerén Kurdîstan – Pkk) e alle Unità di protezione del popolo, con base in Siria. Il 20 novembre, la Turchia ha lanciato attacchi aerei in Siria e nel nord dell’Iraq, sostenendo che l’azione fosse una rappresaglia per l’attentato.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

A maggio è diventata definitiva una sentenza del Consiglio di stato che ha sospeso la direttiva che vietava a giornalisti e persone comuni di registrare le manifestazioni pubbliche.

A giugno, sedici giornalisti di tre organi di stampa e il co-presidente dell’associazione dei giornalisti Dicle Fırat sono stati sottoposti a custodia cautelare a Diyarbakır, accusati di “appartenenza a un’organizzazione terroristica”. A fine anno l’atto d’accusa non era ancora stato emesso.

La cantante pop Gülşen è stata arrestata ad agosto per presunto “incitamento del pubblico all’odio e all’inimicizia”, in relazione a un video diffuso sui social media ad aprile, in cui la cantante e un componente della band scambiavano battute umoristiche. Dopo tre giorni è stata messa agli arresti domiciliari, misura che è stata rimossa dopo due settimane, ma a fine anno il suo processo era in corso.

A settembre, la corte d’appello regionale di Ankara ha annullato le condanne inflitte nel 2019 a 11 membri del consiglio nazionale dell’Associazione medica turca, accusati di propaganda terroristica e incitamento all’odio. A ottobre, la procura ha presentato ricorso contro la sentenza alla Corte di cassazione. A fine anno, il ricorso era ancora pendente.

A ottobre, il parlamento ha modificato diverse leggi in un pacchetto denominato “legge sulla censura”. Le modifiche hanno anche introdotto il nuovo reato penale di “diffusione pubblica di disinformazione”; hanno accresciuto i poteri dell’autorità per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per costringere le società che gestiscono i social media a rimuovere contenuti, fornire dati degli utenti o subire multe e una severa riduzione della larghezza di banda; hanno inoltre aumentato i rigorosi requisiti esistenti per le società di gestione dei social media, aggiungendo responsabilità penale, amministrativa e finanziaria1. A dicembre, Sinan Aygül, un giornalista di Bitlis, è stato il primo cronista a essere rinviato in custodia cautelare ai sensi del nuovo reato, per un tweet in cui aveva condiviso accuse di abusi sessuali non confermate. È stato rilasciato dopo 12 giorni, il 22 dicembre.

A dicembre, in un processo politicamente motivato, un tribunale ha condannato il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoğlu per “oltraggio a pubblico ufficiale” e lo ha bandito dalla politica. L’azione legale era stata intentata perché, in commenti rilasciati ad alcuni organi di stampa nel 2019, aveva definito “sciocchi” i membri del consiglio elettorale supremo della Turchia. Il verdetto era soggetto a ricorso.

 

LIBERTÀ DI RIUNIONE

Le autorità hanno continuato a privare il gruppo Madri/Persone del sabato del diritto alla libertà di riunione pacifica in piazza Galatasaray, luogo in cui si erano riunite regolarmente per protestare contro le sparizioni forzate degli anni Ottanta e Novanta. A giugno, la polizia antisommossa ha impedito la novecentesima veglia pacifica del gruppo, arrestando gli avvocati per i diritti umani Öztürk Türkdoğan e Eren Keskin e diversi parenti delle vittime di sparizione forzata2. Ad agosto, la polizia ha impedito una protesta pacifica delle Madri/Persone del sabato al cimitero di Altınşehir, in occasione della Giornata internazionale delle vittime di sparizione forzata e ha arrestato 14 persone. È proseguito il processo infondato contro 46 persone per aver preso parte alla settecentesima veglia, nell’agosto 2018. A settembre, la polizia ha impedito al gruppo di rilasciare una dichiarazione alla stampa davanti al tribunale di Çağlayan prima della quinta udienza e ha arrestato 16 persone, tra cui tre avvocati.

Sono continuate le restrizioni illegali alle sfilate del Pride. Organizzazioni per i diritti Lgbti hanno documentato 10 eventi del Pride vietati in tutto il paese e la detenzione di oltre 530 persone durante la stagione del Pride, una cifra superiore al numero totale di detenzioni da quando l’Istanbul Pride fu bandito per la prima volta nel 2015. Il 10 giugno, la polizia ha impedito il Pride degli studenti al Politecnico del Medio Oriente di Ankara e ha arrestato 38 studenti, dopo che l’ufficio del rettore aveva “vietato categoricamente” l’evento, inviando il messaggio per email a tutti gli studenti tre giorni prima3.

