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Repubblica araba d’Egitto

Le elezioni presidenziali si sono svolte in un ambiente repressivo, con accreditati candidati dell’opposizione esclusi dalla partecipazione e i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica gravemente limitati. Le autorità hanno scarcerato 834 prigionieri trattenuti per motivi politici, ma durante il 2023 hanno effettuato almeno il triplo di nuovi arresti. Migliaia di persone critiche verso il governo o percepite come tali rimanevano arbitrariamente detenute e/o perseguite ingiustamente. I casi di sparizione forzata e di tortura e altro maltrattamento sono rimasti dilaganti. Sono state emesse condanne a morte al termine di processi gravemente iniqui ma è diminuito il numero di esecuzioni. È prevalsa l’impunità per le gravi violazioni dei diritti umani commesse nel 2023 e negli anni precedenti. Donne e ragazze, minoranze religiose e persone Lgbti hanno subìto discriminazioni, violenza e persecuzioni giudiziarie per avere esercitato i loro diritti umani. Le autorità non hanno saputo affrontare le problematiche riguardanti i diritti economici e sociali alla luce dell’aggravamento della crisi economica e non sono intervenute per tutelare i lavoratori contro il licenziamento senza giusta causa da parte di aziende private. Sono continuati gli sgomberi forzati dagli insediamenti informali ed è stato negato a decine di migliaia di residenti del governatorato del Sinai del Nord il permesso di ritornare nelle loro case. Persone rifugiate e richiedenti asilo sono state arbitrariamente detenute per il loro ingresso o soggiorno irregolare in Egitto e sono state eseguite espulsioni forzate.

 

CONTESTO

Il “dialogo nazionale” ha preso il via a maggio, ma sia i politici d’opposizione sia i difensori dei diritti umani hanno sospeso la loro partecipazione dopo i rinnovati arresti di oppositori del governo. Il dialogo è stato sospeso a settembre in vista delle elezioni presidenziali di dicembre, in un contesto di crisi finanziaria ed economica sempre più profonda. Il presidente in carica Abdel Fattah al-Sisi ha vinto le elezioni da cui erano stati esclusi accreditati candidati dell’opposizione.

Il presidente ha annunciato a gennaio i festeggiamenti per la “fine del terrorismo”, mentre il Sinai del Nord era ancora teatro di sporadici attacchi. Ad agosto, la Fondazione Sinai per i diritti umani (Sinai Foundation for Human Rights – Sfhr), un’associazione per i diritti umani, ha denunciato l’impiego di minori nelle operazioni militari in corso nel Sinai del Nord. In un rapporto per il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia reso pubblico a marzo, l’Egitto ha confermato che l’età minima legale per l’arruolamento volontario nelle forze armate era fissata a 16 anni.

Dal 9 ottobre, Israele ha ripetutamente attaccato il valico di Rafah tra Egitto e Gaza e limitato gravemente l’ingresso dall’Egitto degli aiuti umanitari destinati alla popolazione di Gaza sotto assedio.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, ASSOCIAZIONE E RIUNIONE

Le autorità hanno continuato a reprimere il dissenso e a imbavagliare la società civile. Tra le persone finite nel mirino delle autorità c’erano politici d’opposizione e i loro sostenitori; familiari di dissidenti all’estero; sindacalisti; avvocati; e persone critiche verso le autorità per la situazione dei diritti umani nel paese e la gestione della crisi economica, oltre che per il ruolo dei militari.

A gennaio, il Tribunale supremo d’emergenza per la sicurezza dello stato (abbreviato in Tribunale d’emergenza per la sicurezza dello stato, Emergency State Security Court – Essc) ha condannato 82 persone di Suez, compresi 23 minori all’epoca dei presunti reati, a pene comprese tra i cinque anni di carcere e l’ergastolo, in relazione alle proteste antigovernative del settembre 20191.

Le forze di sicurezza hanno arrestato almeno quattro giornalisti a causa del loro lavoro o delle loro opinioni. Tra questi c’era Hisham Kassem, editore e presidente del Movimento corrente libera, una coalizione di partiti liberali d’opposizione, il quale è stato condannato a settembre a sei mesi di carcere e a un’ammenda con accuse di “diffamazione”, per avere criticato online la presunta corruzione di un ex ministro del governo e per “avere insultato” funzionari pubblici2.

Almeno 21 giornalisti sono rimasti in carcere dopo essere stati giudicati colpevoli o in attesa di indagini, in relazione ad accuse come “diffusione di notizie false”, appartenenza a un gruppo “terroristico” o “uso improprio dei social media”.

