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In tutto il mondo i difensori dei diritti umani sono in pericolo e rischiano la vita.
A denunciarlo una nuova ricerca dal titolo “Attacchi mortali e prevenibili: uccisioni e sparizioni forzate di coloro che difendono i diritti umani“. Il rapporto comprende testimonianze di amici, parenti e colleghi di difensori e difensore dei diritti umani impegnati nella difesa dell’ambiente, dei diritti delle donne e di quelli delle persone Lgbti così come giornalisti e avvocati, uccisi o vittime di sparizione forzata.
In molti hanno ricordato come le richieste di protezione da parte delle vittime fossero state ripetutamente ignorate dalle autorità e come i responsabili siano rimasti alla larga della giustizia, alimentando un ciclo mortale d’impunità.
“Abbiamo incontrato parenti di difensori e difensore dei diritti umani di ogni parte del mondo e abbiamo ascoltato le stesse parole: le vittime sapevano che le loro vite erano a rischio – ha dichiarato in una nota ufficiale Guadalupe Marengo, direttrice del programma Difensori e difensore dei diritti umani di Amnesty International –. La loro morte o sparizione erano state precedute da una serie di attacchi che le autorità non avevano preso in considerazione, se non addirittura avevano incoraggiato. Se gli stati avessero preso sul serio i loro obblighi nel campo dei diritti umani e avessero agito con diligenza sulle denunce di minacce e altro, le loro vite avrebbero potuto essere salvate“.
Il rapporto di Amnesty International mette insieme storie di ogni parte del mondo per illustrare l’aumento di attacchi contro i difensori e le difensore dei diritti umani che potrebbero essere prevenuti e mette in evidenza un raggelante sistema d’impunità. Ecco alcuni casi descritti nel rapporto:
Quando, nel 1998, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò la Dichiarazione sui difensori e sulle difensore dei diritti umani, la comunità internazionale s’impegnò a proteggere e a riconoscere l’importanza del lavoro di queste persone. Il rapporto di Amnesty International dimostra invece come occuparsi di diritti umani continui a essere un’attività estremamente pericolosa: nei due decenni trascorsi dal 1998, migliaia di difensori e difensore dei diritti umani sono stati uccisi o fatti sparire da attori statali e non statali.
Secondo l’Ong Frontline defenders, solo nel 2016 sono stati uccisi nel mondo almeno 281 difensori e difensore dei diritti umani, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Il numero reale è probabilmente assai più elevato, dato che molte delle vittime possono non essere state identificate come tali.
I motivi alla base dell’accanimento contro i difensori e le difensore dei diritti umani sono molteplici. Alcuni sono presi di mira a causa della loro occupazione (come nel caso degli avvocati, dei giornalisti o dei sindacalisti), altri per la loro opposizione a potenti attori che violano i diritti umani, altri ancora per aver condiviso informazioni o per aver aumentato la sensibilità sulle questioni relative ai diritti umani.
Molti rischiano di essere attaccati per quello che fanno e per ciò che sono: ad esempio, coloro che difendono i diritti delle donne, o delle lavoratrici del sesso o ancora delle persone Lgbtiq; oppure coloro che difendono i diritti dei popoli nativi e di altre minoranze; o infine coloro che operano durante i conflitti o all’interno di comunità che sono nella morsa della criminalità organizzata o di repressioni violente.
“I motivi di questi attacchi possono variare, ma ciò che li accomuna è il desiderio di ridurre al silenzio coloro che si ergono contro l’ingiustizia o che sfidano interessi potenti. Questo silenzio ha un effetto raggelante all’interno di comunità più grandi, crea un clima di paura e compromette i diritti di tutti“, ha spiegato Marengo.
Quando le minacce e gli attacchi non sono indagati efficacemente e puniti, il clima d’impunità che ne deriva erode lo stato di diritto e diffonde il messaggio che i difensori e le difensore dei diritti umani possono essere attaccati senza conseguenze.
“Prima della morte di mia madre c’era stata una chiara alleanza tra interessi commerciali, agenzie private di sicurezza, funzionari statali e criminalità organizzata. Siccome tutti i protagonisti di quest’alleanza sono complici della morte di mia madre, indagare a tutto tondo si sta rivelando sempre più difficile. Mia madre merita giustizia ed è fondamentale che facciamo luce su quella cospirazione, se vogliamo impedire altre uccisioni“.
Bertha Zuñiga, figlia di Berta Cáceres, l’attivista fondatrice del Consiglio nazionale delle organizzazioni popolari e native dell’Honduras uccisa nel marzo 2016
Amnesty International sta sollecitando tutti gli stati a dare priorità al riconoscimento e alla protezione dei difensori e delle difensore dei diritti umani. Le autorità statali devono appoggiare pubblicamente il loro lavoro e riconoscerne il contributo all’avanzamento dei diritti umani. Inoltre, devono prendere tutte le misure necessarie per impedire ulteriori attacchi nei loro confronti e portare alla giustizia i responsabili di uccisioni e sparizioni forzate attraverso indagini e procedimenti giudiziari efficaci.
Ma soprattutto i governi dovrebbero affermare pubblicamente che queste violazioni dei diritti umani non saranno tollerate.
“I brutali attacchi denunciati in questo rapporto sono la logica conseguenza di una tendenza preoccupante: invece di proteggere coloro che difendono i diritti umani, molti leader nel mondo li mettono in pericolo attraverso campagne diffamatorie e la manipolazione del sistema giudiziario o etichettandoli come soggetti contrari agli interessi nazionali. In questo modo, mostrano il loro disprezzo verso i diritti umani di tutti noi“, ha affermato Marengo.
“Per invertire questa pericolosa narrativa, gli stati devono riconoscere pubblicamente il ruolo fondamentale dei difensori e delle difensore dei diritti umani. Dobbiamo proteggere coloro che si battono con coraggio per i nostri diritti umani mettendo in gioco le loro vite“, ha concluso Marengo.