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REPUBBLICA DELLO YEMEN

Capo di stato: Rashad Mohammed al-Alimi (subentrato ad Abd Rabbu Mansour Hadi ad aprile)

Capo di governo: Maeen Abdulmalik Saeed

Tutte le parti coinvolte nel perdurante conflitto in Yemen hanno continuato a commettere violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme sui diritti umani nell’impunità. Nonostante un accordo di cessate il fuoco, le parti in conflitto hanno continuato a compiere attacchi illegali che hanno provocato morti e feriti tra i civili, interferito con l’accesso della popolazione civile agli aiuti umanitari e distrutto obiettivi civili. Il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen e le autorità de facto huthi hanno continuato a vessare, arrestare arbitrariamente e perseguire giornalisti e attivisti per avere esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà d’espressione o a causa della loro affiliazione politica. Tutte le parti hanno perpetrato violenza e discriminazione di genere. Le autorità de facto huthi hanno vietato alle donne di viaggiare senza un tutore maschio, rendendo sempre più complicato per le donne yemenite lavorare e fornire o ricevere aiuti umanitari. Tutte le parti hanno continuato a prendere di mira le persone Lgbti con arresti arbitrari; tortura, compreso lo stupro e altre forme di violenza sessuale; minacce e molestie. Tutte le parti in conflitto hanno contribuito al degrado ambientale.

 

CONTESTO

Il 2 aprile, le parti in conflitto hanno accolto una proposta delle Nazioni Unite per stabilire un cessate il fuoco su tutto il territorio nazionale, che è stato successivamente rinnovato ogni due mesi fino al 2 ottobre. Le parti hanno acconsentito a cessare le operazioni militari offensive, sia all’interno dello Yemen sia al di là dei suoi confini nazionali, e hanno dato il via libera ai rifornimenti di carburante attraverso il porto di Hodeidah e ai voli commerciali in entrata e uscita dall’aeroporto internazionale della capitale Sana’a per alcune destinazioni predeterminate. Tuttavia, durante il cessate il fuoco e dopo che era terminato, le parti in conflitto hanno effettuato sporadici attacchi su aree civili e linee del fronte nei governatorati di Ma’rib, Hodeidah, Ta’iz e Dhale’.

Il 7 aprile, il presidente Abd Rabbu Mansour Hadi ha trasferito i poteri a un nuovo consiglio di leadership presidenziale composto da otto membri e guidato dall’ex ministro dell’Interno, Rashad al-Alimi. Il consiglio comprendeva rappresentanti di entità militari strategiche e personalità politiche influenti che si opponevano alle autorità de facto huthi.

L’accesso al cibo è rimasto per gli yemeniti altamente problematico. La situazione era aggravata dalla svalutazione del rial yemenita, dagli alti tassi d’inflazione e dall’impennata dei prezzi dei generi alimentari a livello globale. Secondo il World Food Programme, l’insicurezza alimentare ha raggiunto livelli critici in 20 dei 22 governatorati.

 

ATTACCHI E UCCISIONI ILLEGALI

Prima di aprile, la coalizione guidata dall’Arabia saudita e le forze huthi hanno effettuato attacchi indiscriminati, che hanno causato morti e feriti tra i civili, oltre che distrutto e danneggiato obiettivi civili, come strutture mediche, edifici scolastici e infrastrutture di telecomunicazione.
Il 20 gennaio, la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha lanciato raid aerei sulla città di Hodeidah, uccidendo almeno tre bambini, e ha distrutto la principale struttura di telecomunicazioni del paese, provocando il blackout nazionale dei servizi Internet per quattro giorni. Il 21 gennaio, la coalizione a guida saudita ha sparato una munizione guidata di precisione, di produzione statunitense, contro un centro di detenzione di Sa’adah, nel nord- ovest dello Yemen, uccidendo più di 80 civili e ferendone oltre 2001.
Il 4 maggio, quattro bombe da mortaio sono state sganciate da un drone sull’edificio della direzione amministrativa della polizia del governatorato di Ta’iz e sulla strada adiacente nel quartiere di al-Ardhi, nel distretto di Sala. Il quartiere ospitava tra l’altro un centro oncologico, un parco giochi, la facoltà di arte e due campi da calcio. Nell’attacco sono rimasti feriti sei civili.
Il 23 luglio, un colpo d’artiglieria ha ucciso un bambino di tre anni e ferito altri 11 minori nel quartiere residenziale di Zaid al-Moshki, nel governatorato di Ta’iz. Gli huthi hanno smentito la responsabilità dell’attacco.
Il 21 ottobre e il 9 novembre, gli huthi hanno effettuato due attacchi con droni che hanno colpito rispettivamente il terminal petrolifero del porto di Al Dhabah, nel governatorato di Hadramout, e il porto petrolifero di Qana, nel governatorato di Shabwa, per interrompere le esportazioni di petrolio.