Oltre 600 siti web, tra portali d’informazione, siti riguardanti i diritti umani o altre tematiche, sono rimasti oscurati. A gennaio, le autorità hanno bloccato l’accesso al sito web dell’Ong Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani e, a giugno, i portali d’informazione Soulta 4 e Masr 360, ma hanno sbloccato il portale d’informazione d’opposizione Daarb ad aprile.

Il personale di Mada Masr, una piattaforma social indipendente, è stato oggetto di varie cause giudiziarie e indagini politicamente motivate, anche in relazione alla sua pubblicazione a ottobre di un rapporto investigativo sugli attraversamenti del valico di Rafah.

Durante l’anno le autorità hanno inserito i nomi di 820 persone, tra cui difensori dei diritti umani, sindacalisti e giornalisti, nella “lista dei terroristi” al di fuori da ogni procedura dovuta, una misura che di fatto negava loro i diritti civili o politici.

Ad aprile, è scaduto il termine ultimo per la registrazione delle Ong ai sensi della legge sulle Ong del 2019, mettendo molte organizzazioni non registrate a rischio di chiusura3.

Sono rimaste in vigore le misure che vietavano ad almeno 20 difensori dei diritti umani di viaggiare o che ne congelavano i beni, a causa del loro lavoro.

Le forze di sicurezza hanno impedito a privati cittadini di registrare la loro firma a sostegno di potenziali candidati dell’opposizione alle elezioni presidenziali e hanno arbitrariamente arrestato almeno 137 sostenitori e parenti di politici d’opposizione, oltre all’aspirante candidato presidenziale Ahmed Altantawy. A settembre, il Citizen Lab ha confermato che il telefono di Ahmed Altantawy era stato hackerato con lo spyware Predator, valutando come “altamente probabile” un coinvolgimento del governo.

A ottobre, le forze di sicurezza delle città del Cairo e di Alessandria hanno arrestato decine di persone, compresi minorenni, per avere protestato in solidarietà con i palestinesi di Gaza. Secondo la Commissione egiziana per i diritti e le libertà, a fine anno almeno 67 persone rimanevano sottoposte a custodia cautelare in relazione alla protesta e ad accuse di terrorismo.

 

DETENZIONE ARBITRARIA E PROCESSI INIQUI

Durante l’anno, le autorità hanno rilasciato 834 prigionieri trattenuti per motivi politici, mentre la Procura suprema per la sicurezza dello stato (Supreme State Security Prosecution – Sssp) ha interrogato almeno 2.504 persone sospettate di avere posizioni critiche o di essere oppositori, arrestate nel 2023 per accuse di coinvolgimento in reati in materia di terrorismo, reati informatici, proteste e diffusione di “notizie false”.

Le forze di sicurezza si sono rifiutate di rilasciare 251 detenuti che erano stati assolti o posti in libertà provvisoria su disposizione di procuratori o giudici, o che avevano scontato la loro condanna.

A giugno, il presidente al-Sisi ha lodato le detenzioni definendole “salvifiche per l’Egitto”.

I procuratori dell’Sssp hanno regolarmente rinnovato la detenzione cautelare di migliaia di persone senza permettere loro di contestare efficacemente la legalità della loro carcerazione. Le udienze di rinnovo della custodia si sono svolte in videoconferenza con i detenuti collegati in videoconferenza dal carcere, una modalità che li privava del diritto a una difesa adeguata e li esponeva a rappresaglie quando denunciavano forme di abuso davanti alle guardie penitenziarie.

I diritti degli imputati a un processo equo sono stati sistematicamente ignorati nei casi giudiziari politicamente motivati. A marzo, in seguito a un processo iniquo, un’Essc ha condannato 30 persone, tra cui il presidente del Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà, a pene comprese tra i cinque anni e l’ergastolo, per accuse assurde derivanti dal loro lavoro sui diritti umani o dal pacifico dissenso.

 

SPARIZIONI FORZATE, TORTURA E ALTRO MALTRATTAMENTO

Le forze di sicurezza, compresa l’agenzia per la sicurezza interna (National Security Agency – Nsa), hanno continuato a sottoporre i dissidenti a sparizione forzata. Secondo la campagna Basta sparizioni forzate, almeno 70 individui arrestati nel 2023 sono stati sottoposti a sparizione forzata e di sei non si sono più avute notizie.

Tortura e altro maltrattamento sono rimasti metodi utilizzati regolarmente nelle carceri, nei commissariati di polizia e nelle strutture gestite dall’Nsa.