A giugno, le autorità hanno arbitrariamente vietato tutti gli eventi della settimana del Pride a Istanbul. Il 26 giugno, gli attivisti Lgbti riunitisi sull’avenue Istiklal nonostante il divieto, sono stati dispersi dall’intervento della polizia, che ha utilizzato gas lacrimogeni e proiettili di plastica e ha arrestato arbitrariamente almeno 370 partecipanti.

A ottobre, la procura ha chiesto la condanna di quattro degli otto studenti dell’università di Boğaziçi, perseguiti per “danneggiamento di proprietà pubblica” nel corso di una protesta pacifica svoltasi a gennaio 2021, nonostante non avesse fornito prove di un atto criminale; il reato comporta fino a quattro anni di carcere. A novembre, tutti i 70 studenti dell’università di Boğaziçi, detenuti a maggio durante la marcia del Pride all’interno del campus, sono stati incriminati per “aver rifiutato di disperdersi nonostante gli avvertimenti”.

 

LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE

La Turchia è rimasta nella “lista grigia” del Gruppo intergovernativo di azione finanziaria, per aver utilizzato le sue raccomandazioni sulla lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo come cortina fumogena per facilitare le vessazioni nei confronti delle Ong. Le autorità turche hanno inoltre intensificato il ricorso a controlli invadenti sulle Ong, ai sensi della legge sulla prevenzione del finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

A fine anno era ancora pendente la causa intentata nel 2021 per chiudere il Partito democratico popolare (il secondo più grande partito di opposizione) e vietare per cinque anni l’attività politica a 451 suoi dirigenti ed esponenti. A novembre, la Corte europea dei diritti umani (European Court of Human Rights – Ecthr) ha stabilito che la Turchia aveva violato i diritti della ex co-presidente del partito Figen Yüksekdağ e di altri 13 ex parlamentari, anche ai sensi dell’art. 18, che restringe la capacità degli stati di limitare i diritti umani.

Ad aprile, dinanzi al tribunale civile di primo grado n. 13 di Istanbul, è stato avviato un procedimento per chiudere la piattaforma We Will Stop Femicides, sostenendo che l’Ong si era impegnata in “attività illegali e immorali… che danneggiavano la struttura familiare turca con il pretesto di difendere i diritti delle donne”.

A fine anno era ancora in corso una causa iniziata a maggio per la chiusura del centro comunitario Tarlabaşı di Istanbul, per il presunto “tentativo di influenzare l’orientamento sessuale dei bambini normalizzando la sessualità di individui noti nella società come persone Lgbti”. Ad aprile è stata revocata una decisione separata di un tribunale, assunta a febbraio, che sospendeva le attività del centro.

 

IMPUNITÀ

Ad aprile, un tribunale di Istanbul ha sospeso l’azione legale in absentia nei confronti di 26 cittadini sauditi accusati dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, avvenuto nel 2018, e ha stabilito che il caso poteva essere trasferito in Arabia Saudita. Successivamente, le relazioni bilaterali tra i due paesi sono migliorate.

Il processo contro tre agenti di polizia e un presunto membro del Pkk, accusati di aver ucciso l’avvocato per i diritti umani Tahir Elçi nel 2015, è continuato per il secondo anno.

È proseguito anche il processo a carico di 13 agenti di polizia incriminati nel 2020 per aver causato la morte di Metin Lokumcu durante una protesta nella città di Hopa, nel 2011.

 

DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI

Il co-presidente dell’Ihd Öztürk Türkdoğan è stato oggetto di tre processi separati nel corso dell’anno per “appartenenza a un’organizzazione terroristica”, “oltraggio a pubblico ufficiale” e “denigrazione della nazione turca”4. Assolto nei primi due processi, i ricorsi contro tali decisioni erano pendenti presso la corte d’appello regionale di Ankara. Il terzo procedimento penale era ancora in corso a fine anno.