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Le parti in conflitto hanno continuato a vessare, minacciare, arrestare arbitrariamente e perseguire persone che avevano esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà d’espressione.

Autorità de facto huthi

A gennaio, le autorità de facto huthi hanno fatto irruzione in almeno sei stazioni radiofoniche di Sana’a e le hanno chiuse. Il proprietario dell’emittente radiofonica Sawt al-Yemen ha presentato ricorso contro la chiusura presso il tribunale per il giornalismo e l’editoria di Sana’a e ha ottenuto a luglio un’ingiunzione a favore della riapertura dell’emittente. L’11 luglio, tuttavia, le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sede del canale e lo hanno chiuso di nuovo, confiscando anche i suoi dispositivi di trasmissione.

Le autorità de facto huthi hanno continuato a tenere in carcere almeno otto giornalisti, quattro dei quali nel braccio della morte, in seguito un processo caratterizzato da gravi irregolarità celebrato nel 2020. Da maggio in poi, la corte d’appello di Sana’a ha ripetutamente aggiornato l’udienza d’appello dei quattro giornalisti nel braccio della morte, Akram Al-Walidi, Abdelkhaleq Amran, Hareth Hamid e Tawfiq Al-Mansouri2. A luglio, a Tawfiq al-Mansouri è stato negato un trattamento medico d’urgenza, nonostante le sue condizioni di salute critiche.

Il 22 febbraio, la corte penale specializzata (Specialized Criminal Court – Scc) di Sana’a, un tribunale tradizionalmente riservato ai reati in materia di sicurezza, ha condannato il giornalista Nabil al-Sidawi a otto anni di carcere, dopo un processo profondamente viziato, per gravi accuse inventate, tra cui spionaggio. Il 28 giugno, l’Scc di Hodeidah ha condannato i giornalisti Mohammed al-Salahi e Mohammed al-Juniad a tre anni e otto mesi di carcere ciascuno, in seguito a procedimenti giudiziari segreti celebrati in assenza del loro avvocato, per accuse di spionaggio inventate3.

Governo dello Yemen

Il governo internazionalmente riconosciuto ha vessato, convocato a scopo d’indagine o arbitrariamente arrestato almeno sette giornalisti e attivisti nelle aree sotto il suo controllo, inclusi i governatorati di Ta’iz e Hadramout. Le autorità giudiziarie hanno perseguito almeno tre giornalisti per avere pubblicato contenuti critici verso funzionari e istituzioni pubblici. Sono state loro imputate accuse come “insulti” a pubblico ufficiale, che comporta pene fino a due anni di carcere, “dileggio” verso ufficiali dell’esercito e “offesa a un simbolo dello stato”4.

Il 4 luglio, le forze di sicurezza del governatorato di Ta’iz hanno arbitrariamente arrestato uno scrittore a causa di un post pubblicato sui social network, in cui criticava la corruzione nella consegna degli aiuti alle persone sfollate internamente nel governatorato di Ta’iz. Le forze di sicurezza lo hanno trattenuto presso il dipartimento della sicurezza del distretto di Jabal Habashi per otto ore, rilasciandolo soltanto dopo averlo costretto a sottoscrivere un impegno ad astenersi dal pubblicare qualsiasi opinione sui social network.