A gennaio, le forze di sicurezza hanno arrestato l’avvocato Shaaban Mohamed per strada, a Giza, e lo hanno sottoposto a sparizione forzata in una struttura gestita dall’Nsa, dove è rimasto per sei settimane, durante le quali è stato percosso, sospeso per gli arti e sottoposto a scosse elettriche.

I prigionieri hanno continuato a essere tenuti in condizioni che violavano il divieto assoluto di tortura e altro maltrattamento, anche attraverso il deliberato diniego di cure mediche, prolungati periodi di isolamento, bombardamento con luci abbaglianti, telesorveglianza 24 ore su 24 e divieto di ricevere le visite dei familiari4. Decine di prigionieri trattenuti nel complesso carcerario di Badr, nel governatorato del Cairo, e nel penitenziario del 10° Ramadan, nel governatorato di Sharqia, in cui erano stati trasferiti centinaia di prigionieri politici rispettivamente dalla metà del 2022 e dalla metà del 2023, hanno cominciato uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di detenzione.

 

PENA DI MORTE

I tribunali penali, compresi i circuiti competenti per terrorismo, così come i tribunali militari, hanno emesso condanne a morte al termine di processi iniqui.

A gennaio, un tribunale penale del Cairo ha condannato a morte persone che erano state accusate di reati in materia di terrorismo, in seguito a un processo segnato da accuse di sparizioni forzate e “confessioni” estorte sotto tortura.

Il numero delle esecuzioni è diminuito rispetto agli anni precedenti.

 

IMPUNITÀ

È prevalsa l’impunità per le uccisioni illegali, la tortura, le sparizioni forzate e altre gravi violazioni dei diritti umani compiute nel 2023 e negli anni precedenti. A 10 anni dalla violenta repressione con cui erano stati dispersi i sit-in di protesta dei sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi il 14 agosto 2013, in cui erano state uccise illegalmente almeno 900 persone, nessun funzionario è stato ritenuto responsabile5.

Le autorità hanno omesso di indagare adeguatamente le cause e le circostanze di almeno 47 decessi in custodia che sarebbero stati causati da tortura o diniego di cure mediche. Le forze di sicurezza hanno minacciato con arresti arbitrari e altre forme di ritorsione i familiari in cerca di verità e giustizia.

Nessun membro delle forze di sicurezza è stato chiamato a rispondere per la morte di Mahmoud Abdel Gawad, avvenuta a luglio nel commissariato di polizia di Nabaroh, nel governatorato di Dakahlia, quattro giorni dopo il suo arresto; c’erano stati resoconti attendibili secondo i quali la polizia lo aveva percosso duramente e sottoposto a scosse elettriche.

Le autorità non hanno aperto alcuna indagine sulla morte dell’avvocato Ali Abbas Barakat, affetto da una patologia al fegato, avvenuta il 26 giugno. Si era accasciato e aveva perso conoscenza il 10 giugno nel carcere di al-Qanater, nell’area metropolitana del Grande Cairo, ma le autorità avevano aspettato 48 ore prima di trasportarlo in un ospedale penitenziario.

A settembre, la Corte costituzionale italiana ha stabilito che il processo in contumacia di quattro agenti di sicurezza egiziani per l’omicidio e la tortura del ricercatore italiano Giulio Regeni in Egitto nel 2016 poteva procedere in Italia. Il procedimento giudiziario si era arenato dopo che le autorità egiziane si erano rifiutate di fornire alle autorità italiane gli indirizzi dei sospettati per impedire la notifica del processo a loro carico.

 

DISCRIMINAZIONE E VIOLENZA DI GENERE

Le donne hanno continuato a essere discriminate nella legge e nella prassi, anche in relazione a questioni come matrimonio, divorzio, custodia dei figli e cariche politiche. Gli emendamenti alla legge sullo status personale promessi da tempo rimanevano in stallo, in un contesto di preoccupazione per la mancanza di una significativa consultazione con tutte le donne difensore dei diritti umani.

Le autorità non hanno saputo predisporre misure adeguate per prevenire la violenza di genere compiuta da attori statali e non statali, mentre sui media egiziani proliferavano le notizie riguardanti donne uccise da membri della propria famiglia o da corteggiatori respinti.

Le autorità hanno perseguito penalmente donne che avevano denunciato apertamente la violenza sessuale o per motivazioni legate alla “morale”.