I tribunali non hanno attuato le sentenze della Corte europea dei diritti umani (Cedu) nei casi di Osman Kavala e Selahattin Demirtaş, mentre il presidente e altri membri di alto livello del governo hanno falsamente affermato che tali verdetti non erano vincolanti per la Turchia. Il mancato rilascio dal carcere di Osman Kavala, richiesto dalla sentenza del 2019, a febbraio ha spinto il Consiglio d’Europa ad avviare una procedura d’infrazione contro la Turchia: era la seconda volta che tale procedura veniva invocata contro uno stato membro.

Ad aprile, la corte centrale penale n. 13 di Istanbul ha dichiarato colpevoli Osman Kavala e altre sette persone nel nuovo processo su Gezi Park, nonostante l’assenza di prove. Osman Kavala è stato ritenuto colpevole di “aver tentato di rovesciare il governo” e condannato all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale. I suoi coimputati (Mücella Yapıcı, Tayfun Kahraman, Can Atalay, Mine Özerden, Çiğdem Mater, Hakan Altınay e Yiğit Ekmekçi) sono stati condannati ciascuno a 18 anni di carcere per avere aiutato Osman Kavala. A fine anno, i ricorsi contro tutte le condanne erano pendenti presso la corte d’appello regionale.

Sempre ad aprile, la corte d’appello regionale di Istanbul ha confermato l’incriminazione e la condanna dell’avvocata per i diritti umani Eren Keskin per “appartenenza a un’organizzazione terroristica”, nel processo principale legato a Özgür Gündem, un quotidiano curdo chiuso all’indomani del fallito golpe del 2016. A fine anno, le condanne di Eren Keskin ammontavano a 26 anni e nove mesi di reclusione a seguito di procedimenti giudiziari relativi al suo ruolo di direttrice responsabile simbolica di Özgür Gündem. I ricorsi erano pendenti presso la Corte di cassazione.

A maggio, la Cedu ha stabilito che la carcerazione preventiva di Taner Kılıç nel 2017 e nel 2018 aveva violato i suoi diritti alla libertà, alla sicurezza e alla libertà d’espressione e ha concluso che la sua “detenzione è avvenuta in assenza di motivi plausibili per sospettarlo di aver commesso i presunti reati”. A novembre, nel procedimento penale di lunga data del caso Büyükada, la Corte di cassazione ha annullato per “incompletezza delle indagini” l’ingiusta condanna a Taner Kılıç di “appartenere a un’organizzazione terroristica” e per “mancanza di prove” le condanne degli altri tre difensori dei diritti umani per “favoreggiamento di un’organizzazione terroristica”.

A settembre, 23 persone, tra cui almeno 15 soci, dipendenti e membri del consiglio dell’Associazione per il monitoraggio delle migrazioni, sono state incriminate con l’accusa di “appartenenza a un’organizzazione terroristica”. L’accusa ha affermato che tre rapporti pubblicati dall’associazione miravano a “fare propaganda per un’organizzazione terroristica” e che i fondi ricevuti da varie fonti estere erano stati fatti arrivare a un gruppo armato. La prima udienza del processo si è tenuta il 13 dicembre.

A ottobre, la professoressa Şebnem Korur Fincancı, presidente dell’Associazione medica turca, è stata incarcerata per “aver fatto propaganda a favore di un’organizzazione terroristica”5. Aveva chiesto pubblicamente un’indagine indipendente sulle accuse secondo cui erano state usate armi chimiche contro il Pkk nella regione del Kurdistan iracheno. A dicembre, la corte centrale penale n. 24 di Istanbul ha accettato l’incriminazione con la stessa accusa. La prima udienza del procedimento si è tenuta il 23 dicembre.

 

DISCRIMINAZIONE

Diritti delle donne

A maggio è entrata in vigore una legge volta a proteggere le donne e gli operatori sanitari dalla violenza. La legge definisce lo stalking persistente contro le donne come un reato a sé stante, limita la discrezionalità dei tribunali per ridurre le condanne dei colpevoli e aumenta le pene detentive, con aggravanti se i reati sono commessi nei confronti dei figli o di un coniuge separato/divorziato.

Nel corso dell’anno, secondo le statistiche ufficiali governative, uomini hanno ucciso almeno 225 donne in atti di femminicidio nei primi 10 mesi dell’anno, sebbene alcuni rapporti abbiano registrato numeri molto più alti. Ad esempio, la piattaforma We Will Stop Femicides ha riferito dell’uccisione di 393 donne.