 

DINIEGO DELL’ACCESSO UMANITARIO

Le parti in conflitto hanno continuato a limitare il movimento e la consegna degli aiuti, anche attraverso complicazioni burocratiche come negazioni o ritardi nel rilascio dei permessi di viaggio, cancellazione di iniziative umanitarie e interferenze nella fase progettuale e nell’implementazione delle attività umanitarie.
Le autorità de facto huthi hanno continuato a chiudere le principali vie di collegamento da e per la città di Ta’iz. Le chiusure hanno fortemente inibito il normale transito delle derrate alimentari, dei medicinali e altri beni essenziali da e per il governatorato di Ta’iz5.
L’anno è stato segnato da un allarmante aumento degli attacchi contro operatori umanitari e degli episodi di violenza contro il personale, i beni e le strutture delle agenzie umanitarie compiuti da tutte le parti in conflitto. Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite per lo Yemen, nella prima metà dell’anno, un operatore umanitario è stato ucciso, due feriti, sette rapiti e nove arrestati. Nello stesso periodo, c’erano stati anche 27 episodi di minacce e intimidazioni e 28 casi di auto rubate ai conducenti, che avevano portato alla temporanea sospensione degli spostamenti e della consegna degli aiuti in diversi governatorati.

 

DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

Le parti in conflitto non hanno offerto alcuna forma di giustizia per le vittime dei dilaganti abusi e violazioni degli standard internazionali sui diritti umani e del diritto umanitario durante il perdurante conflitto armato né alcun rimedio per i danni alla popolazione civile6.
Il 2 giugno, le Ong Mwatana for Human Rights, il Centro europeo per i diritti costituzionali e umani e Sherpa, con il supporto di Amnesty International, hanno presentato un esposto al Tribunale giudiziario di Parigi, contro tre società francesi dell’industria bellica: Dassault Aviation, Thales e Mbda France. Le organizzazioni sollecitavano l’apertura di un’indagine penale sulle aziende per accertare la loro possibile complicità in presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Yemen, per avere esportato armi in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti.
Il 7 ottobre, nell’adottare la sua risoluzione sullo Yemen, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite non è riuscito ancora una volta a creare un meccanismo credibile di monitoraggio e accertamento delle responsabilità imparziale e indipendente.

 

DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE

Le autorità de facto huthi hanno continuato a imporre la loro regola del mahram (tutore maschile), che impedisce alle donne di viaggiare all’interno dei governatorati controllati dagli huthi o verso altre aree dello Yemen senza essere accompagnate da un tutore maschile o senza poter esibire una certificazione che attesti per iscritto la sua approvazione. Le restrizioni sempre più rigide imposte a partire da aprile dagli huthi hanno reso ancora più complicato per le donne yemenite lavorare, specialmente quelle che dovevano spostarsi per lavoro7. Questo ha avuto conseguenze dirette sull’accesso delle donne e delle ragazze yemenite all’assistenza sanitaria e ai diritti di salute riproduttiva, poiché le operatrici umanitarie yemenite facevano sempre più fatica a svolgere le loro attività sul campo nelle aree controllate dagli huthi ed erano costrette a cancellare le loro visite sul campo e le consegne degli aiuti.
A marzo, il ministero dell’Interno del governo ha diramato una circolare per semplificare le procedure previste dalla legge interna per il rilascio del passaporto per le donne yemenite. L’iniziativa faceva seguito a una campagna promossa dalle donne, “Il mio passaporto senza tutore maschile”, che contestava la pratica tradizionale che nega alle donne il diritto di ottenere il rilascio del passaporto senza il permesso del loro mahram.
Gli huthi e le autorità di governo hanno continuato a detenere arbitrariamente le donne che avevano completato la loro condanna, quando sembravano non avere un tutore maschile che le scortasse da casa al carcere.
La autorità de facto huthi hanno proseguito la detenzione dell’attrice e modella Intisar al-Hammadi, condannata a cinque anni di carcere nel 2021 dopo essere stata accusata di avere commesso un “atto indecente”.