A novembre, una corte amministrativa d’appello ha annullato una condanna a due anni di carcere comminata contro la modella e influencer di TikTok Salma Elshimy e l’ha multata per contenuto “immorale” “che viola i valori della famiglia egiziana”. Almeno tre influencer sono rimaste in carcere per accuse legate alla “morale” o altre imputazioni inventate.

Le autorità hanno continuato a vessare e perseguire individui sulla base del loro reale o percepito orientamento sessuale o dell’identità di genere. Diversi dei fermati hanno riferito di avere subìto percosse e altre forme di abuso in custodia di polizia.

 

DIRITTI ECONOMICI E SOCIALI

La grave crisi economica dell’Egitto ha avuto effetti devastanti sull’accesso della popolazione ai diritti economici e sociali.

Il governo ha stanziato circa la metà del bilancio 2023/2024 per il ripagamento del debito e non ha saputo adempiere all’obbligo sancito dalla costituzione di destinare almeno il tre e il sei per cento del pil rispettivamente al settore sanitario e a quello dell’istruzione primaria e superiore.

Dopo l’accordo raggiunto verso la fine del 2022 con il Fondo monetario internazionale per lasciare fluttuare la lira egiziana, la valuta nazionale ha subìto una significativa svalutazione. A febbraio, l’inflazione annuale si aggirava intorno al 40 per cento. Tra agosto 2022 e luglio 2023 i prezzi dei beni alimentari sono aumentati del 68 per cento, secondo i dati diffusi dall’Agenzia centrale per la mobilizzazione pubblica e la statistica (Central Agency for Public Mobilization and Statistics – Capmas). Secondo il personale esperto della Capmas, il tasso di povertà è significativamente aumentato nel biennio 2022/2023, rendendo più che mai urgente da parte del governo un adeguamento dei programmi di protezione sociale.

Il governo non ha saputo intraprendere adeguate misure in grado di mitigare l’impatto della crisi economica sui diritti della popolazione, specialmente a uno standard di vita adeguato. A settembre, il presidente ha annunciato un aumento del salario minimo mensile per i lavoratori del settore pubblico da 3.500 a 4.000 sterline egiziane (114-130 dollari Usa), che gli esperti in materia di diritti economici consideravano non commisurato all’inflazione; inoltre, le autorità non hanno agito contro le aziende private in cui ai dipendenti non era garantito il salario minimo.

A settembre, il presidente ha affermato che “fame e privazione” erano sacrifici accettabili per lo sviluppo e il progresso.

 

DIRITTI DEI LAVORATORI

Le autorità hanno continuato a ostacolare e intimidire i lavoratori che scioperavano per chiedere miglioramenti in termini di retribuzione e condizioni di lavoro.

A ottobre, le forze di sicurezza hanno impedito ai lavoratori dell’Universal Group for Home Appliances in sciopero di radunarsi vicino alla sede principale dell’azienda, nella città del 6 Ottobre, e li hanno ammoniti a non presentate le loro rivendicazioni al ministero del Lavoro. L’Nsa ha inoltre convocato e interrogato alcuni dei lavoratori in relazione allo sciopero.

Almeno 14 insegnanti rimanevano detenuti in attesa di essere indagati per accuse in materia di terrorismo, dopo che avevano protestato a ottobre nella Nuova capitale amministrativa del governatorato del Cairo, per la loro esclusione dalle graduatorie. Persone candidate per un posto di lavoro nel pubblico impiego hanno protestato perché era stato loro rifiutato il rilascio
di un certificato di completamento del corso accademico militare, diventato obbligatorio per essere inserite nelle graduatorie del 2023, per motivi legati alla sicurezza o perché in gravidanza o sovrappeso.

 

DIRITTO ALL’ALLOGGIO

Le autorità hanno continuato a eseguire sgomberi forzati e demolizioni di case, anche negli insediamenti informali del Cairo e nel cimitero storico della “Città dei morti”, dove vivono decine di migliaia di persone, e hanno arrestato gli abitanti per avere protestato.

A marzo, un tribunale amministrativo ha emesso un giudizio contro gli abitanti dell’isola di Warraq, nel governatorato di Giza, che si erano opposti a una decisione del governo del 2021, che aveva espropriato i loro terreni per il “bene comune”, senza fornire un’adeguata compensazione. A febbraio, le forze di sicurezza hanno disperso una protesta di decine di abitanti dell’isola di Warraq ricorrendo all’uso di gas lacrimogeni ed effettuando arresti.

Secondo la Sfhr, nella città di al-Arish, nel governatorato del Sinai del Nord, hanno avuto luogo demolizioni di case e sgomberi forzati.