A marzo, tre esponenti di spicco dell’associazione femminile Rosa, con sede a Diyarbakır, sono state prese in custodia dalla polizia e incriminate senza fondamento per “appartenenza a un’organizzazione terroristica”. La procura ha affermato che le attività dell’associazione in occasione della Giornata internazionale della donna e della Giornata internazionale contro la violenza contro le donne erano state intraprese dietro istruzioni di un gruppo armato.

A luglio, il più alto tribunale amministrativo della Turchia, il Consiglio di stato, ha respinto le richieste di decine di organizzazioni femminili, associazioni di avvocati e altre, volte ad annullare la decisione presidenziale del 2021 di ritirare il paese dalla Convenzione di Istanbul. La decisione della Corte ha a tutti gli effetti approvato automaticamente il ritiro unilaterale da questo trattato deciso dall’esecutivo. Un ricorso contro la decisione del Consiglio di stato è rimasto pendente, mentre a fine anno non erano ancora state esaminate diverse domande separate da parte di organizzazioni per i diritti delle donne.

Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

Esponenti politici, inclusi funzionari del governo, hanno regolarmente utilizzato incitamento all’odio e campagne diffamatorie, amplificate da alcuni media, contro la comunità Lgbti. Discriminazione, intimidazione e violenza sono state particolarmente evidenti durante il periodo del Pride, quando la polizia ha tentato di disperdere con la violenza cortei pacifici e ha arrestato i partecipanti.

A settembre, l’ente radiotelevisivo statale Rtük ha approvato un annuncio pubblicitario in cui le persone Lgbti venivano definite un “virus” e accusate di causare la “distruzione delle famiglie”. La pubblicità promuoveva una manifestazione contro i diritti Lgbti a Istanbul.

 

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

Le autorità turche hanno fatto uso illegale della forza, anche sparando proiettili veri, per rimandare in modo sommario in Iran migliaia di afgani in cerca di protezione6, compreso l’uso illegale di armi da fuoco contro gli afgani che cercavano di attraversare il confine, talvolta causando morti o feriti. Sotto la parvenza di “ritorni volontari”, alcune persone sono state riportate illegalmente in aereo verso l’Afghanistan.

A luglio, nel caso Akkad vs. Turchia, la Cedu ha stabilito che il rimpatrio forzato in Siria di un siriano residente legalmente in Turchia, attraverso l’abuso di un ordine di “ritorno volontario”, costituiva una violazione del divieto di respingimento, del diritto a un rimedio, del diritto alla libertà e alla sicurezza e una violazione del divieto di trattamento degradante, a causa delle condizioni in cui il ricorrente era stato trasferito durante l’operazione di rimpatrio. Tra febbraio e luglio, le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato che le autorità turche hanno arrestato in modo arbitrario, detenuto e illegalmente rimpatriato centinaia di rifugiati siriani.

 

TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI

Testimoni oculari hanno riferito che ad aprile un numeroso gruppo di guardie del carcere di Marmara (precedentemente noto come Silivri) a Istanbul aveva picchiato i detenuti e li aveva spinti a suicidarsi. Sempre ad aprile, il detenuto Ferhan Yılmaz è morto in ospedale dopo essere stato presumibilmente sottoposto a torture e altri maltrattamenti per mano delle guardie carcerarie. Altri 10 detenuti sarebbero stati trasferiti in diverse carceri in tutto il paese dopo che anch’essi avevano dichiarato di essere stati picchiati dalle guardie carcerarie. L’ufficio del procuratore capo del distretto di Silivri ha annunciato un’indagine sulle accuse ma a fine anno l’esito non era stato reso noto.

 


Note:
1 Türkiye’s disinformation law tightens government control and curtails freedom of expression, 24 ottobre.
2 Türkiye: Police detain human rights defenders and relatives of disappeared people on Saturday Mothers/People 900th vigil, 25 giugno.
3 Türkiye: Further information: Pride march dispersed with excessive force, 23 giugno.
4 Türkiye: Baseless prosecution of Öztürk Türkdoğan an “attack on all those who speak out for human rights”, 21 febbraio.
5 Türkiye: “Free Prof Şebnem Korur Fincancı”, 27 ottobre.
6 Afghanistan: “They Don’t Treat Us Like Humans”: Unlawful Returns of Afghans From Turkey and Iran, 31 agosto.

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