 

DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE

Le forze di sicurezza del Consiglio di transizione meridionale (Southern Transitional Council – Stc), gli huthi e il governo internazionalmente riconosciuto hanno continuato a prendere di mira persone con orientamento sessuale, identità o espressione di genere o caratteristiche sessuali (sexual orientation, gender identity or expression or sex characteristics – Sogiesc) non conformi con arresti arbitrari, tortura, compreso stupro e altre forme di violenza sessuale, minacce e molestie.
L’Stc e gli huthi hanno arrestato almeno cinque persone sottoponendole a detenzione a causa della non conformità al genere “femminile” o “maschile” del loro aspetto e/o del comportamento in pubblico o sui social network o sulla base del loro attivismo a favore dei diritti Lgbti. Agenti del reparto “Cintura di sicurezza” in abiti civili hanno arrestato una persona di genere non conforme per strada, l’hanno portata in una struttura ufficiale e interrogata dopo averla accusata di sodomia e di essere un agente per conto dei nemici della “Cintura di sicurezza”. L’hanno quindi trasferita in un’altra struttura ufficiale dove un membro del reparto “Cintura di sicurezza” l’ha picchiata e stuprata. Un uomo queer è stato arrestato per strada dalle forze di sicurezza huthi per essere, secondo la loro definizione, un “deviato sessuale”. Le forze di sicurezza huthi lo hanno trattenuto per diverse ore all’interno di un veicolo militare e lo hanno rilasciato soltanto a condizione che accettasse di collaborare con loro nella sorveglianza di persone con Sogiesc non conformi. Gli hanno ordinato di adescare uomini in incontri sessuali e di fornire informazioni su di loro alle autorità huthi. Dopo essere stato rilasciato si è tuttavia rifiutato di farlo. In risposta, le forze di sicurezza huthi hanno contattato lui e i suoi conoscenti, lo hanno minacciato e gli hanno detto che era ricercato per essere arrestato.

 

DEGRADO AMBIENTALE

Le parti in conflitto non hanno saputo ancora una volta adottare misure in grado di proteggere l’ambiente. La grave mancanza di carburante ha reso la popolazione yemenita sempre più dipendente dalla legna da ardere. Questa strategia energetica ambientalmente dannosa ha contribuito alla deforestazione e alla perdita di biodiversità del paese.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, la qualità dell’aria non era conforme alle linee guida dell’Oms sui livelli di inquinanti atmosferici che hanno un impatto negativo sulla salute.
La cattiva gestione dell’infrastruttura petrolifera nel governatorato di Shabwa ha continuato a causare inquinamento nel distretto di al-Rawda. Ad aprile, secondo l’organizzazione ambientalista locale Holm Akhdar, i danni causati a un tratto dell’oleodotto hanno provocato un esteso inquinamento dei terreni agricoli e delle falde acquifere nelle aree di Wadi Ghourayr e Ghail al Saidi.
A luglio, una petroliera fatiscente ha causato fuoriuscite di greggio nel porto di Aden, nel sud dello Yemen, aggravando ulteriormente l’inquinamento delle aree costiere e marine.
A settembre, una campagna di raccolta fondi delle Nazioni Unite è riuscita a raccogliere i 75 milioni di dollari Usa necessari per la prima fase dell’operazione di emergenza per mettere in sicurezza l’Fso Safer, una petroliera fatiscente ormeggiata al largo della città portuale yemenita di Hodeidah, sul mar Rosso. Il rischio che la petroliera sversasse il suo carico di 1,14 milioni di barili di greggio era sempre più incombente, minacciando di provocare una catastrofe ambientale e umanitaria che avrebbe esacerbato la già drammatica crisi umanitaria in Yemen.

 


Note
1 Yemen: US-made weapon used in air strike that killed scores in escalation of Saudi-led coalition attacks, 26 gennaio.
2 Yemen: Huthi authorities must release four journalists sentenced to death, 20 maggio.
3 Yemen: Huthis Must End the Prosecution of Journalists and Crackdown on Media, 20 dicembre.
4 Yemen: Government must stop prosecution and harassment of journalists, 18 agosto.
5 Yemen: Houthis should urgently open Taizz roads, 29 agosto.
6 6 Yemen: Joint NGO letter: International accountability critical to achieving justice for victims and promoting lasting peace in Yemen, 6 settembre.
7 Yemen: Joint response to Yemen’s supertanker crisis: An open letter to US, UK, EU member states, and other UN donor
countries, 18 luglio.

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