A ottobre, l’esercito ha sparato illegalmente proiettili veri per disperdere centinaia di manifestanti pacifici che partecipavano a un sit-in di protesta nella città di Sheikh Zuwayed, nel Sinai del Nord, per chiedere di poter ritornare nelle loro case a Sheikh Zuwayed e nella città di Rafah, sempre nel Sinai del Nord, da dove erano stati sgomberati con la forza a partire dal 2014, a causa delle operazioni militari condotte contro i gruppi armati, tra cui Wilayat Sinai, affiliato al gruppo armato Stato islamico.

 

LIBERTÀ DI RELIGIONE E CULTO

Le autorità hanno continuato a discriminare i cristiani nella legge e nella prassi. Nessuno dei responsabili degli attacchi settari compiuti a gennaio contro i cristiani nel villaggio di Ashruba, nel governatorato di Minya, è stato assicurato alla giustizia. Gli attacchi avevano causato feriti e danneggiato proprietà.

Il diritto di costruire o ristrutturare chiese è rimasto limitato ai sensi di una legislazione del 2016, che subordinava l’inizio dei lavori al rilascio di un’autorizzazione da parte delle agenzie per la sicurezza e altri enti statali. A maggio, il primo ministro ha annunciato che dall’entrata in vigore della legge, il governo aveva approvato la legalizzazione di 2.815 chiese, pari a circa la metà delle richieste inoltrate.

In uno sviluppo positivo, a marzo, un tribunale del Cairo competente in materia di diritto di famiglia ha applicato lo statuto cristiano ortodosso in una causa per eredità intentata da Huda Nassralla, un’avvocata presso l’Ong per i diritti umani Iniziativa egiziana per i diritti della persona. Generalmente i giudici applicano la legge sullo status personale per i musulmani, che discrimina le donne in materia di eredità.

Persone di minoranze religiose, atee e altre che non abbracciavano culti religiosi autorizzati dallo stato sono state convocate e interrogate dall’Nsa o sottoposte ad altre minacce e vessazioni, anche presso gli istituti di formazione e online.

Un cittadino yemenita musulmano convertito al cristianesimo, Abdul-Baqi Saeed Abdo, continuava a essere detenuto in attesa di indagini da parte dell’Sssp per accuse di “diffamazione della religione islamica” e appartenenza a un “gruppo terroristico”, a causa dei post pubblicati sui social media riguardanti il proprio credo6.

 

DIRITTI DELLE PERSONE RIFUGIATE E MIGRANTI

Secondo l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, da aprile sono fuggiti in Egitto circa 370.000 cittadini sudanesi. Le autorità hanno rafforzato le restrizioni per l’ingresso nel paese, stabilendo l’obbligo per tutti i cittadini sudanesi di ottenere il visto dai consolati e un nulla osta di sicurezza per i ragazzi e gli uomini di età compresa tra 16 e 50 anni. Ad alcune persone di nazionalità sudanese, eritrea e siriana è stato rifiutato l’ingresso nel paese ai valichi di frontiera terrestri e almeno un richiedente asilo è stato rimpatriato con la forza in Sudan, perché non in possesso di un valido permesso di soggiorno.

Le forze di sicurezza hanno arrestato decine di rifugiati e richiedenti asilo dall’Afghanistan, dalla Siria e da paesi dell’Africa Subsahariana, oltre che uiguri dalla Cina, per ingresso o soggiorno irregolare in Egitto. A maggio, Alfred Djasnan, un rifugiato ciadiano di professione giornalista e presidente dell’Iniziativa africana per i diritti dei rifugiati, è stato espulso in Ruanda. Era stato arrestato dopo che cittadini di paesi dell’Africa Subsahariana avevano protestato per le loro condizioni di vita davanti all’ufficio dell’Unhcr nella città del 6 Ottobre.

 

 

Note:
1 Egypt: Quash convictions in torture-tainted grossly unfair mass trial of 2019 protesters, 23 febbraio.
2 Egypt: Immediately release prominent dissident on trial for online expression, 14 settembre.
3 Egypt: Independent civil society organizations at risk of closure after NGO deadline passes, 12 aprile.
4 Egypt: Tortured son of opposition figure held incommunicado: Anas al-Beltagy, 29 marzo.
5 Egypt: ‘Decade of shame’ since hundreds killed with impunity in Rabaa massacre, 14 agosto.
6 Egypt: Unjustly held Yemeni at risk of deportation: Abdul-Baqi Saeed Abdo, 7 settembre.

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